Meno risorse in arrivo. Per lo più destinate a immigrazione e opere pubbliche. Mentre si riducono drasticamente gli stanziamenti per la sicurezza. E’ così che la legge di bilancio si tradurrà sull’attività di comuni, città metropolitane e province. Cui sono destinati quest’anno trasferimenti ridotti di circa un terzo rispetto allo scorso anno e quasi dimezzati rispetto a due anni fa. A fotografare la situazione è un’analisi del Centro studi Enti locali.
Le risorse che la manovra affida agli enti locali sotto forma di gestione diretta ammontano a quasi 1,4 miliardi: una cifra già di per sé inferiore rispetto a quella delle precedenti manovre (circa 1,6 miliardi nel 2023 e 2 miliardi nel 2022), ma che scende ulteriormente a circa 1,1 miliardi di euro se si sottraggono i 299 milioni di tagli applicati dalla stessa norma ai trasferimenti destinati a comuni, città metropolitane e province. “Come evidenziato dall’Anci, dopo sette anni di stop, lo spettro della spending review si è ufficialmente riaffacciato sul mondo dei comuni”, si evidenzia nell’analisi: “Un’inversione di rotta che si somma alla sfida rappresentata dall’effetto inflazionistico atteso sui contratti di servizio” in scadenza quest’anno e “che difficilmente potranno essere rinnovati alle condizioni fissate ante-crisi energetica”.
Ma “se è vero che la gestione finanziaria degli enti territoriali si preannuncia come più complessa di quanto non sia avvenuto nel recente passato, va anche detto che – complice il Pnrr – quello che si prospetta è comunque un cambio di passo decisamente ‘soft’ rispetto a quella lunga stagione di contrazione della spesa che ha portato i comuni a perdere, nel decennio 2011-2020, circa un quinto dei propri addetti”, puntualizza lo studio, aggiungendo che “la riduzione delle risorse affidate direttamente agli enti locali è, peraltro, coerente con il quadro di una finanziaria globalmente più parca e ‘vincolata’ rispetto a quelle che l’hanno preceduta”.
Il grosso delle risorse che l’esecutivo affida direttamente agli enti locali è destinato ad immigrazione (486 milioni) e opere pubbliche (484 milioni), che assorbono quasi tre quarti dell’intera somma. In particolare, la voce immigrazione (che contiene anche fondi per la crisi Ucraina) acquista maggior peso rispetto agli anni precedenti: ma, rileva lo studio, “in assenza dei decreti attuativi non è possibile quantificare esattamente in che misura” le risorse “atterreranno nelle casse dei comuni posto che non saranno gli unici” chiamati a gestirle. Sul fronte delle infrastrutture, invece, complessivamente la spinta “risulta depotenziata – si osserva – rispetto alla precedente manovra che aveva puntato più di metà delle risorse in questa direzione (851 milioni su un totale di 1,6 miliardi)”.
I fondi per gli enti locali sono poi destinati a voci che vanno dalla neutralizzazione dell’effetto pandemia (113 milioni) allo sport (90 milioni per gli interventi correlati ai Giochi del Mediterraneo di Taranto), dagli enti in criticità finanziaria (70 milioni) agli enti svantaggiati che rischiano lo spopolamento (40 milioni) alla scuola (30,2 milioni). Quasi 13 miliardi sono destinati agli enti locali per la voce cultura, 4,6 al capitolo servizi sociali, 4,7 milioni vanno agli enti colpiti dal sisma (4,7 milioni). Fanalino di coda la sicurezza, cui sono destinati appena 250mila euro: l’unica misura fra quelle a gestione diretta comunale che riguarda questo ambito è quella per l’installazione di colonnine d’emergenza in aree critiche. “Nel 2023 le misure riconducibili a questo ambito – si evidenzia – avevano un peso specifico di circa 20 milioni di euro, l’anno prima circa 5 milioni”.