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Esteri

Liz Truss, al 10 di Downing Street sognando la Thatcher

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Un’imitazione di Margaret Thatcher: grottesca quanto improbabile per i detrattori; degna di alimentare qualche speranza per quella base militante del Partito Conservatore britannico (200.000 iscritti in tutto) che in maggioranza l’ha scelta per esclusione o per convinzione come erede di Boris Johnson a Downing Street. Mary Elizabeth Truss, 47 anni, detta Liz, ministra degli Esteri da 12 mesi, sara’ da domani la terza premier donna del Regno Unito (Tory come le altre) dopo l’epopea della Lady di Ferro e la trascurabile parentesi di Theresa May. Il richiamo al modello Thatcher e’ stato la costante della campagna d’immagine che ha dato impulso alla non proprio irresistibile ascesa della nuova premier di Sua Maesta’, attesa adesso dalla prova del miracolo di cercare di unificare e rilanciare un partito e un Paese in crisi – fra scandali, emergenza energetica, inflazione, scioperi, pulsioni secessioniste, contraccolpi post Covid e post Brexit – pur in assenza di tracce visibili da leader carismatica. Un richiamo fatto per il momento soprattutto di outfit e pose fotocopia: come nel tailleur con fiocco anni ’70 riesumato dal guardaroba della defunta per il primo dibattito tv della sfida con gli altri candidati al dopo Boris. Sfida che Liz alla fine – dopo una partenza lenta e malgrado non poche gaffe – ha comunque alla fine vinto nettamente, sbandierando a parole atteggiamenti ancor piu’ bellicosi di Johnson in politica estera (in particolare contro l’invasione russa dell’Ucraina) e promesse economiche di deregulation e tagli fiscali ancor piu’ radicali. Il suo appare d’altronde il coronamento di un percorso costruito sulla tenacia e l’ambizione piu’ che su una predestinazione riconosciuta o una qualsiasi capacita’ di trascinare le platee. Non senza una contestata tendenza al trasformismo che negli anni l’ha portata ad ‘aggiornarsi’ dalla giovanile militanza progressista all’adesione alla causa conservatrice; da un orientamento pro Remain alla conversione ai toni piu’ hard verso l’Ue; da una vicinanza alle correnti Tory moderate sino alla svolta verso slogan da destra ultraliberista. Nata a Oxford nel 1975 in una famiglia modesta di simpatie laburiste, Truss compare per la prima volta in qualche foto d’archivio fra le braccia della madre: infermiera e militante pacifista che la porta con se’ a manifestazioni di piazza in favore del disarmo nucleare e contro il thatcherismo. Da studentessa trascorre un anno in Canada, poi viene ammessa alla facolta’ di Scienze Politiche ed Economiche del prestigioso ateneo oxfordiano (fermandosi tuttavia alla laurea triennale) e inizia a lavorare nel privato. Nel frattempo si da’ alla militanza politica attiva nella minoranza repubblicana del partito liberaldemocratico britannico, europeista e di centro-sinistra, facendosi notare come delegata giovanile a una conferenza nazionale in cui pronuncia un discorso (rapidamente rinnegato) favorevole all’abolizione della monarchia. E’ un fuoco di paglia. Presto si trasferisce sotto le insegne tradizionaliste dei conservatori e a neppure 35 anni, nel 2010, riesce a farsi eleggere deputata in un collegio blindato del Norfolk. Nel giro di due anni diventa sottosegretaria all’Istruzione nella compagine di coalizione guidata da David Cameron. E’ l’antipasto di una carriera proseguita senza interruzioni per un decennio fra i banchi dell’esecutivo: anche a dispetto dello scandalo personale innescato da una relazione di pubblico dominio col suo mentore e collega deputato Mark Field; con conseguente separazione fra il 2014 e il 2015 dal riservatissimo marito commercialista, Hugh O’Leary, pentimento e ritorno ufficiale sotto il tetto coniugale di un’unione (2 figlie) da allora invisibile ai media. Promossa ministra dell’Agricoltura (nei cui panni si esibisce in uno sconclusionato discorso di sostegno patriottico ai formaggi britannici), Truss resta leale a Cameron nel 2016 sposando la causa perdente del no alla Brexit al referendum. Con la May passa alla Giustizia, per retrocedere poi a uno scranno da vice, seppur di peso, al Tesoro. Salvo ritrovarsi titolare del Commercio Internazionale – da brexiteer convertita – dopo la svolta a Downing Street del 2019, con quel Boris Johnson che nel settembre 2021 le da’ la spinta decisiva: assegnandole per la prima volta un dicastero top, gli Esteri, in barba allo scarso talento diplomatico e oratorio. Poco importa. Per Liz – abile nel non rinnegare fino in fondo la fedelta’ a BoJo, ma anche a prepararsi scientificamente alla successione col sostegno degli stessi pretoriani piu’ irriducibili del premier uscente nel momento della crisi – e’ il trampolino finale verso Number 10.

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Incidente stradale in Egitto, ci sono 9 italiani tra i 46 feriti

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Nove cittadini italiani risultano tra le 46 persone rimaste ferite in un incidente d’autobus avvenuto su un’autostrada tra le città di Suez e del Cairo, in Egitto. Lo riportano i media locali. Il quotidiano Al-Ahram afferma che gli altri feriti sarebbero 21 cittadini russi, 11 turchi, tre egiziani e due britannici. Sono stati trasportati negli ospedali di Suez.

Il mezzo si sarebbe ribaltato per cause ancora da accertare. Trasportava 43 turisti e tre lavoratori locali. L’ospedale principale di Suez ha dichiarato lo stato d’emergenza e ha convocato tutto il personale medico a disposizione, secondo le autorità locali. Non risulterebbero comunque feriti in gravi condizioni. La situazione viene seguita dal ministro della Salute egiziano Khaled Abdel-Ghaffar, viene specificato.

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Hezbollah attacca in Galilea, Sinwar ringrazia Nasrallah

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Il centro del conflitto mediorientale, mentre a Gaza continua un’emergenza umanitaria senza precedenti, si sposta verso nord, con Israele che allarga sempre più il fronte verso Cisgiordania, Libano e Siria, e gli Hezbollah libanesi sono sempre più coinvolti nello scontro. L’aeronautica militare israeliana ha colpito oggi in modo massiccio vari obiettivi attribuiti agli Hezbollah in Libano (con almeno un morto e 7 feriti, tra cui 4 bambini secondo Beirut) e altri nel sud della Siria dove, secondo il New York Times, domenica scorsa Israele avrebbe usato anche forze speciali per distruggere un impianto per la produzione di missili di Hezbollah vicino al confine libanese, facendo vittime.

Venerdì mattina, in risposta all’attacco israeliano di ieri su Kfar Joz, nel sud del Libano e nel quale sono stati uccisi due combattenti di Hezbollah e un bambino, il movimento filoiraniano ha attaccato una base israeliana in Galilea. In una nota ha affermato di aver lanciato uno “sciame di droni” sulla base Filon a sud-est di Safed, che a loro dire ospita “il quartier generale della 210/a divisione” dell’esercito israeliano. Sostenendo peraltro di aver “causato vittime”, circostanza negata da Israele. Il capo di Hamas, Yahya Sinwar, ricercato numero uno di Israele, avrebbe inviato nei giorni scorsi al leader degli Hezbollah, Hassan Nasrallah, una lettera di ringraziamento e di apprezzamento per il sostegno dato dall’organizzazione filoiraniana libanese dall’inizio della guerra contro Israele.

“La beata processione dei martiri – si legge nella missiva secondo i media israeliani, che citano l’emittente libanese filo-Hezbollah al-Mayadeen – crescerà in forza e in potenza nella lotta contro l’occupazione nazi-sionista”, avrebbe scritto il leader di Hamas, e s’impegna a combattere il “progetto sionista” insieme al resto del cosiddetto asse della resistenza anti-Israele “fino a quando l’occupazione non sarà sconfitta e spazzata via dalla nostra terra e il nostro Stato indipendente con piena sovranità non sarà stabilito con Gerusalemme come capitale”. Non si placano intanto gli attacchi israeliani in Cisgiordania, dove un cecchino avrebbe colpito un membro dello staff dell’Urwa, l’Agenzia dell’Onu per i rifugiati palestinesi da tempo nel mirino di Israele che accusa la presenza tra le sue fila di affiliati di Hamas.

La Cisgiordania – ha denunciato l’agenzia, che intanto ha completato con grande fatica la prima fase di un programma antipolio tra i bambini di Gaza – “sta vivendo livelli di violenza senza precedenti, mettendo a rischio le comunità”. A Gaza, secondo l’agenzia palestinese Wafa, oggi sono morti almeno 6 civili in raid israeliani su Rafah e Nuseirat. Mentre a Istanbul è arrivata la salma dell’attivista turca-americana uccisa durante una protesta in Cisgiordania e domani si terranno i funerali.

A Tel Aviv intanto i parenti degli ostaggi continuano a reclamare un cessate il fuoco e la restituzione dei loro cari, mentre anche la Cina, con il ministro della Difesa Dong Jun, ha affermato che “i colloqui di pace e la soluzione politica sono l’unica soluzione” in Palestina come in Ucraina. Il premier spagnolo Pedro Sanchez ha invece riunito alla Moncloa i ministri del Gruppo di contatto arabo-islamico per Gaza alla quale ha partecipato anche l’Alto rappresentante per la politica estera della Ue uscente, Josep Borrell. “La comunità internazionale deve fare un passo decisivo verso una pace giusta e duratura in Medio Oriente”, ha detto Sanchez, basata sulla soluzione a due Stati. Il Cile infine si è associato all’iniziativa promossa dal Sud Africa contro Israele presso la Corte Internazionale di Giustizia per presunto genocidio.

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Usa, uccisi quattro leader dell’Isis in Iraq

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Gli Stati Uniti hanno ucciso quattro leader dell’Isis in Iraq alla fine di agosto. Lo afferma il Centcom. “Restiamo impegnati a una sconfitta duratura dell’Isis, che continua a minacciare gli Stati Uniti, i nostri alleati e partner e la stabilità regionale”, ha detto il generale Michael Erik Kurilla, capo del Centcom.

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