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Sos pronto soccorso, aumentare medici e salari

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Impiego di medici non specializzati e aumento delle remunerazioni: e’ questa la strada delineata dalla Fiaso, la federazione delle aziende ospedaliere, contro l’Sos pronto soccorso. Mentre, denuncia il presidente della Fiaso Giovanni Migliore, “sempre piu’ concorsi banditi dalle aziende sanitarie e ospedaliere non riescono ad essere attrattivi e vanno deserti, e sempre piu’ professionisti lasciano il pubblico per lavorare nel privato, occorre una legislazione di emergenza, sul modello di quella che ci ha permesso di superare la pandemia, che consenta di assumere nei pronto soccorso sia gli specialisti di altre discipline, sia i laureati in Medicina e Chirurgia e abilitati alla professione medica pur se privi di specializzazione”. Secondo le stime di Mario Balzenelli, presidente della Sis 118, “i medici a bordo ambulanza sono diminuiti di oltre il 50% negli ultimi 10 anni” sono scappati da un lavoro “usurante e mal pagato”. Migliore chiede anche di “incrementare ulteriormente l’importo del trattamento accessorio in busta paga per gli operatori sanitari di area critica: si tratterebbe di un incentivo economico per rendere piu’ attrattivo il lavoro nei pronto soccorso e in particolare in quelli situati in aree marginali o periferiche. In poche parole – dice il presidente della Fiaso – bisogna pagare di piu’ tutti i professionisti che operano nei pronto soccorso”. Dal ministro della Salute Roberto Speranza, intanto, arrivano rassicurazioni sulla situazione critica dei pronto soccorso italiani. “Dobbiamo – sottolinea – investire di piu’ sul personale sanitario e abbiamo gia’ iniziato a farlo. Abbiamo messo nell’ultimo anno 17.400 borse di specializzazione, il triplo di tre anni fa e il doppio di due anni fa. E’ chiaro che questi investimenti avranno una ricaduta nei prossimi anni”. E sempre dal ministero e’ arrivato uno stanziamento straordinario da 90 milioni di euro destinato all’indennita’ accessoria di chi lavora nei pronto soccorso, che Migliore definisce “un giusto riconoscimento dell’impegno svolto in corsia e un segnale importante ma non ancora sufficiente per fermare l’emorragia di professionisti”. Che la situazione non sia di facile soluzione lo dimostra anche l’unica domanda pervenuta (e giudicata non ammissibile) per il concorso per 6 posti da dirigente medico nella Medicina e chirurgia d’accettazione e d’urgenza indetto dal Cardarelli di Napoli, il piu’ grande ospedale del meridione balzato nei giorni scorsi alle cronache proprio per il pronto soccorso superaffollato. Il flop del concorso – per un incarico a tempo determinato di sei mesi, rinnovabile – lascia quindi il personale del pronto soccorso del Cardarelli a 43 medici, di cui 25 hanno pero’ firmato la lettera preventiva alle dimissioni. “Servono interventi urgenti e straordinari per colmare le carenze e rilanciare l’assistenza, ridando dignita’ al lavoro e al ruolo della professione medica”, sostiene il presidente della Federazione degli Ordini dei Medici (Fnomceo), Filippo Anelli, sottolineando come “tutte le carenze, il disagio da noi denunciati vengono fuori in maniera eclatante. E’ il momento di investire sul personale, non solo sulle strutture come prevede il Pnrr”. Ma se alcuni pronto soccorso sono allo stremo, ce ne sono altri molto meno affollati, che potrebbero chiudere dal 2026 con l’operativita’ delle case e ospedali di comunita’. Una proposta in tal senso e’ stata lanciata dal sindacato dei medici dipendenti del Ssn federazione Cimo-Fesmed,. “In questo modo – sottolinea il sindacato – si chiuderanno i pronto soccorso con pochi accessi”. Cimo-Fesmed dice “no al mantenimento di servizi aperti a tutti i costi. Tra medici in affitto e condizioni di lavoro massacranti, e’ a rischio la sicurezza delle cure”.

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Esteri

Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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