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‘Superficialità dell’ufficio diplomatico’, e Talò lascia

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Si era subito preso la responsabilità, nel comunicato di mercoledì diffuso da Palazzo Chigi. E 48 ore più tardi l’ambasciatore Francesco Talò si è dimesso da capo dell’ufficio diplomatico della presidente del Consiglio. È stata la stessa Giorgia Meloni ad annunciarlo, definendo i contorni della telefonata truffa orchestrata dai due comici russi Vovan e Lexus, in cui ha spiegato di essere incappata per la “leggerezza” nei controlli effettuati (o non effettuati). Sia quelli preliminari, sia dopo le perplessità da lei segnalate per i “dubbi” maturati nel finale del colloquio di 13 minuti con il sedicente presidente della commissione dell’Unione africana. Un episodio di “superficialità che ha esposto la nazione”, lo ha definito la premier sottolineando soprattutto l’ombra della “propaganda del Cremlino”. Lo scivolone potrebbe avere anche altri effetti all’interno della struttura diplomatica, in attesa della nomina del nuovo capo: fra i nomi che circolano quelli di Luca Ferrari, lo sherpa per G7 e G20, che però potrebbe avere ambizioni diverse, e Fabrizio Bucci, che guida l’ambasciata a Tirana.

Già ambasciatore presso la Nato, tessitore dei rapporti con Washington, Talò ha vissuto la sua ultima missione per Palazzo Chigi nella delegazione italiana a Londra per il summit sull’intelligenza artificiale. Non è chiaro se la decisione del passo indietro sia maturata durante il volo di ritorno o fosse già presa. Comunque ha creato anche una certa sorpresa ai piani del governo, dove in molti davano per scontato che avrebbe lasciato l’incarico a febbraio quando sarebbe scattato il pensionamento. Secondo altre fonti, è stata una mossa “inevitabile per chi ha il suo senso delle istituzioni”. In base a varie ricostruzioni resta delicata anche la posizione di Lucia Pasqualini, responsabile del desk Africa. Dopo la presentazione del premierato, in conferenza stampa Meloni ha risposto alla prima di una serie di domande sulla telefonata fake annunciando le dimissioni rese di primo mattino da Talò, e ringraziandolo: “È un gesto di grande responsabilità per una persona consapevole, da capo ufficio, che questa situazione è stata gestita con una leggerezza che ha esposto la nazione”. Quel 18 settembre, a ridosso dell’assemblea generale dell’Onu, la premier ha vissuto la telefonata decine di altre nei mesi precedenti: “Se viene organizzata dall’ufficio diplomatico e passata dal centralino di Palazzo Chigi tendenzialmente la devo dare per buona”.

Per lei “l’errore più grave” è stato commesso nelle verifiche effettuate “non in maniera seria” una volta messa giù la cornetta. “Verso la fine della telefonata ho avuto un dubbio, particolarmente sul passaggio sul nazionalismo ucraino: è un tema che pone solo la propaganda russa”, ha raccontato la presidente del Consiglio, spiegando di aver segnalato al suo ufficio diplomatico “che qualcosa non tornava perfettamente”. Ma nessun “alert” le è poi arrivato, ha spiegato, “e questo non mi ha consentito di muovermi”. Ossia di coinvolgere i servizi segreti. Così l’imbarazzante sorpresa (su cui il M5s ha chiesto un’informativa urgente scrivendo ai presidenti delle Camere) è emersa solo 44 giorni dopo.

L’audio “è stato rilanciato prima di tutti da canali organici alla propaganda del Cremlino: qualche domanda dovrebbe indurla, anche a chi sta facendo da megafono a questi comici”, ha notato Meloni, chiarendo di non aver affermato “nulla di nuovo sulle sofferenze delle opinioni pubbliche per le conseguenze del conflitto in Ucraina”. “Se siamo stati oggetto di questo tentativo di disinformazione – è sicura – è anche per le posizioni” sull’invasione russa: “Siamo stati una certezza, forse anche per questo telefonano a noi…”. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha respinto questo genere di accuse, ribattendo che la premier ha espresso “la sua posizione” e “i suoi pensieri”. “Meloni – ha scritto sui social la portavoce della diplomazia russa – non può nemmeno immaginare quante chiamate simili riceviamo, ad esempio, dai cyberterroristi ucraini. Vovan e Lexus hanno parlato di argomenti politici con Meloni, mentre noi riceviamo telefonate da Ucraina, Germania, Italia, Canada e Stati Uniti in cui ci vengono fatte delle minacce”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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