Il limite dei due mandati per i presidenti di Regione inceppa le dinamiche interne al centrodestra come al centrosinistra, specialmente al Pd. L’ultimo a tornare sul tema è stato il governatore dell’Emilia Romagna e presidente del Pd Stefano Bonaccini che, in un’intervista a La Stampa, ha ribadito la sua opinione, definendo “un’anomalia” il divieto a una terza candidatura. La posizione di Bonaccini è un’indiretta – e non cercata – sponda al governatore campano Vincenzo De Luca che, proprio su questo argomento, ha in corso un duro braccio di ferro con Elly Schlein.
La segretaria Pd ha infatti sempre frenato, tagliando corto: “Il terzo mandato non è previsto dalla legge”. Una posizione che però la mette in frizione anche con un altro governatore forte, Michele Emiliano in Puglia, che non nasconde di aver fatto qualche pensiero al terzo mandato: “Se ci sarà bisogno di me sarò molto felice di essere ancora utile”. Per trovare una composizione, il tempo non è tanto. Il voto nelle tre Regioni ci sarà nel 2025 e poi, in assenza di un terzo mandato, Emiliano e Bonaccini potrebbero essere candidati alle europee di quest’anno.
Per il centrodestra, il dibattito attraversa tutta la coalizione, mettendo le forze l’una contro l’altra. La Lega spinge per il terzo mandato, mentre il leader di Forza Italia Antonio Tajani si è detto contrario, sollevando l’ira del governatore del Veneto, Luca Zaia, il primo a mettere sul tavolo la questione. E infatti ha definito “anacronistica” la posizione di Tajani. Da FdI non ci sono state prese di posizione nette, ma nel partito di Giorgia Meloni non mancano le perplessità. Anche per una questione di equilibri che il costituzionalista Stefano Ceccanti, ex parlamentare Pd, ha tratteggiato così: “Meloni è contraria perché” il terzo mandato “congelerebbe di fatto diversi presidenti di Regione di centrodestra, ma che non sono di FdI: Zaia in Veneto e Giovanni Toti in Liguria, ma anche Massimiliano Fedriga in Friuli Venezia Giulia e Attilio Fontana in Lombardia”.
Insomma, col terzo mandato il primo partito di centrodestra si vedrebbe preclusa la possibilità di rimodellare gli equilibri fra le Regioni, di eleggere dei propri esponenti come governatori in Veneto e Liguria, che vanno al voto nel 2025, e in Lombardia e Friuli, alle urne nel 2028. Al momento, comunque, si tratta di una discussione più che altro politica, di rapporti di forza interni. Perché con le norme in vigore “se un presidente di Regione si candida per il terzo mandato lo fa a suo rischio e pericolo – ha chiarito il costituzionalista Ceccanti – visto che un’eventuale candidatura può essere impugnata davanti a un giudice che potrebbe inviarla alla Corte Costituzionale”. Questo perché “nel 2004 – ha ricordato Ceccanti – una legge nazionale ha previsto che per i presidenti di Regione vale il limite dei due mandati consecutivi”.
Chi invoca il terzo, lo fa sulla base di una particolare interpretazione del rapporto fra norme regionali e norme nazionali. “Per garantire la possibilità di un terzo mandato senza dubbi di legittimità – spiega Ceccanti – servirebbe una nuova legge nazionale. Ma le condizioni politiche attuali non lo permettono”. A meno che – conclude – non faccia da apripista la proposta di legge “per permettere il terzo mandato per i sindaci dei comuni fra 5 mila e15mila abitanti. Per il momento però, è tutto in stand-by”.