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Politica

Taglio parlamentari agita partiti, si vota al Senato

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Prossima fermata: aula del Senato a luglio. Servira’ la maggioranza assoluta. Ecco perche’ sulla riforma costituzionale per tagliare 345 parlamentari i partiti tornano ad agitarsi. Dietro la proposta, cavallo di battaglia del Movimento 5 stelle, serpeggiano infatti sospetti e veleni. Il rischio, dicono apertamente i Cinque stelle, e’ che ci sia chi spinge per mettere fine all’alleanza giallo-verde, trascinandosi dietro anche l’abbozzo di riforma costituzionale. I dirigenti M5s non lo dicono, ma temono che sia la stessa Lega a “sabotare” la riforma. Percio’ il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro lancia un avvertimento “urbi et orbi”: “Se qualcuno vuol far cadere il governo, e’ evidente che non vuole il taglio dei parlamentari. Mi auguro non sia cosi'”.

“Voglio vedere la Lega votare il taglio…”, ha detto sabato in tono di sfida, da Catania, Alessandro Di Battista. Il provvedimento, ora in commissione Affari costituzionali del Senato, riduce i deputati da 630 a 400 e i senatori da 315 a 200. Quasi un dimezzamento. Il testo e’ stato approvato in prima lettura sia a Palazzo Madama che a Montecitorio: ora non e’ piu’ modificabile, ma per diventare legge serve una seconda lettura conforme a maggioranza assoluta. Poi potrebbe esserci un referendum confermativo. Ma poiche’ con un taglio cosi’ netto alla prossima legislatura non ci sarebbe di sicuro posto per tutti i parlamentari attuali, il via libera alla riforma costituzionale viene gia’ considerato un modo per blindare la legislatura: nessuno – e’ la tesi – avrebbe piu’ interesse a far cadere il governo. Ecco perche’ chi vuole affossare la riforma – e magari anche l’esecutivo gialloverde – deve agire subito, evitando che a meta’ luglio, quando il testo dovrebbe essere in Aula al Senato, ci sia la maggioranza assoluta.

A garantire i voti, oltre a M5s e Lega, dovrebbero esserci i voti di Forza Italia e Fdi. Ma i pentastellati temono cambi di linea e defezioni e perciò fin d’ora alzano la guardia. A prendere le distanze dalla riforma è anche Paola Nugnes, nel passare dal M5s al gruppo Misto.

“E’ una svolta autoritaria”, e’ il suo affondo. Senza nessuna modifica anche nei ministeri, per la senatrice “si rafforza l’esecutivo a scapito del legislativo e della rappresentanza popolare”. Ma Luigi Di Maio prova a rassicurare sulla tenuta della maggioranza: “I numeri sono ben saldi”, scrive su Facebook annunciando l’arrivo di due nuovi senatori di maggioranza: “In Giunta per le elezioni al Senato stiamo per dare l’ok all’ingresso di due nuovi senatori: il seggio del Movimento in Sicilia mai assegnatoci e il seggio della Lega in Emilia-Romagna a seguito della vittoria di un ricorso”. All’ordine del giorno della Giunta, che si riunira’ mercoledi’, rischia pero’ di prendere la scena la vicenda del seggio calabrese di Matteo Salvini, insidiato dal ricorso della forzista Fulvia Caligiuri: se vincesse, Salvini dovrebbe traslocare da eletto in un’altra Regione, forse il Lazio, a discapito di un senatore della Lega.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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