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Tensioni Roma-Bruxelles, riparte il pressing sul Mes

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Approvare il Mes. Chiudere un capitolo aperto da troppo tempo. Solo poi si potrà anche guardare alle modifiche. Mentre l’Italia alza il livello dello scontro con la Ue, puntando il dito contro l’inerzia del “suo” commissario Paolo Gentiloni e contro le lungaggini sul dossier Ita-Lufthansa, Bruxelles rilancia ricordando le inadempienze di Roma. Unica rimasta a non aver ratificato la riforma del regolamento del Meccanismo europeo di stabilità. Che senza l’ok italiano rimane incompiuta e lascia le banche senza “backstop” in caso di choc.

La questione del Mes, che la maggioranza ha messo in stand by alla Camera almeno fino a fine ottobre, torna inevitabilmente sul tavolo alla vigilia di un Eurogruppo informale in cui Giancarlo Giorgetti sarà chiamato a dare ai colleghi un “aggiornamento sullo stato di avanzamento della ratifica”, ha spiegato un alto funzionario europeo. “Siamo molto consapevoli della sensibilità del tema in Italia e ovviamente rispettiamo pienamente il processo parlamentare, ma auspichiamo una conclusione positiva del processo quanto prima”, fa sapere. E questa volta, incalzano le opposizioni, il ministro dell’Economia non potrà certo “dare la colpa al Parlamento”, visto che è stata la maggioranza, di fronte alla proposta di legge di ratifica firmata Pd e Iv, a votare una sospensione di 4 mesi (fino a fine ottobre). Ma,filtra dai partiti che sostengono il governo, non ci sarebbe alcuna intenzione di accelerare. Anzi. Le condizioni non sono cambiate, e così anche la posizione della premier Giorgia Meloni:

“Non ho cambiato idea, ma discuterne ora non è nell’interesse nazionale”. E l’idea è che lo strumento così com’è sia “un totem” inutile perché non lo utilizzerebbe nessuno. E andrebbe quindi radicalmente rivisto. Il direttore del Mes, Pierre Gramegna, a Santiago, ha spiegato l’alto funzionario Ue, farà anche un punto sulle consultazioni in corso con i Paesi aderenti, circa il futuro del meccanismo. Ma “il dibattito sulle modifiche potrà partire solo quando la ratifica sarà completata”. Una logica opposta a quella “a pacchetto” perseguita sin qui dal governo italiano, che mette sullo stesso piano il Mes e la riforma della governance economica Ue. La riscrittura del Patto di Stabilità, è il timore di Roma, rischia di penalizzare alla fine l’Italia. E finché il negoziato va avanti serrato ma non fa passi avanti, anche il Mes – il ragionamento che si fa in maggioranza – resterà congelato.

E’ proprio il nervosismo sul Patto (e sul Pnrr), dicono dalle opposizioni, ad avere spinto il governo, dai vicepremier alla stessa Giorgia Meloni, ad alzare i toni contro Paolo Gentiloni che presentando le stime – e difendendo l’andamento dell’economia italiana- si è chiamato fuori “dalle polemiche”. Sottolineando però che sono proprio queste a “danneggiare l’Italia”. “Ci tengo al mio Paese, per questo non le alimenterò”, le poche parole dedicate dal commissario agli Affari economici alla querelle che lo vede nel mirino da diversi giorni. Non sarebbero andate giù nella maggioranza, raccontano, le comparsate alle feste dell’Unità e gli interventi poco lusinghieri nei confronti del governo. Proprio mentre la Commissione si mostra particolarmente “occhiuta” su tutte le questioni che riguardano l’Italia, sia Ita sia il Pnrr, su cui da mesi si registrano, a detta italiana, particolari rigidità negli uffici di Bruxelles. “Un caso drammatico molto pericoloso di non alfabetizzazione europea”, il commento della ex commissaria Emma Bonino, che ricorda come non spetti ai commissari fare in sostanza gli ambasciatori del proprio paese e che anzi, tutti gli Stati rispettano “l’indipendenza” dei membri della commissione.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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