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Svanita la paura, l’orgoglio della Londra italiana

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Gioia indescrivibile, orgoglio e un po’ di paura per le immagini di drappelli di hooligan in azione e i colpi di testa temuti dai tifosi inglesi piu’ esagitati (o meno sobri): reazioni che pero’, nelle testimonianze in presa diretta raccolte, sono state vissute dai piu’ come qualcosa rimasto in fin dei conti sotto il livello guardia, salvo qualche caso di lanci di lattine e tafferugli a distanza. Gli italiani di Londra raccontano le mille emozioni vissute nella notte magica di Wembley, una notte in cui si sono ritrovati a festeggiare lo storico trionfo europeo della nazionale di Roberto Mancini contro l’Inghilterra padrona di casa nella loro citta’ d’adozione: tinta alla fine da non poche pennellate d’azzurro, mentre persino l’arco dello stadio rinomato come tempio calcistico mondiale s’illuminava col tricolore. Ma e’ tutta la metropoli, dove vivono centinaia di migliaia di connazionali espatriati, ad essere stata teatro di festeggiamenti di questa citta’ nella citta’. Nei locali e nelle strade, persino con qualche auto capace d’improvvisare piccoli cortei, sciarpe e bandiere al vento, con cori protrattisi sotto la pioggia fino a notte fonda e addirittura qualche temerario sfotto’ rivolto agli inglesi. “Ero proprio nella curva italiana – racconta Giammarco, originario di Locorotondo, in provincia di Bari – gli azzurri ci hanno portato la coppa. Abbiamo festeggiato cantando l’Inno di Mameli e gridando a squarciagola ‘siamo i Campioni d’Europa’ “. Po, ancora emozionato, aggiunge: “E’ stato bello che il mister Mancini in conferenza stampa abbia ringraziato tutti gli italiani all’estero che erano a Wembley a sostenere la squadra”. Lui del resto, con altri amici tifosi, non e’ stato testimone diretto di eccessi da parte degli inglesi, che non nasconde anzi d’aver addirittura provocato in modo “scherzoso”. “Gli sberleffi non sono mancati, con frasi come ‘Fish and chips la-la-la-la’, ‘Avete solo la pioggia’, ‘Non vincete mai’ “, confessa, sottolineando di essersi peraltro sentito tutto sommato al sicuro. Altri, come Pietro, sardo di Alghero, hanno avuto un’impressione meno idilliaca, soprattutto nei dintorni di Wembley, prima della partita, quando alcuni tifosi inglesi hanno forzato gli ingressi dello stadio pur non avendo il biglietto, scontrandosi con la polizia.

“In quel momento non tirava una bella aria, anche se al contrario sugli spalti c’era una bellissima atmosfera. Ho assistito a lanci di lattine fra gli stessi tifosi inglesi agli ingressi e qualcuno aveva ferite sanguinanti alla testa”, spiega ancora Pietro, che sottolinea come lui e i suoi amici, per evitare ogni possibile reazione, si fossero coperti le magliette azzurre prima di entrare allo stadio. Niente assalti diretti contro italiani pure nella sua esperienza, comunque. Come in quella di Paola Serra, che gli fa eco: “Eravamo preoccupati, ma siamo usciti da Wembley dopo la premiazione e fuori era molto tranquillo”. I tanti che non sono riusciti a conquistare un biglietto, la finale l’hanno vissuta viceversa in qualche locale o a casa, per poi andare in giro a fare un po’ di baldoria. “Nella zona di Finsbury Park si sentivano le auto passare e i colpi di clacson, soprattutto nei pressi dii ristoranti italiani e pizzerie, come Pappagone, dove sono andata a festeggiare coi miei amici”, dice Sabrina Lagana’, la quale non nega peraltro un’apprensione serpeggiante: “Il proprietario del locale a un certo punto ci ha detto di andare a casa perche’ temeva che qualcuno gli potesse spaccare i vetri”. Alla fine pero’ resta solamente il ricordo di un momento unico per tutti, come sottolinea Giulio, di Sanremo: senza spirito di rivalse – Brexit o non Brexit – ma con un moto di gratitudine diretto verso gli azzurri: “Ci hanno dato un’emozione unica, un’esperienza che ci porteremo dietro per tutta la vita. Grazie di tutto ragazzi”.

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Buongiorno ancora ko, stagione a rischio: il Napoli perde il suo leader in difesa nel momento decisivo

Alessandro Buongiorno si ferma di nuovo per una lesione all’adduttore: stagione praticamente finita. Conte alle prese con l’ennesima emergenza in difesa in vista della sfida con il Lecce.

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 Alessandro Buongiorno è costretto nuovamente ai box. Il difensore del Napoli ha riportato una lesione distrattiva del muscolo adduttore lungo della coscia destra, confermata dagli esami strumentali effettuati dopo l’uscita anticipata nella gara contro il Torino. Una ricaduta dell’infortunio che lo aveva già tenuto fermo per quasi un mese e che, con ogni probabilità, lo costringerà a saltare tutto il finale di stagione, fatta eccezione – forse – per l’ultima giornata al Maradona contro il Cagliari.

Un eccesso di generosità

Ironia della sorte, il ko è arrivato per troppa voglia di esserci, per senso di appartenenza e spirito di sacrificio. Buongiorno aveva messo nel mirino la sfida con il Torino, il suo passato, la sua casa calcistica. E ha fatto di tutto per esserci, nonostante il fastidio al nervo otturatore che lo aveva già tenuto fuori con Bologna, Empoli e Monza. Una scelta di cuore che ha avuto un epilogo amaro.

Le alternative di Conte

L’ennesima emergenza difensiva obbliga Antonio Conte a nuove scelte. Il reparto arretrato del Napoli, pur decimato, resta il meno battuto dei top 5 campionati europei, ma le opzioni iniziano a scarseggiare. Il sostituto naturale sarebbe Rafa Marin, già impiegato a Monza. Ma non è escluso che Conte possa dirottare Mathias Olivera al centro in coppia con Rrahmani, spostando Spinazzola a sinistra. Una soluzione già testata in allenamento, anche in vista di un ritorno al 4-4-2.

Di Lorenzo c’è, ma con riserva

Attenzione però anche a Giovanni Di Lorenzo. Il capitano ha accusato un colpo al fianco in uno scontro con Milinkovic-Savic domenica scorsa. Nulla di grave, almeno in apparenza, ma lo staff medico lo monitora con cautela per evitare ulteriori sorprese. L’ipotesi di una sua assenza a Lecce al momento non è concreta, ma il Napoli non può permettersi ulteriori defezioni.

Conte, l’arte di gestire le emergenze

Nel momento più difficile, il tecnico azzurro ha dimostrato di saper trasformare le difficoltà in forza. L’ultima trovata tattica, un tridente atipico lanciato all’ultimo minuto per sostituire Raspadori colpito da influenza, ha funzionato. E ora sarà di nuovo il momento dell’ingegno, delle scelte coraggiose e della compattezza del gruppo.


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Champions: Psg vince in casa dell’Arsenal, gol Dembelé e super Donnarumma protagonisti

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Espugnare l’Emirates Stadium di Londra sembrava un’impresa impossibile ma il Paris Saint Germain ci è riuscito, battendo 1-0 l’Arsenal nella semifinale d’andata di Champions League. Merito di Dembelé, andato in rete all’inizio della partita, e di un super Gigio Donnarumma autore di una serie di parate che hanno impedito ai Gunners di trovare il pareggio. Gioisce Luis Enrique che tra una settimana al Parco dei Principi partirà con un gol di vantaggio sugli inglesi nella gara di ritorno. Recrimina, invece, Mikel Arteta per le occasione non finalizzate dai propri giocatori. Partono molto bene gli ospiti che trovano il vrtanggio al 4′ con Dembelé al termine di una triangolazione in profondità con Kvaratskhelia. Anche i 25′ minuti successivi sono di marca francese che sfiorano addirittura il raddoppio con Marquinos. Al 30′ sale in cattedra l’Arsenal che inizia a macinare gioco e prova ad affondare dalle parti di Donnarumma.

Al 37′ Joao Neves salva su Merino che poteva calciare a due passi dalla porta. Al 39′ Saka semina il panico in area. Dopo 2′ minuti Trossard manca la deviazione vincete su assist di Merino. In pieno recupero Donnarumma compie un vero e proprio miracolo su Martinelli. Nella ripresa i Gunners spingono. Al 2′ Merino segna ma dopo un lungo consulto del Var la rete viene annullata. Al 11′ ci pensa ancora Donnarumma a deviare in angolo un tiro di Troussard che aveva approfittato di un errore di Marquinhos. L’Arsenal insiste ma non riesce a concludere. Il Psg gioca di rimessa: al 39′ Barcola in contropiede sulla sinistra ha l’occasione di chiudere l’incontro sul 2-0 ma sbaglia mandando di poco sulla sinistra. Dopo 1′ tocca a Gonzalo Ramos che dalla stessa posizione colpisce la traversa. I padroni di casa spingono nei minuti di recupero ma il Psg li contiene. Finisce 1-0 per i francesi. Appuntamento mercoledì prossimo a Parigi per il ritorno. In palio c’è la finale.

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Jannik Sinner: “A Roma torno con una mentalità diversa. Ho anche pensato di lasciare il tennis”

Jannik Sinner si confessa al Tg1: “Momenti difficili, ho pensato di lasciare. Ora pronto a tornare a Roma con una nuova mentalità”. La forza della famiglia e del team.

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Jannik Sinner si prepara a rientrare in campo agli Internazionali d’Italia di Roma con uno spirito nuovo, dopo mesi difficili segnati dalla sospensione per doping patteggiata con la Wada. In un’intervista esclusiva rilasciata al Tg1, il numero uno del tennis mondiale si è raccontato senza filtri al direttore Gian Marco Chiocci, svelando emozioni, fragilità e speranze alla vigilia del suo ritorno.

«Sono molto contento di rientrare in campo a Roma. Sicuramente torno con una mentalità diversa», ha detto Sinner, pronto a rimettersi in gioco dopo aver attraversato momenti complessi. «In campo non stavo come un giocatore si dovrebbe sentire. Il divertimento era andato via, pensavo ad altre cose. Ma ora sono felice di tornare, non c’è posto più bello di Roma per ricominciare».

Il campione altoatesino ha rivelato di aver pensato persino di lasciare il tennis: «Prima degli Australian Open non mi sentivo a mio agio, nemmeno negli spogliatoi. I giocatori mi guardavano in modo diverso, e lì ho pensato: è pesante vivere il tennis in questo modo».

Sinner ha ricordato la difficile gestione del caso Clostebol, la sostanza proibita che ha portato alla sua squalifica: «In quel momento non ho capito nulla. Non sapevo da dove venisse. È stato pesante accettare tre mesi di squalifica sapendo di non aver fatto nulla di sbagliato. Ma con il mio avvocato abbiamo deciso di patteggiare, per evitare rischi peggiori».

Fondamentale per lui è stato l’appoggio delle persone più vicine: «La mia fortuna è stata avere il mio team, la mia famiglia, persone che mi hanno protetto. Mi sono costruito una bolla, e questo mi ha dato la voglia di continuare a lottare».

Sul piano mentale, Sinner ammette di vivere le emozioni in modo intenso: «Anche io ho scatti di rabbia, ma il tennis è come il poker: devi nascondere le emozioni. Quando capisci che l’altro è in difficoltà, ti dà forza». E aggiunge: «Il tennis è importante, ma fuori dal campo c’è qualcosa di ancora più importante: la vita privata, la famiglia. Senza il mio team non sarei nessuno».

Con il rientro ormai imminente, Sinner si dice pronto ad affrontare la nuova sfida con consapevolezza: «Mi manca la competizione, la pressione della partita vera. Adesso voglio solo tornare a divertirmi giocando, ritrovare il piacere del campo. Siamo pronti a ripartire».

 

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