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Si stringono i tempi per il cda Rai, Rossi in pole

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Si stringono i tempi per il rinnovo del consiglio di amministrazione Rai, ormai in scadenza, con l’obiettivo di chiudere la partita prima delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno. Sarà pubblicato giovedì prossimo sui siti di Camera e Senato, come deciso dalla Conferenza dei capigruppo, l’avviso per la selezione dei quattro membri di competenza parlamentare. Considerato che sono necessari trenta giorni per la presentazione dei curricula e trenta per il loro esame, si potrebbe votare negli ultimi dieci giorni di maggio, prima della pausa dei lavori in vista del voto per il Parlamento Ue. Sempre che non si registrino intoppi, in particolare legati alla scelta del presidente che deve avere il via libera di almeno una parte dell’opposizione.

Il cda Rai è composto da sette membri: due vengono eletti dalla Camera e due dal Senato. Altri due vengono indicati dal ministero dell’Economia, uno dei quali riveste poi la carica di amministratore delegato e l’altro, almeno in base alla prassi, di presidente, dopo aver ottenuto il gradimento di due terzi della commissione di Vigilanza. Il settimo membro viene eletto dai dipendenti e proprio oggi il consiglio di amministrazione della Rai ha approvato il nuovo regolamento per la sua indicazione. Sembrano fatti i giochi per la successione di Roberto Sergio nella carica di amministratore delegato, con la promozione di Giampaolo Rossi, punto di riferimento in Rai di Fratelli d’Italia, che ora ricopre la carica di direttore generale.

Si tratta ancora, invece, per la presidenza. Forza Italia punta su Simona Agnes, sponsorizzata da Gianni Letta, ma occorre convincere la Lega, che potrebbe rivendicare la carica in quanto seconda forza parlamentare, oltre all’opposizione. Alla maggioranza mancano, infatti, cinque voti per raggiungere i due terzi della Vigilanza e servirà quindi l’appoggio di almeno uno tra il Partito democratico o del Movimento Cinque Stelle, che dovrebbe confermare Alessandro Di Majo in cda. Il nome scelto dal Carroccio è, invece quello dell’attuale direttore della Tgr, Alessandro Casarin. Attesa, inoltre, una conferma sul nome di Davide Di Pietro come membro eletto dai dipendenti. Se questo scenario venisse confermato, resterebbe aperto il tema della rappresentanza femminile. Per questo si attende che il componente indicato dal Pd o il secondo indicato da Fratelli d’Italia siano donne.

Tra i dem si sta ragionando sui criteri di scelta, in particolare sull’opportunità di convergere su un interno Rai o un esterno: Sandro Ruotolo ha precisato al Fatto Quotidiano che per coerenza, non volendo lottizzare, il Pd non indicherebbe mai il suo nome, Giovanna Melandri ad aprile diventerà amministratore indipendente di Kering. Non trovano conferme in ambienti dem anche i nomi dell’ex direttore del Tg3 Antonio Di Bella e della scrittrice Chiara Valerio.

Anche Fratelli d’Italia deve ancora prendere una decisione, mentre arrivano smentite sulle ipotesi di riportare a Viale Mazzini Guido Paglia o di convergere sulla vicedirettrice del Secolo d’Italia Annalisa Terranova. Circola anche il nome dell’ex direttore del Tg2, Mauro Mazza. La partita potrebbe, comunque, allargarsi alle posizioni subito inferiori all’Ad: uno schema prevede un direttore generale corporate, che potrebbe essere Felice Ventura in quota Fratelli d’Italia, e un direttore generale per il prodotto, che potrebbe essere Marcello Ciannamea in quota Lega, con al coordinamento dei generi Angelo Mellone, anche lui di Fdi. La soluzione non piace a tutti nella maggioranza, perché ritenuta troppo sbilanciata a favore del partito della premier, e per questo, negli ultimi giorni, è emersa anche la possibilità di un unico direttore generale, che potrebbe essere proprio Roberto Sergio.

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Sarà duello tv fra Meloni e Schlein, il 23 da Vespa a ‘Porta a Porta’

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Scelta la data e soprattutto scelto il posto. La comunicazione ufficiale è arrivata con una nota congiunta inviata nello stesso secondo dagli staff della presidente del consiglio Giorgia Meloni e della segretaria Pd Elly Schlein: il confronto tv “si svolgerà giovedì 23 maggio. Sede del dibattito sarà la trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa”. Le altre opposizioni sono partite all’attacco. Per il M5s c’è il rischio “di violare pesantemente la par condicio. La Rai non può far finta che lo scontro sia solo a due né Meloni può scegliersi l’avversario”. Stesse accuse dai leader di Verdi-Sinistra, Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni. Alla fine, comunque, lunghi incontri e faticosi accordi fra gli staff di Meloni e Schlein hanno portato alla quadra. Il dettaglio più combattuto è stato quello della sede: Porta a Porta sulla Rai.

“Andiamo sul terreno più difficile – è la posizione Pd – potremmo dire che giochiamo fuori casa. Ma la premier Meloni voleva farlo in Rai, sul servizio pubblico, non ha voluto prendere in considerazione altre proposte” come Sky o la 7. “Schlein aveva lasciato porte aperte: ‘dove vuole’. Perché il tema non è la rete televisiva: sarà un momento di chiarezza e trasparenza, un confronto su programmi e proposte, fra due visioni della politica alternative”. Meloni punta a rendere il duello “istituzionale”, hanno fatto sapete fonti dello staff della premier, sottolineando poi come sia la prima volta che un presidente del Consiglio affronta un confronto in tv con il principale leader dell’opposizione “non a fine mandato, ma dopo diciotto mesi di mandato, con gran parte della legislatura ancora davanti”. Meloni si prepara a puntare su “temi concreti, sui programmi e sui problemi della gente”.

I dettagli del format saranno messi a punto nelle prossime ore. “Lo condurrò da solo – ha anticipato Vespa – Sarà un confronto molto istituzionale, molto tecnico”. Durerà “un’ora esatta, in prima serata”. Poi, la replica a chi parla di par condicio violata: “Anche il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini e il leader del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte – ha fatto sapere la trasmissione – sono già stati invitati da Bruno Vespa per un analogo faccia a faccia a Porta a Porta, con le stesse modalità di messa in onda”. Fra frenate e accelerate, l’attesa del confronto si trascina da mesi. La memoria torna alla festa di FdI, Atreju, nel dicembre scorso, quando Schlein declinò l’invito ma rilanciò: “Sono pronta al confronto con Meloni quando vuole, ma non a casa sua o a casa nostra”.

Da quel momento il progetto di un duello in tv ha cominciato a prendere piede. La decisione delle due leader di candidarsi alle europee ha fatto il resto: si vota l’8 e 9 giugno, una ventina di giorni dopo il confronto. Vespa sarà l’arbitro di una partita su cui sia Meloni sia Schlein puntano molto: le due leader stanno cucendo una contrapposizione che può mette in ombra le altre forze. “Alla fine non c’è nessuna par condicio – ha detto il leader di Azione, Carlo Calenda – È un sistema malato”.

E il capogruppo alla Camera di Italia viva, Davide Faraone: “Andrà in onda una farsa, Schlein e Meloni sono candidate civetta. Non metteranno mai piede nel Parlamento Europeo”. Anche per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, “il confronto è una fake tra due candidate fake”. Finora, la più plateale rappresentazione della contrapposizione fra le due leader resta comunque uno scontro a distanza fra slogan, che ci fu quando nessuna delle due era dove si trova adesso. La prima fu Meloni allora all’opposizione: “Io sono Giorgia, sono una donna, sono una mamma, sono italiana, sono cristiana”. Qualche mese dopo la candidata al Parlamento Schlein parafrasò a modo suo: “Sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre. Ma non per questo sono meno donna”.

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Caso Toti, Salvini: se lascia è una resa, toghe paghino per loro errori

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“Serve la responsabilità civile per i magistrati, personale e pecuniaria, quando sbagliano”. Lo dice il vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini in un’intervista a ‘La Stampa’. Toti non esclude le dimissioni da presidente della Regione? “Non mi risulta in nessun modo. Spero anzi che vada avanti la Regione Liguria, così com’è andata avanti in questi anni, dalla ricostruzione del Ponte Morandi alla Diga, al Terzo Valico, all’Alta velocità. È una regione che è tornata a guardare a futuro grazie a tutto il sistema Liguria e Genova e il suo porto sono proiettati verso il Nord Europa. Ecco, spero quindi che nessuno pensi di bloccare lo sviluppo della Liguria”, aggiunge. “Quando c’è una persona privata della libertà, io mi fermo sempre sull’uscio di casa: sono scelte umane. Dal mio punto di vista dimettersi adesso sarebbe una resa”.

“Una resa – sottolinea Salvini – nei confronti dei liguri e nei confronti di un rapporto tra magistratura e resto del mondo che è palesemente sbilanciato. Lo ribadisco: se qualche giudice, se qualche pubblico ministero venisse intercettato e dossierato a casa sua e nel suo ufficio per due o tre anni, non so quanti andrebbero a spasso magari sul lungomare della Spezia….”, insiste il leader della Lega. Ma scusi, ma cosa vuol dire? Che commettono reati di nascosto? “No – risponde – Voglio dire che non c’è equilibrio dei poteri. Stiamo alle statistiche: ogni anno mille italiani vengono arrestati e poi liberati perché i magistrati avevano sbagliato qualcosa. Significa tre persone al giorno. Vuol dire che oggi tre persone normali, non politici, vengono arrestati, gli si rovina la vita, e poi alla fine del percorso arriva una pacca sulla spalla: ‘Mi scusi abbiamo sbagliato’. E nessuno ne risponde. Ecco, la responsabilità civile dei magistrati, personale e pecuniaria per quelli che sbagliano con dolo, secondo me eviterebbe alcuni problemi”.

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Von der Leyen, ‘Mosca minaccia il voto, siamo vigili’

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L’obiettivo è rafforzare la sua candidatura e costruire una maggioranza più forte possibile, senza disdegnare il dialogo a destra ma con un punto invalicabile: la Russia resta il nemico numero uno dell’Europa. Ursula von der Leyen, in una doppia tappa a cavallo del weekend, prima a Spalato e poi a Roma, fa un passo in più nella strategia elettorale messa in campo per blindare la sua conferma. Un piano che guarda innanzitutto alla composizione dell’Eurocamera che verrà. E’ lì che von der Leyen può cadere ed è sulle ‘new entry’ che a luglio siederanno alla Plenaria di Strasburgo che la presidente della Commissione vuole puntare. A Spalato, in un pomeriggio pre-estivo, von der Leyen inizia a mostrare il suo volto più umano, quello che risponde al logo della sua campagna elettorale, “Ursula 2024”.

La presidente della Commissione e candidata del Ppe, con al fianco il premier croato Andrej Plenkovic e in un secondo momento la prima ministra bosniaca Borjana Kristo, incontra a lungo i giovani supporter del Ppe – in Croazia il partito di riferimento è l’Hzd – e a loro promette un’Europa più sicura e prospera. Poi, con Plenkovic e Kristo fa una lunga passeggiata nel centro storico di Spalato, fermandosi, tra le foto dei curiosi, ad uno dei caffè sul lungomare dalmato. “Colmare la distanza tra il vertice della Commissione e le persone” è uno dei punti chiave della sua campagna. L’ascesa del sovranismo in Croazia è una realtà. L’arrivo di von der Leyen è stato preceduto di poche ore dall’accordo di governo tra il partito di Plenkovic e il Movimento Patriottico, giovane partito dell’estrema destra che, tuttavia nella prossima Eurocamera potrebbe aderire al gruppo Ecr, lo stesso di Fdi. Del resto è lo stesso Plenkovic a confermare l’apertura a destra del Ppe. “Dopo il voto possiamo trovare dei partiti un po’ più a destra ma che possono dare la fiducia ad una maggioranza pro-Ue. Il Ppe è garante per la democrazia e per una maggioranza che sia pro-Ue”, sottolinea. La linea rossa la traccia von der Leyen: “Essere pro-Ue, pro-Ucraina e pro-Nato”. Sul resto, di fatto, si potrà trattare.

Il vero pericolo, per la Spitzenkandidat, è l’ascesa dei partiti che lei definisce “proxy di Putin” e che potrebbero influenzare le scelte della Ue che verrà. “Il comportamento della Russia è una minaccia reale, le interferenze sono numerose. Abbiamo stabilito delle norme che chiedono maggior controllo e trasparenza alle piattaforme. Ma è importante che i cittadini europei siano vigili, siano consapevoli di queste interferenze e che proteggono l’unità dell’Ue”, è l’avvertimento lanciato a meno di un mese dal voto. Un messaggio che, molto probabilmente, von der Leyen reitererà a Roma. Il programma della sua missione in Italia è ancora da definire. Domenica sera sarà ospite di Fabio Fazio a Che tempo che fa. Lunedì sarà con il vice premier Antonio Tajani ad un evento co-organizzato dal Ppe e da Forza Italia. Con la premier Giorgia Meloni nessun incontro ufficiale previsto, visto che von der Leyen arriverà a Roma nelle vesti di candidata del Ppe. Sul sostegno di Meloni, tuttavia, i vertici del Ppe si mostrano di giorno in giorno più ottimisti.

La loro convinzione, nonostante le sortite di Emmanuel Macron e l’ombra di Mario Draghi, è che al Consiglio europeo il supporto ad un von der Leyen-bis sia a portata di mano. Il pericolo è nel Pe, e persino all’interno del Ppe che l’ha tutt’altro che incoronata Spitzenkandidat. Anche per questo a dare una mano a von der Leyen potrebbe essere la carica dei debuttanti. “Gli eletti per la prima volta potrebbero rappresentare il 40%”, è la previsione dello staff del Ppe.

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