Prato, con 598,55 euro, è la provincia italiana con il prezzo più alto per assicurare un’auto nonostante si sia in prima classe di merito. Questo il risultato dell’analisi svolta da Facile.it (www.facile.it) su un campione di oltre 14.000 preventivi di rinnovo RC auto compilati da profili in prima classe di merito nel primo trimestre 2019 attraverso il sito, e relative migliori offerte medie disponibili online. Il dato forse lascia sorpresi, ma anche l’ultimo osservatorio del comparatore aveva evidenziato come i costi sostenuti dagli automobilisti pratesi fossero mediamente superiori del 62,25% rispetto alla media nazionale. Anche se per pochissimo, alle spalle di Prato si trova Caserta dove la migliore offerta disponibile per gli automobilisti in prima classe che vogliono assicurare la propria vettura è in media 595,93 euro; terzo posto per un’altra provincia campana, Napoli, dove l’offerta più bassa è risultata in media 580,62 euro. Napoli può però consolarsi, se così si può dire, con il primo posto nella classifica parallela dei costi Rc auto in prima classe relativa alle sole maggiori città italiane dove svetta su tutte le altre. Tornando a guardare la Top Ten delle province italiane in cui si paga di più nonostante si sia guadagnato il diritto alla prima classe di merito, il quarto posto è occupato da Crotone (501,08 euro); basta scendere di una sola posizione per ritrovare ancora una volta una provincia campana; questa volta Salerno, quinta con un prezzo pari a 468,28 euro.
L’analisi, che ha considerato il profilo tipo di un uomo di quarant’anni che guida un’auto dal valore medio di 10.000 euro, ha visto piazzarsi al sesto posto Reggio Calabria con 450,01 euro. Anche il settimo posto è occupato da una provincia della Campania, Avellino (436,87 euro), che supera di poco la seconda delle province del Nord Italia in classifica, Lucca, dove per la prima classe di merito la migliore offerta disponibile era in media 414,24 euro. Il nono posto ci riporta al Sud e più precisamente a Catanzaro, provincia in cui l’offerta meno cara equivaleva ad una spesa di 407,37 euro. Ultimo posto, nella classifica delle aree in cui la prima classe di merito costa di più, per una provincia laziale: Latina, che con i suoi 398,11 euro rimane comunque al di sotto della soglia psicologica dei 400 euro. Leggendo i dati in ordine opposto, gli automobilisti cui viene riservata la più bassa fra le tariffe disponibili per la prima classe di merito sono, secondo i numeri elaborati da Facile.it, quelli residenti a Belluno che con 168,43 euro superano Aosta, dove il miglior prezzo disponibile arriva in media a 184,18 euro. Medaglia di bronzo per Vercelli (192,90 euro), mentre rimane un gradino sotto al podio Lecco dove il costo sale fino a 202,25 euro. Quinto posto fra le meno care per Pordenone che con i suoi 206,81 euro stacca di un soffio Oristano, sesta con 207,85 euro.
Più care della provincia sarda sono invece quelle di Trento (209,31 euro), Alessandria (211,05 euro), Mantova (212,59 euro) ed Asti (212,71 euro) che chiudono la classifica dei più fortunati. “Il premio che paghiamo per assicurare la nostra auto è determinato da diversi fattori.», spiega Diego Palano, responsabile assicurazioni di Facile.it. «La classe di merito è uno, ma non l’unico. Bisogna anche considerare che le compagnie assicurative possono applicare tabelle di sconto diverse e cercare di premiare maggiormente i clienti che, pur residenti in aree con alti tassi di sinistrosità media, si comportano in maniera irreprensibile. A conti fatti, gli sconti ottenibili da chi è in prima classe di merito in quelle province sono superiori rispetto a quelli ottenibili in aree diverse del Paese”. Facile.it ha poi svolto un focus specifico sulle maggiori città italiane e se, come detto, Napoli con i suoi 580,62 euro è la più cara, la prima classe di merito è risultata abbastanza onerosa anche a Palermo che, sia pure a grande distanza dal capoluogo campano, conquista il secondo posto con 379,79 euro. Terzo posto fra i centri maggiori per Firenze, dove il prezzo è di 368,03 euro e che precede Bari, quarta con 358,92 euro. Quinta in classifica è Roma; nella capitale il miglior prezzo disponibile tramite il comparatore per chi guidava in prima classe di merito era pari a 341,45 euro. Alle spalle della Città eterna troviamo Torino (314,57 euro) che precede Bologna (305,82 euro) e Cagliari (294,69 euro), prima delle grandi province a scendere sotto i 300 euro. Nono posto per Venezia (278,89 euro), decimo ed ultimo per Milano (231,06 euro). Conti alla mano, a parità di profilo una prima classe a Napoli può costare il 151% in più che a Milano.
In tempo di guerre e dazi una “fiera internazionale dell’agroalimentare è un segno di apertura in una fase di chiusura dello scacchiere internazionale”: il presidente di Fiere di Parma Franco Mosconi ha presentato così Tuttofood, in programma da oggi all’8 maggio su una superficie di 150mila metri quadrati nei padiglioni di Fiera Milano Rho con 4.200 espositori, di cui un quarto stranieri, provenienti da 70 Paesi, tremila top buyer internazionali di cento nazionalità diverse e 90 mila visitatori attesi. La manifestazione è il frutto dell’alleanza fra le Fiere di Parma, a cui fa capo l’organizzazione, Fiera Milano e Koelnmesse, la fiera di Colonia dove ogni due anni si tiene una delle principali fiere internazionali del settore Anuga, che si svolge negli anni dispari.
E proprio per alternarsi con Anuga, Tuttofood tornerà anche il prossimo anno e poi si svolgerà sempre negli anni pari. In questo modo sarà alternata anche all’altra grande fiera dell’agroalimentare targata Parma, ovvero Cibus, che sarà una vetrina legata al made in Italy. “Si potrebbe dire che Cibus è l’Italia ma Tuttofood è il mondo” ha sintetizzato l’ad di Fiere di Parma Antonio Cellie, spiegando che l’intenzione è di arrivare ad avere a Milano una metà di espositori stranieri entro il 2028. Di una “vetrina strategica” ha parlato il presidente dell’Emilia-Romagna Michele de Pascale, realizzata facendo sistema e “superando campanilismi”. Una vetrina, ha sottolineato l’assessore lombardo all’Agricoltura Alessandro Beduschi, che potrà sfruttare anche il volano delle Olimpiadi di Milano Cortina. Di una “grande visione industriale per il Paese” parla il presidente di Fiera Milano Carlo Bonomi, ex presidente di Confindustria. Insomma un “successo di sistema che si organizza valorizzando le potenzialità di ciascuno” ha sintetizzato il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
Si tratta di un ulteriore tassello per arrivare a quello che, secondo il presidente Ice Matteo Zoppas, è un obiettivo possibile, ovvero passare dai 70 miliardi di export del settore dello scorso anno a 100 miliardi “in breve tempo”. Certo non manca la preoccupazione per i dazi da parte degli espositori, come ha ammesso Lollobrigida. “I nostri imprenditori sono preoccupati, e ci mancherebbe altro – ha osservato – Una nazione esportatrice è preoccupata da ogni chiusura di mercato”. Però, ha avvisato, la soluzione non può essere “una guerra commerciale con gli Stati Uniti”, non possono essere dazi e controdazi perché “gli Stati Uniti sono un nostro partner indispensabile”. “Il dialogo, non lo scontro è la risposta per garantire il nostro modello commerciale” ha aggiunto, rivendicando il ruolo della premier Giorgia Meloni per favorire la trattativa fra Usa e Unione Europea. A parte questo, resta però un altro grande obiettivo: l’apertura a nuovi mercati. “La sfida di aprire mercati è nella testa di ogni imprenditore ogni mattina e il nostro governo dall’inizio – ha concluso – ha collocato questo fra i suoi obiettivi strategici” .
Il gruppo Otb di Renzo Rosso (foto Imagoeconomica in evidenza) sta considerando di alzare i prezzi dei suoi marchi, da Diesel a Jil Sander, Maison Margiela e Marni, negli Stati Uniti se saranno confermati i dazi di Donald Trump che rischiano di comprimere i margini, già messi a dura prova dal rallentamento degli acquisti. L’idea di quotarsi in Borsa in ogni caso resta d’attualità ma senza fretta. Dopo aver tentato di aggiungere Versace fra i suoi brand il gruppo da 1,7 miliardi di ricavi, fondato e presieduto da Rosso, non smette poi di pensare alle acquisizioni in Italia e all’estero, ma tiene le carte coperte.
Ha da fare i conti con una situazione che non mostra segnali di ripresa da 18 mesi. Non tanto tuttavia da impedire di continuare a investire in sostenibilità e a finanziare le attività della Otb Foundation, alla quale è destinata una percentuale dell’utile operativo. Anche se quest’ultimo cala sono garantite le risorse per permettere di continuare ad appoggiare come nel 2024 380 progetti con un impatto sulla vita 380.000 persone nel mondo. Una panoramica su questi temi è stata fatta alla presentazione del bilancio di sostenibilità di Otb, che l’anno scorso ha tagliato le emissioni totali del 31% rispetto al 2023 e ha portato al 100% l’utilizzo di energia da fonti rinnovabili in Europa e Nord America nei siti gestiti direttamente. I materiali certificati, a partire dal cotone, sono inoltre arrivati al 24% degli acquisti effettuati.
“La sostenibilità per noi è uno state of mind” ha spiegato Rosso sulla quale punta a coinvolgere i 7.000 dipendenti, pur consapevole che “la sostenibilità non costa poco”. Nel frattempo c’è da capire cosa fare coi dazi. “Stiamo valutando negli Usa un possibile incremento dei prezzi dell’8/9% per mantenere i margini”, ha indicato Ubaldo Minelli, amministratore delegato di Otb, parlando di “un quadro normativo ancora in divenire”: “abbiamo fatto qualche simulazione per quello che sarebbe l’impatto per il nostro gruppo in termini di oneri se dopo la moratoria di 3 mesi fossero confermati i dazi. Stiamo valutando brand per brand le possibili azioni da intraprendere per ridurre l’impatto”. Sull’idea di approdare a Piazza Affari, Rosso ha detto che “noi siamo qua prontissimi, quando i mercati saranno pronti noi lo siamo già. Penso sia giusto per la trasparenza, la successione e per avere azienda ancora più solida”. “Comunque non avere debiti, e per il signor Rosso non avere soci, dà una grande libertà anche nella scelta dei tempi” ha sottolineato Minelli.
Bolletta del gas più leggera ad aprile per i clienti vulnerabili e portafoglio dei consumatori un po’ più pieno anche per il nuovo calo dei prezzi del petrolio e dei carburanti dopo che l’Opec+ ha deciso per il secondo mese di fila un aumento della produzione a giugno. Nel consueto aggiornamento mensile l’Arera ha spiegato che con le quotazioni all’ingrosso in ulteriore ribasso rispetto a marzo, il prezzo della materia prima gas è stato di 37,60 euro a megawattora il mese scorso così quello di riferimento per la famiglia tipo, che cioè consuma in media 1.100 metri cubi annui, è stato di 107,92 centesimi per metro cubo, in diminuzione dell’8,1% su marzo. Per la cronaca, oggi il gas ad Amsterdam ha chiuso sotto i 33 euro a Mwh.
Per i clienti vulnerabili, il risparmio all’anno, calcolano i consumatori di Codacons e Unc, è di 105 euro a prezzi costanti per una spesa di 1.187 euro che sommata ai 611 euro all’anno per l’elettricità porta ad una ‘stangata’ di 1.798 euro. Un ribasso ‘scontato’ quello di aprile dice il vice presidente dell’Unione nazionale consumatori, Marco Vignola, spiegando che “con la fine della stagione termica cessano come sempre le speculazioni sul gas”. Rispetto allo stesso periodo del 2021, lamenta però il Codacons, cioè prima dello scoppio dell’emergenza energia, il prezzo del gas risulta ad aprile più alto del 47%, quindi pari a una maggiore spesa di 379 euro a nucleo rispetto a 4 anni.
Vignola chiede cosa aspetta l’Europa a “eliminare il TTf di Amsterdam e il sistema del prezzo marginale che consentono questi extraprofitti vergognosi e di arricchirsi sulle spalle delle famiglie. Sono infatti le cause di questo sistema malato”. L’Italia da parte sua potrebbe ridefinire, aggiunge, “la formazione del Pun (Prezzo unico nazionale) e consentire ad Acquirente unico di riprendere a fare gli acquisti a lungo termine”. Sul fronte del petrolio, il prezzo è sceso fino a quasi il 4% per il West Texas Intermediate (Wti) per ridurre poi la perdita a -2,9% attestandosi a 56,6 dollari al barile. Il contratto sul Brent per luglio è invece arretrato fino al 3,5% per recuperare e vedere un -2,6% a 59,7 dollari al barile. Ribassi che sono la conseguenza della decisione degli otto produttori del cartello guidato dall’Arabia Saudita che hanno stabilito sabato scorso di aumentare a giugno la produzione di altri 411.000 barili al giorno, in una fase nella quale i prezzi sono già ai minimi da oltre tre anni. Anche il costo della benzina scende: il prezzo medio nazionale in modalità self è sceso a 1,704 euro al litro mentre per il diesel self la quotazione è scesa a 1,598 euro al litro.