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Corona Virus

Ecco la signora che ha smantellato Sky a Roma per sistemarla a Milano, ora trasferisce personale dalla Lombardia alla Capitale dove c’è chi teme un rischio contagio

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Fuga dalla zona rossa, la lettera con cui Sky manda tecnici e giornalisti a Roma da Milano per fare il telegiornale nella Capitale

La notizia doveva restare riservata. L’azienda Sky l’ha nascosta finora per evitare di suscitare allarme nelle due sedi romane della pay tv. E forse anche per non far capire che era informata, con ogni probabilità, dei provvedimenti che il governo stava assumendo: la chiusura della Lombardia come zona rossa e una quarantena lunga. Ma che cosa sta succedendo? Accade che molti dipendenti dell’azienda che da circa tre anni ha trasferito cuore e testa delle sue attività a Milano-Santa Giulia, tre building con affaccio sul boschetto dei drogati di Rogoredo, da qualche giorno hanno riallestito in via Salaria (vecchia sede principale di Sky Italia) e alla Capranichetta (nuova redazione del servizio politico e uffici delle attività lobbistiche aziendali) tutto quello che serve per mandare in onda il telegiornale e altri programmi da Roma. In pratica tutte le argomentazioni usate per licenziare o liquidare personale tecnico e giornalistico che si oppose all’immediato e violento trasferimento a Milano (la società in sede di contenzioso giudiziario in atto ha sempre obiettato che a Roma non c’è più nulla per far proseguire il telegiornale), si sono dissolte come neve al sole.

Roma era ed è ancora una sede pronta per mandare in onda un telegiornale. E da lunedì Sky ritrasmette da Roma. Quello che rileva in questo contesto è che nelle due sedi romane di Sky (Salaria e Capranichetta) in questo momento c’è grande preoccupazione di molti dipendenti che si sono visti piombare nei loro uffici colleghi provenienti da Milano-Santa Giulia, la sede centrale dell’azienda. Potrebbero essere soggetti portatori di contagio? Chi può dirlo? E chi può escluderlo? Perchè questa scelta di ritrasmettere da Roma? Sembra che a Milano sia diventato difficile farlo se non impossibile. Anche alla luce del Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri il cui contenuto doveva essere riservatissimo.  Gran parte dei tecnici e dei giornalisti sembra siano stati costretti o sia stato concesso loro restarsene a casa. O lavorano in smart working (l’azienda aveva delle trattative in corso per arrivare a questa modalità di lavoro) o sono in ferie (l’azienda a molti dipendenti ha chiesto di approfittare di questo momento per godere delle ferie) o sono in quarantena. Già, c’è di sicuro un dipendente Sky di Milano affetto da coronavirus ricoverato al Sacco e tutti quelli che lavoravano con lui fianco a fianco sono stati messi in quarantena forzata a casa.

Così come ci sono alcuni giornalisti che sono stati inizialmente nelle aree focolaio della infezione che pure, per precauzione, sono stati lasciati a casa per evitare che in caso di contagi potessero infettare altri loro colleghi. In questo caso si tratta di una sorta di auto-quarantena. Ora a Roma, giornalisti e impiegati (quelli rimasti dopo l’esodo biblico di buona parte del personale dell’azienda a Milano) sono sul piede di guerra contro l’ufficio del personale che ha spedito tecnici e altri dipendenti per riaprire i vecchi uffici, riaccendere gli apparati e far trasmettere il canale del telegiornale da Roma. Si dovrebbe cominciare da lunedì mattina, 9 marzo 2020, quando il telegiornale di Sky (ri)comincerà ad essere (ri)trasmesso da Roma. Perchè sono preoccupati i dipendenti romani? Perchè non avrebbero avuto alcuna garanzia dall’azienda che il personale arrivato da Milano sia immune da coronavirus.

Una manifestazione di protesta degli ex tecnici dipendenti di società esterne che lavoravano a Sky tg24

Perchè credono che quell’esodo di persone da Milano a Roma sia non esattamente in regola con le indicazioni e i precetti di legge e di sanità pubblica che il Governo nazionale ha approvato e sta chiedendo di rispettare in queste ore di massima diffusione del coronavirus soprattutto in Lombardia, Veneto e altre località del Nord Italia.

Insomma il rischio concreto è che il capo del personale di Sky (Francesca Manili Pessina) e chi con lei ha avallato questi trasferimenti momentanei da Milano a Roma (Emaunele Cappelli, suo fido scudiero) per riorganizzare la trasmissione dalla capitale del canale del telegiornale che fu decapitato quasi tre anni fa, possano favorire il propagarsi dell’infezione a Roma. Qualcuno ha parlato di nemesi storica, gli stessi signori che hanno gestito a colpi di diktat, liquidazioni, smantellamenti e licenziamenti decine di lavoratori obbligati a trasferirsi da Roma a Milano, oggi si vedono costretti quasi in maniera carbonara a rispedire dipendenti da Milano a Roma per riattivare il telegiornale. Le proteste dei dipendenti delle sedi romane per ora sono rimaste in azienda. Chi teme il contagio da coronavirus finora ha chiesto (i giornalisti) al Cdr (comitato di redazione)  e ai sindacati (gli altri dipendenti) di verificare se questo comportamento dell’ufficio del personale (Manili Pessina e Cappelli) è lecito e se rispetta le norme varate dal Governo, Regione Lombardia e dalla Regione Lazio. Ma c’è anche chi potrebbe chiedere direttamente alle autorità sanitarie locali di intervenire e di dare ogni possibile garanzia che questi dipendenti che arrivano da Milano sono esenti da contagio e non rappresentano una minaccia per loro. Forse per capire meglio quello che è accaduto e come è accaduto, la lettere del direttore di Sky Tg24 è utile da leggere. Fa capire come il trasferimento di tecnici e giornalisti sia stato deciso all’improvviso, senza alcuna procedura condivisa e sopratutto alla garibaldina: senza nemmeno sapere chi, per quanto tempo e con quali garanzie passava dalla redazione di Milano a quella di Roma  e per quanto tempo. Anzi sui tempi e sul fatto che la trasmissione del tg da Milano a Roma possa durare più di una settimana prevista, non per trasmettere un telegiornale fino alle 11,30 ma l’intero palinsesto, fornisce alcune indicazioni sul fatto che ai piani alti di Sky avessero buone informazioni sulle norme che il Governo avrebbe approvato. Speriamo almeno che Sky fornisca senza pensare al business i diritti in chiaro delle partite di calcio a porte chiuse. Potrebbe essere un buon ristoro per gli italiani che in questi tempi hanno bisogno di distrarsi.

Lega Calcio, Sky e ministro dello Sport: la pantomina dei diritti tv e delle partite che devono andare in chiaro

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Covid-19 e genetica: uno studio italiano spiega perché il virus ha colpito più il Nord che il Sud

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Un team di scienziati italiani ha scoperto un legame tra genetica e diffusione del Covid-19, individuando alcuni geni che avrebbero reso alcune popolazioni più vulnerabili alla malattia e altre più resistenti.

Come stabilire chi ha maggiore probabilità di sviluppare il Covid-19 in forma grave? E perché la pandemia ha colpito in modo più violento alcune zone d’Italia rispetto ad altre? A queste domande ha risposto uno studio multidisciplinareguidato dal professor Antonio Giordano, direttore dell’Istituto Sbarro di Philadelphia per la Ricerca sul Cancro e la Medicina Molecolare, in collaborazione con epidemiologi, patologi, immunologi e oncologi.

Dallo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista Journal of Translational Medicine, emerge che la predisposizione genetica potrebbe aver giocato un ruolo determinante nella diffusione e nella gravità del Covid-19.

Il ruolo delle molecole Hla nella risposta immunitaria

Il metodo sviluppato dai ricercatori ha permesso di individuare le molecole Hla, ovvero quei geni responsabili del rigetto nei trapianti, come indicatori della capacità di un individuo di resistere o soccombere alla malattia.

“È dalla qualità di queste molecole che dipende la capacità del nostro sistema immunitario di fornire una risposta efficace, o al contrario di soccombere alla malattia”, ha spiegato Pierpaolo Correale, capo dell’Unità di Oncologia Medica dell’ospedale Bianchi Melacrino Morelli di Reggio Calabria.

Lo studio ha dimostrato che chi possiede molecole Hla di maggiore qualità ha più possibilità di combattere il virus e sviluppare una forma più lieve della malattia. Questo metodo, inoltre, potrebbe essere applicato anche ad altre malattie infettive, oncologiche e autoimmunitarie.

Perché il Covid ha colpito più il Nord Italia? Questione di genetica

Uno dei dati più interessanti dello studio riguarda la distribuzione geografica delle molecole Hla in Italia. I ricercatori hanno scoperto che alcuni alleli (varianti genetiche) sono più diffusi in certe zone del Paese, influenzando così l’impatto della pandemia.

Secondo lo studio, la minore incidenza del Covid-19 nelle regioni del Sud rispetto a quelle del Nord potrebbe essere dovuta a una specifica eredità genetica.

Tra le ipotesi vi è quella di un virus antesignano del Covid-19 che si sarebbe diffuso migliaia di anni fa nell’area che oggi corrisponde alla Calabria, “immunizzando” in qualche modo i discendenti di quelle terre.”

Lo studio: 525 pazienti analizzati tra Calabria e Campania

La ricerca ha preso in esame tutti i casi di Covid registrati in Italia nella banca dati dell’Istituto Superiore di Sanità, oltre a 75 malati ricoverati negli ospedali di Reggio Calabria e Napoli (Cotugno), e 450 pazienti donatori sani.

I risultati hanno evidenziato che:

  • Gli Hla-C01 e Hla-B44 sono stati individuati come geni associati a maggiore rischio di infezione e malattia grave.
  • Dopo la prima ondata pandemica, questa associazione è scomparsa.
  • L’allele Hla-B*49, invece, si è rivelato un fattore protettivo.

Uno studio rivoluzionario con implicazioni future

Questa scoperta non solo aiuta a comprendere la diffusione del Covid-19, ma potrebbe anche essere utilizzata in futuro per prevenire altre pandemie, individuando le popolazioni più a rischio e quelle più protette.

Un lavoro che apre nuove strade nel campo della medicina personalizzata, dimostrando che genetica e ambiente possono influenzare l’evoluzione di una malattia a livello globale.

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Covid-19, cinque anni dopo: cosa è cambiato e quali lezioni abbiamo imparato

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Cinque anni fa, l’Italia si fermava. L’8 marzo 2020, l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte annunciava il primo lockdown totale della storia repubblicana. Un provvedimento drastico, nato dall’esplosione dei contagi da Covid-19, che costrinse il Paese a chiudere in casa 60 milioni di persone, con l’unica concessione delle uscite per necessità primarie.

L’Italia è stato uno dei primi paesi occidentali ad affrontare un impatto devastante del virus. Il primo caso ufficiale venne individuato nel paziente zero di Codogno, Mattia Maestri, mentre il primo decesso fu registrato il 21 febbraio 2020 con la morte di Adriano Trevisan a Vo’ Euganeo.

Nei giorni successivi, il Paese assistette a scene che rimarranno impresse nella memoria collettiva: ospedali al collasso, città deserte, striscioni con “andrà tutto bene” esposti sui balconi, mentre nelle province più colpite, come Bergamo, i camion dell’esercito trasportavano le bare delle vittime.

Con il Vaccine Day del 27 dicembre 2020, l’arrivo dei vaccini segnò l’inizio della campagna di immunizzazione di massa, accompagnata dall’introduzione del Green Pass, che portò a feroci polemiche e alla nascita di movimenti No-Vax. Il 31 marzo 2022 venne dichiarata la fine dello stato di emergenza in Italia, mentre il 5 maggio 2023 l’OMS decretò la conclusione della pandemia a livello globale.

Il nuovo approccio alla gestione delle pandemie

Cinque anni dopo il lockdown, il governo Meloni ha rivisto il piano pandemico nazionale, con l’introduzione di nuove regole che limitano l’uso di misure restrittive. I DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri), usati ampiamente durante il governo Conte per imporre limitazioni agli spostamenti e alle attività economiche, non saranno più utilizzati, sostituiti da una gestione più parlamentare dell’emergenza.

Inoltre, il 25 gennaio 2024 è entrato in vigore il decreto che ha abolito le multe per chi non ha rispettato l’obbligo vaccinale, un provvedimento che ha riacceso il dibattito su come è stata affrontata la pandemia e sui diritti individuali.

La commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza

Uno dei segnali più evidenti della volontà di rivalutare le scelte fatte è l’istituzione della commissione parlamentare d’inchiesta sulla gestione della pandemia, approvata il 14 febbraio 2024. La commissione ha già tenuto 24 audizioni, ascoltando esperti, rappresentanti istituzionali e figure chiave della crisi sanitaria, come l’ex commissario straordinario Domenico Arcuri, assolto di recente per l’inchiesta sulle mascherine importate dalla Cina.

A cinque anni di distanza: quali lezioni?

La pandemia ha lasciato un segno profondo sulla società italiana e ha messo in discussione il modello di gestione delle emergenze. Se da un lato c’è chi sostiene che le restrizioni fossero necessarie per salvare vite umane, dall’altro si solleva il dibattito su quanto fossero proporzionate e su eventuali errori di valutazione nelle misure adottate.

Oggi, il nuovo piano pandemico riconosce la necessità di una maggiore trasparenza e coinvolgimento del Parlamento, evitando misure straordinarie come quelle imposte con i DPCM. Ma l’eredità di quei mesi resta incisa nella memoria collettiva: l’Italia che si fermava, i bollettini quotidiani, i medici in prima linea e il ritorno, lento e faticoso, alla normalità.

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Covid: tra Natale e Capodanno scendono casi, stabili le morti (31)

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In Italia scendono i contagi mentre i decessi restano sostanzialmente stabili nella settimana tra Natale e Capodanno: dal 26 dicembre all’1 gennaio sono stati registrati 1.559 nuovi positivi, in calo rispetto ai 1.707 del periodo 19-25 dicembre, mentre le morti sono state 31 rispetto ai 29 casi nei 7 giorni precedenti. E’ quanto si legge nel bollettino settimanale sul sito del ministero della Salute. Lombardia e Lazio, seguite dalla Toscana, sono le regioni che hanno riportato più casi. Le Marche registrano il tasso di positività più alto (11,4%). Ancora una riduzione del numero di coloro che si sottopongono a tamponi: scendono da 44.125 a 34.532 e il tasso di positività cresce dal 3,9% al 4,5%.

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