“Ho visto massacrare mia madre perché aveva respinto quei soldati stupratori. Verrà il giorno della verità e della giustizia”, ripete, praticamente da sempre, la donna che ha da poco compiuto 91 anni. E che adesso, 75 anni dopo quel giorno terribile, è tornata a sperare di riuscire ad ottenere giustizia.
La Procura di Siena ha infatti deciso di aprire un’inchiesta per omicidio pluriaggravato e sta cercando, se il tempo e la storia lo concederanno, gli assassini di quella madre “coraggiosa e premurosa” che morì a 37 anni anche per difendere sua figlia. A ucciderla, in questo caso, non furono i nazisti ma i liberatori, quelli che avrebbero dovuto far dimenticare le barbarie appena perpetrate in Toscana dalle SS.
Ottavia Fabbrizzi morì nel giugno del 1944 a Radicofani, paese in provincia di Siena, dopo una terribile agonia. I responsabili, secondo le ricostruzioni del tempo, furono un militare francese e due goumiers , i soldati marocchini inquadrati nelle truppe francesi durante la liberazione dell’Italia. Uno dei tanti crimini commessi da alcuni dei reparti delle truppe alleate e che a Siena, ma ancora di più in ciociaria, sono ricordati con sdegno e con la rabbia per il fatto che nessuno è riuscito a trovare e punire i responsabili.
Da decenni, per tentare di far luce su questi episodi, è nata l’Associazione nazionale «vittime delle marocchinate», nome con cui sono rimaste comunemente note le violenze perpetrate durante la Seconda Guerra Mondiale dai soldati marocchini. Tra queste c’è anche l’ uccisione di Ottavia Fabbrizzi.
Poche le speranze che si riesca a fare giustizia dopo così tanti anni dai fatti. I protagonisti possono essere morti, i rapporti e le eventuali denunce del tempo cancellate. Ma la sola idea che adesso si stia indagando ha fatto tornare il sorriso a “nonna Giselda” che assistette a quegli attimi terribili sognati poi centinaia di volte nei suoi incubi peggiori. “Per ore e ore vegliai la mia povera mamma prima che il suo cuore si fermasse per sempre”, ha raccontato Giselda che è stata ascoltata dai carabinieri e probabilmente, come ha chiesto l’avvocato Paolo Pantalone, deporrà davanti al pm titolare dell’inchiesta Valentina Magnini in un incidente probatorio che servirà a cristallizzare per sempre le prove di quel delitto.
“Un omicidio aggravato non si prescrive mai – dicono i legali Paola Pantalone e Luciano Randazzo – e anche se sarà difficilissimo identificare i responsabili e arrivare a un processo, resta la volontà di questa signora che ad ogni costo ha voluto fare denuncia. Lei non si è rassegnata e non si è mai arresa”.
‘Colpo’ all’ufficio postale finito male per i rapinatori. Accade a Napoli questa mattina nel quartiere di Fuorigrotta. La polizia ha arrestato due napoletani di 47 e 54 anni per rapina aggravata. Dopo una allerta della Sala Operativa, agenti sono intervenuti in un ufficio postale di via Michelangelo Da Caravaggio e hanno sventato la rapina, riuscendo a intercettare e bloccare immediatamente i due rapinatori, anche grazie all’ausilio di personale dell’Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso Pubblico, del Commissariato Bagnoli e delle Unita’ Operative Pronto Intervento. I due arrestati sono stati trovati in possesso di due pistole a salve e della refurtiva appena asportata. L’attivita’ e’ stata vigilata dall’alto dall’elicottero del VI Reparto Volo della Polizia di Stato.
La madre di Santo Romano ha presentato un esposto affinché vegano fatti accertamenti sulle foto del 17enne che ha ucciso il figlio, postate sui social verosimilmente dall’istituto penale minorile dove il giovane è detenuto. Santo è stato ucciso a San Sebastiano al Vesuvio (Napoli), la notte tra l’1 e il 2 novembre 2024 con un colpo di pistola esploso al culmine di una lite scoppiata solo per un paio di scarpe sporcate.
L’avvocato Marco De Scisciolo, che difende la famiglia Romano, ha presentato un esposto al Tribunale, alla Procura per i minorenni di Napoli e alla Polizia postale, con il quale chiede che venga disposta una perquisizione nella struttura dove il 17enne è detenuto ed eventualmente anche un sequestro. Sui social sono stati pubblicati di recente foto e messaggi che hanno suscitato sconcerto e ira della mamma di Santo, Filomena De Mare. Lo scorso 29 aprile la sentenza il 17enne accusato di aver ucciso Santo Romano, giovane portiere di calcio è stato condannato in primo grado a 18 anni e 8 mesi di reclusione al termine di un processo celebrato con il rito abbreviato.
Ieri un carabiniere scelto della stazione di Albino, in provincia di Bergamo, libero dal servizio, è intervenuto per impedire un gesto estremo da parte di una donna. Intorno alle 11.20, il militare stava percorrendo in auto con i suoi familiari la SS42 quando, all’altezza di San Paolo d’Argon, ha notato una donna, visibilmente agitata, che si era posizionata all’esterno del parapetto di un cavalcavia, in una situazione di grave pericolo. Il militare ha fermato il proprio veicolo precipitandosi verso la donna. Una volta vicino, mentre sotto le auto continuavano a transitare, il carabiniere ha abbracciato la donna per trattenerla contro il parapetto, evitando che potesse cadere, fino all’arrivo dei soccorritori. Nelle delicate fasi successive si è assicurato della sua incolumità tenendola e rassicurandola, mentre insieme lentamente strisciavano contro il parapetto, fino a raggiungere il terrapieno posto sul lato destro del cavalcavia, dove erano finalmente al sicuro. Sul posto sono giunti i carabinieri della vicina stazione di Trescore Balneario e i sanitari del 118, che hanno soccorso la donna, poi trasportata presso l’ospedale di Alzano Lombardo.