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Theresa May si gioca tutto: o la mia Brexit o le elezioni

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La settimana più lunga di Theresa May potrebbe essere anche la più corta. Due giorni in tutto, prima di giocarsi martedì 11, in una sola mano, il destino del governo – e forse quello della Brexit – nella ratifica dell’accordo di divorzio dall’Ue atteso al voto della Camera dei Comuni sotto i peggiori auspici per la premier Tory britannica. Un appuntamento da ‘rien ne va plus’ che l’inquilina di Downing Street non intende – e probabilmente non puo’ ormai – posticipare. Ma al quale, contro tutte le previsioni, insiste a non accettare di presentarsi quale vittima sacrificale designata.

La prima donna inglese. Theresa May si gioca tutto questa settimana

Le sue ultime carte per provare (c’e’ chi dice disperatamente) a rimettere in riga i molti oppositori di Westminster, soprattutto il variegato quanto bellicoso fronte dei ribelli di casa sua, si esauriscono in un aut aut affidato alle colonne del popolare Mail on Sunday: o il mio accordo o la prospettiva di elezioni anticipate, con il possibile arrivo a Downing Street del leader laburista Jeremy Corbyn e “niente Brexit”, avverte la signora primo ministro dopo aver tentato invano di far valere per settimane le armi della persuasione, dell’appello “all’interesse nazionale” o del richiamo minaccioso alla disciplina di partito e di coalizione. Di fatto si tratta dell’ultimo avviso ai Conservatori piu’ indocili – oltre che ai furiosi alleati della destra unionista nordirlandese del Dup – a non farsi facili illusioni. A non pensare che l’affondamento del compromesso faticosamente chiuso con Bruxelles possa spianare una strada men che accidentata verso un’intesa migliore (piu’ hard o piu’ soft, a seconda delle preferenze) o magari verso quella rivincita referendaria a cui settori trasversali del parlamento guardano in queste ore con rianimata fiducia. Spinti anche da un ultimo sondaggio Bmg che da’ ora i Remain al 52% nel Paese (non senza suscitare le cautele di chi ricorda pronostici di segno pressoche’ identico sparpagliati alla vigilia della vittoria della Brexit nel 2016).

La premier ammonisce intanto sul Mail che una bocciatura del suo testo sarebbe foriera di “gravi incertezze” e porterebbe il Regno Unito “in acque inesplorate”. Non senza evocare apertamente lo sbocco potenziale d’uno scioglimento dei Comuni, d’una vittoria di Corbyn e – alla fine della fiera – di una “no Brexit” divisiva per l’isola. Epilogo paventato come un “tradimento” proprio oggi a Londra da migliaia di manifestanti portati in piazza dall’emergente tribuno dell’ultradestra Tommy Robinson (volto nuovo d’un Ukip radicalizzato con cui pure Nigel Farage ha rotto i ponti); rimbeccati al grido “no al razzismo” dal contro-raduno della sinistra laburista di Momentum. E tuttavia un epilogo che non sembra fermare i venti del dissenso anti-May a Westminster fra i banchi d’una maggioranza a pezzi. Come confermano tanto le parole di Boris Johnson, che a nome dei falchi euroscettici ribadisce alla Bbc di considerare non votabile la proposta May, salvo l’inverosimile eliminazione del backstop imposto da Bruxelles sul confine Irlanda-Irlanda del Nord. Quanto quelle di colombe ‘pro-Remain’ come la brexiteer pentita Sarah Wollaston, che rinvia a dopo l’eventuale mancata ratifica la presentazione in aula d’una mozione in favore del referendum bis: opzione non piu’ esclusa come extrema ratio nemmeno da qualche ministro pronto a svincolarsi dalla premier, a credere al Guardian. E che Wollaston auspica possa avere a quel punto il sostegno ufficiale del Labour e di tutte le forze d’opposizione, accanto a un numero sufficiente di suoi colleghi deputati Tory tentati dal ‘ribaltone’.

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Musk deride Zelensky, ‘non chiedi aiuti da 5 minuti’

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Incontenibile Elon Musk. Non pago di aver rivoluzionato finora il settore delle auto elettriche, aperto la strada ai chip nel cervello e inventato il turismo spaziale, l’uomo più ricco del mondo ha deciso di scendere sulla terra per occuparsi, a modo suo, delle principali questioni d’attualità: dall’Ucraina alla crisi dei migranti negli Usa e in Europa fino al sempre verde tema del vaccino contro il Covid. L’ultimo affondo, sul social media acquistato per 44 miliardi di dollari, ha preso di mira il presidente ucraino Volodymyr Zelensky subito dopo il passaggio al Congresso americano di una legge di bilancio provvisoria che prevede un taglio ai fondi a Kiev. “Quando sono passati cinque minuti e non hai chiesto aiuti per l’Ucraina”, ha scritto Musk ripostando su X una versione del famoso meme del ‘viso in tensione’ (‘strained face meme’) con il volto del leader ucraino al posto di quello dello studente protagonista della foto originale che risale a dieci anni fa.

Immediata la reazione irritata dell’Ucraina che, usando la stessa immagine ma con la faccia del miliardario, ha ribattuto sull’account del parlamento: “Quando sono passati cinque minuti e non hai diffuso propaganda russa”. In quasi due anni l’atteggiamento del patron di Tesla sulla guerra lanciata da Mosca è stato piuttosto ambiguo. Da una parte il controverso imprenditore, forse anche su pressione del Pentagono, ha subito messo a disposizione di Kiev i suoi satelliti Starlink per facilitare le comunicazioni militari e civili degli ucraini. Dall’altra alcune sue dichiarazioni sul conflitto (“tanti morti per nulla”) e il sospetto che l’anno scorso abbia ordinato di spegnere gli stessi satelliti per evitare un attacco contro la flotta russa hanno suscitato dubbi e preoccupazione in Occidente.

Per non parlare dei suoi rapporti sospetti con Vladimir Putin e le continue incursioni in Cina, accompagnate da frequenti sortite anti-Taiwan. L’attacco contro Kiev arriva peraltro alla fine di una settimana abbastanza dinamica per il Musk opinionista che, in pochi giorni, è passato da una visita a sorpresa al confine tra Messico e Texas ad una polemica contro la Germania sulla gestione della crisi dei migranti. Su X è diventato virale il suo video a Eagle Pass, una delle città di transito dei flussi migratori, con il cappello da cowboy e gli occhiali a specchio mentre dispensa consigli su come risolvere una delle più grandi piaghe degli Stati Uniti. Stessi suggerimenti, non richiesti, che ha dato al governo di Berlino, accusato dal miliardario di lavarsi le mani dal problema a scapito dell’Italia.

E per non farsi mancare nulla, è entrato a gamba tesa anche sul vaccino contro il Covid, nei giorni in cui l’amministrazione di Joe Biden ha rilanciato la campagna per invitare gli americani a sottoporsi alla nuove versione. “Immagina un vaccino così sicuro che ti devono minacciare per fartelo. E immagina un virus così mortale che devi fare il test per scoprire di averlo”, ha scritto su X il miliardario che nell’aprile del 2021 assicurava di “essere favorevole a tutti i vaccini e a quello contro il Covid in particolare. I dati scientifici sono inequivocabili”. Una delle tante giravolte che fanno pensare che Musk sia sempre più vicino alle teorie cospirazioniste dell’estrema destra.

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‘Usa preoccupati da corruzione in Ucraina, può minare la fiducia’

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 L’amministrazione Biden è molto più preoccupata della corruzione in Ucraina di quanto nom ammetta in pubblico. E’ quanto emerge da un documento riservato sulla strategia americana per Kiev che delinea – riporta Politico – le numerose iniziative di Washington per sradicare la corruzione in Ucraina. “La percezione di un elevato livello di corruzione” potrebbe “mettere in pericolo la fiducia del pubblico e dei leader stranieri nel governo in tempo di guerra”, afferma il documento, che include dettagli sugli obiettivi americani in Ucraina, dalla privatizzazione delle banche all’insegnamento dell’inglese a scuola e all’incoraggiare le forze armate di ad adottare i protocolli della Nato.

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‘Mosca ha concentrato oltre 10.000 soldati a Bakhmut’

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Ancora Bakhmut. Nel precario equilibrio della linea del fronte est in Ucraina, l’insediamento del Donetsk ormai ridotto a un cumulo di macerie resta una preoccupazione per Kiev: secondo il Gruppo orientale delle Forze armate ucraine, la Russia infatti non ha alcuna intenzione di perdere la città e vi ha concentrato più di 10.000 militari effettivi, con reggimenti di carri armati, gruppi motorizzati e aviotrasportati. “Ci sono pesanti battaglie”, ha affermato il portavoce del gruppo Ilya Yevlash, secondo cui l’assalto a Bakhmut sarebbe un prezzo molto alto da pagare e l’Ucraina non può permettersi di perdere così tante persone. Quindi, fino a quando l’operazione non sarà perfettamente pianificata e non saranno sgomberati tutti i campi minati, i soldati ucraini non saranno mandati avanti.

Kiev preferisce spingere a sud nella controffensiva mentre prova a tenere sul fianco orientale, con la guerra che si avvicina a grandi passi verso il triste traguardo dei 600 giorni di ostilità. E che la Russia è pronta a combattere per anni, secondo l’analisi dell’intelligence britannica. A suggerire le conclusioni degli 007 di Londra è la decisione di Mosca di aumentare del 70% il budget alla difesa per il 2024, portandolo a circa il 6% del Pil anche a discapito degli altri settori. Una decisione preoccupante per il governo ucraino di Volodymyr Zelensky, ancor più perché tra gli alleati occidentali sembra che il vento stia cambiando e che le certezze sul sostegno militare occidentale a Kiev non sia più solido come un anno fa. Una buona notizia per Kiev sembrava arrivare invece dal Regno Unito, con il ministro della Difesa Grant Shapps aperto alla possibilità di schierare addestratori britannici in Ucraina. In un’intervista al Telegraph, il funzionario ha detto di averne già parlato con il capo di stato maggiore Patrick Sanders. Ma Rishi Sunak ha frenato subito: “Credo che ci siano state notizie errate al riguardo”, ha specificato il primo ministro britannico, sottolineando che quanto detto da Shapps riguarda “il lungo termine, non il presente”.

Finora infatti nessuno dei Paesi Nato ha attuato misure del genere, preferendo addestrare i militari di Kiev fuori dall’Ucraina per ridurre al minimo i rischi per i soldati occidentali, la cui eventuale morte potrebbe diventare motivo di escalation. Da Mosca intanto è giunto il commento tagliente di Dmitry Medvedev: se andranno in Ucraina, i britannici “saranno spietatamente distrutti”, sono state le parole del superfalco di Putin. Tra le incognite e i dubbi sul futuro della guerra, l’unica certezza è che milioni di ucraini si preparano ad affrontare un altro difficile inverno di attacchi alle infrastrutture critiche, che porteranno blackout e freddo in tutto il Paese. Nell’ultima giornata, gli attacchi russi sono continuati su Kherson, Kharkiv, Zaporizhzhia e in altre regioni del Paese. Le autorità ucraine hanno denunciato che un massiccio raid con droni è stato lanciato nella notte sulla regione di Cherkasy, in Ucraina centrale, e sono state colpite strutture dove viene immagazzinato il grano: le esplosioni hanno provocato incendi di vaste proporzioni. Dall’altra parte del confine, il media indipendente bielorusso Netxa ha riferito invece che un drone avrebbe colpito una fabbrica di aerei nella regione russa di Smolensk, senza tuttavia trovare conferme dalle autorità russe o quelle ucraine. Secondo una fonte dell’intelligence di Kiev citata dall’Ukrainska Pravda, un drone ucraino avrebbe colpito anche una base per elicotteri a Sochi.

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