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Thyssen, i due tedeschi condannati in Italia presto in carcere per almeno 30 mesi

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featured, Stupro di gruppo, 6 anni ,calciatore, Portanova

Sono sul punto di aprirsi le porte di un carcere in Germania per i due condannati tedeschi del processo Thyssenkrupp. Ad annunciarlo e’ il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo: “l’esecuzione della pena e’ imminente”, dice. Il magistrato ha tra le mani il report con cui Eurojust (l’agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria) illustra gli sviluppi del caso. Un documento dal quale si ricava che la coppia non avra’ alternative alla prigione, e che non potra’ chiedere la liberta’ vigilata prima di due anni e mezzo. Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, dirigenti della multinazionale tedesca dell’acciaio, finora sono rimasti a piede libero a differenza degli imputati italiani che nel 2016, dopo la sentenza della Cassazione, erano andati subito in cella. Lo scorso 23 gennaio l’Alta Corte di Hamm ha respinto l’ultimo ricorso dei manager, ma l’emergenza Covid, scattata anche in Germania, ha rallentato la fase successiva. Per ora l’autorita’ giudiziaria locale non ha ancora notificato l’avviso formale di avvio della procedura esecutiva. Ma tutto, se ci si basa sul resoconto di Eurojust, lascia pensare che sia questione di poco. Sono passati piu’ di dodici anni dalla notte di dicembre del 2007 in cui, nel corso di un incendio, persero la vita sette operai in servizio nello stabilimento torinese della Thyssenkrupp. Nel 2016 la giustizia italiana inflisse a Espenhahn 9 anni e 8 mesi e a Priegnitz 6 anni e 3 mesi per omicidio colposo. La giustizia tedesca ha sancito che il periodo di detenzione non potra’ superare i cinque anni, il massimo previsto dai codici in Germania per questo reato. Ma non ci saranno (almeno in un primo momento) alternative alla prigione. L’estensore del report puntualizza che l’esecuzione puo’ essere interrotta – o non iniziare nemmeno – per gravissime ragioni di salute, e non risulta che i due manager abbiano presentato istanze di questo tenore. La sospensione della pena e’ possibile soltanto quando il condannato ne abbia scontato un periodo equivalente a due terzi; per la liberta’ vigilata bisogna scontarne la meta’. “Finalmente – commenta Antonio Boccuzzi, l’unico operaio scampato alla strage – una buona notizia. Da una parte il no alla semiliberta’, dall’altra, forse, la fine di una vicenda che dura 12 anni e mezzo. E’ una ferita che oltre a non chiudersi si infetta continuamente. Vedere queste persone condannate condurre la loro vita normale, da’ un senso di ingiustizia profonda. Assurdo e’ l’aggettivo giusto per questa vicenda”. Ma Rosina Plati’, mamma di Giuseppe De Masi, una delle vittime, ancora non si fida. “Li vogliamo vedere in carcere davvero. Troppe volte ci hanno dato questa notizia e non ci sono mai entrati”. “In ogni caso – precisa – la vita dei nostri ragazzi non vale pochi anni di carcere. La giustizia che volevamo noi non e’ questa. La vera giustizia ce la dara’ Dio”.

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Milano, diciottenne ucciso a colpi di pistola nella notte

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Nella notte scorsa assurdo delitto alla periferia di Milano. Un giovane diciottenne, di origine slava, è stato brutalmente ucciso con tre colpi d’arma da fuoco al torace in via Varsavia, vicino all’ortomercato. Secondo quanto emerso da una prima ricostruzione, il ragazzo si trovava a bordo di un furgone quando è stato avvicinato da un gruppo di individui che hanno aperto il fuoco.

I dettagli dell’aggressione dipingono un quadro di violenza e paura. La vittima, evidentemente ignara del pericolo, stava riposando all’interno del mezzo insieme a una donna, forse la sua compagna. Gli assassini hanno infranto i vetri del furgone per accertarsi della presenza di persone all’interno, prima di aprire il fuoco. Il giovane è stato soccorso tempestivamente dagli operatori del 118, ma purtroppo i loro sforzi sono stati vani: è spirato poco dopo il suo arrivo all’ospedale Policlinico.

La compagna del ragazzo, fortunatamente, è sopravvissuta all’attacco, ma è stata portata in ospedale in stato di choc, testimone impotente della tragedia che si è consumata sotto i loro occhi.

Le indagini sono ora nelle mani degli agenti della Polizia di Stato, impegnati a cercare di gettare luce su questo terribile crimine. La zona intorno all’ortomercato, come riportato dalle autorità, è nota per essere frequentata da roulotte e furgoni abitati, soprattutto da comunità nomadi. Tuttavia, quanto accaduto stanotte ha scosso la comunità locale e ha sollevato interrogativi su quanto sicure siano realmente queste aree.

Mentre la città si ritrova a piangere la perdita di un giovane vita spezzata troppo presto, ci si interroga anche su quali misure possano essere prese per prevenire simili tragedie in futuro. In un momento in cui la sicurezza pubblica è al centro delle preoccupazioni di tutti, è fondamentale che le autorità agiscano con fermezza per garantire la protezione di tutti i cittadini, indipendentemente dal loro status sociale o dalle loro abitudini di vita.

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Fassino denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino, informativa in Procura

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Arriverà nelle prossime ore in Procura una prima informativa su Piero Fassino, denunciato per tentato furto di un profumo al duty free dell’aeroporto di Fiumicino. Gli investigatori della Polaria hanno raccolto tutti gli elementi – comprese le immagini registrate dalle telecamere del sistema di videosorveglianza – e le trasmetteranno all’autorità giudiziaria competente, quella di Civitavecchia, che valuterà come procedere. Fassino, in quanto parlamentare, non è stato ascoltato ma – spiegano fonti investigative – se vorrà potrà rilasciare dichiarazioni spontanee.

Già ieri il deputato del Pd – parlamentare per 7 legislature, ex ministro della Giustizia dal 2000 al 2001, poi segretario dem fino al 2007 e sindaco di Torino per cinque anni dal 2011 al 2016 – ha fornito la sua versione sostenendo di aver già chiarito con i responsabili del duty free la questione: “volevo comprare il profumo per mia moglie, ma avendo il trolley in mano e il cellulare nell’altra, non avendo ancora tre mani, ho semplicemente appoggiato la confezione di profumo nella tasca del giaccone, in attesa di andare alle casse”. In quel momento, ha aggiunto, “si è avvicinato un funzionario della vigilanza che mi ha contestato quell’atto segnalandolo ad un agente di polizia.

Certo non intendevo appropriarmi indebitamente di una boccettina di profumo”. Fassino ha anche sostenuto che si era offerto subito di pagarla e di comprarne non una ma due, proprio per dimostrare la sua buona fede, ma i responsabili hanno comunque deciso di sporgere denuncia. Al parlamentare del Pd, dopo quella espressa ieri dal deputato di Forza Italia Ugo Cappellacci, è arrivata la solidarietà del coordinatore di Fratelli d’Italia in Piemonte Fabrizio Comba. “Conosco l’uomo e il politico integerrimo, il tritacarne mediatico in cui è stato infilato è indecoroso per la sua storia personale e, quindi, anche per la storia del nostro paese. E’ un avversario politico – ha concluso Comba – ma non per questo mi permetto di dubitare della sua integrità, convinto delle sue straordinarie qualità morali”.

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Nozze d’argento boss in chiesa con le spoglie di Falcone

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Lui abito scuro, con gilet, pochette e cravatta color madreperla, lei abito bianco scollato lavorato con tessuto di pizzo e bouquet di rose rosse. La coppia d’oro delle famiglie mafiose palermitane, Tommaso Lo Presti, detto “il grosso”, per distinguerlo dall’omonimo detto “il lungo”, e la moglie Teresa Marino, ha festeggiato in grande stile, con amici e familiari l’anniversario dei 25 anni di matrimonio il 15 aprile scorso.

La coppia, lui è stato scarcerato da poco dopo anni di detenzione per mafia ed estorsioni, lei pure condannata per mafia, ha scelto per la cerimonia religiosa in cui rinnovare la promessa d’amore un luogo simbolico, la chiesa di San Domenico, che si trova in una delle piazze più belle di Palermo e che è nel cuore del mandamento mafioso di cui Lo Presti era al vertice. Nel complesso in cui è inserita la chiesa c’è anche il pantheon dei siciliani illustri, da Giuseppe Pitrè a Giacomo Serpotta, in cui sorge anche la tomba monumentale che ha accolto, dal 2015, le spoglie di Giovanni Falcone. I mafiosi quindi sono stati accolti dai frati, che gestiscono il complesso, per celebrare la benedizione delle nozze d’argento.

Padre Sergio Catalano, frate priore della chiesa, afferma di aver saputo chi fosse l’elegante coppia solo leggendo le notizie del sito d’informazione Palermotoday che ha pubblicato la notizia alcuni giorni dopo la cerimonia. “Le verifiche non spettano a noi – aggiunge – ci sono organi istituzionali che devono farlo”. Ma la coppia della cosca di Portanuova, lui è sorvegliato speciale e deve rientrare in casa entro una certa ora, poteva tranquillamente far celebrare la cerimonia in qualsiasi posto. La valutazione dell’opportunità di ospitare due mafiosi di questo calibro nel complesso dove ci sono le spoglie del magistrato ucciso dalla mafia spetterebbe a chi ha la responsabilità di quei luoghi.

Alla chiesa Lo Presti ha lasciato anche un’offerta che padre Catalano dice “servirà a fare del bene a chi ne ha bisogno”. Dopo la cerimonia a san Domenico la coppia ha festeggiato, nei limiti temporali concessi al sorvegliato speciale, in una villetta allietata anche dalle canzoni di due noti neomelodici. Dopo l’arresto di Lo Presti, 48 anni, nell’operazione Iago nel 2014, gli investigatori scoprirono il ruolo della moglie che il giudice che l’ha condannata descrive così: “Teresa Marino durante il periodo della sua detenzione domiciliare (in concomitanza con quella carceraria del marito), riceveva presso la sua abitazione tutti gli esponenti di spicco del mandamento mafioso di Porta Nuova e impartiva loro indicazioni e direttive proprie e del marito, condividendone le strategie criminali. I sodali mafiosi dell’organizzazione, inoltre, si rivolgevano alla donna anche per dirimere questioni e tensioni interne al sodalizio”.

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