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Salute

Ricciardi, 11mila morti anno per antibioticoresistenza in Italia

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La resistenza agli antibiotici è una sfida improrogabile che in Italia causa 11.000 morti all’anno; sono circa 70.000 i morti per sepsi, le infezioni correlate. È un dato devastante che vede l’Italia maglia nera in Europa. È nel nostro Paese che si verificano un terzo dei casi di mortalità di tutta l’Unione. “E’ una situazione insopportabile soprattutto perché tutte queste morti possono essere prevenute con un’azione coordinata, strutturata, multidisciplinare, multi-istituzionale. Ma dobbiamo avere la volontà di agire”. Lo ha detto Walter Ricciardi, docente di Igiene Pubblica all’Università Cattolica e presidente di ONsAR alla presentazione del libro bianco sulla situazione in Italia.

Presente lord Jim O’Neill, l’economista britannico che nel 2016 fu a capo del lavoro che lanciò l’allarme della resistenza agli antibiotici, disastrosa causa per la perdita di vite umane e per le finanze dei sistemi sanitari. “A distanza di anni – ha dichiarato O’Neill – possiamo dire che i risultati di quell’allarme non sono quelli sperati. Sono però fiducioso nelle giovani generazioni e nello loro scelte di salute. L’esempio ci arriva dall’America dove hanno grande successo commerciale coloro che vendono prodotti da allevamento o agricoltura senza uso di antibiotici. I modelli virtuosi, anche in Europa, ci sono e arrivano dall’Inghilterra, dalla Danimarca, dalla Scandinavia e anche dai Paesi Bassi, dove le politiche hanno favorito quell’approccio one health responsabile che dovrebbe essere adottato”. Il “Libro Bianco” propone 15 capitoli con dati analizzati e proposte di azioni concrete.

“Oggi migliaia di persone vanno in ospedale sperando di trovare una soluzione ai loro problemi – ha ricordato Ricciardi – e molto spesso ne escono morte”. Ricciardi e lord O’Neill hanno concordato sull’urgenza di trovare strumenti per rilanciare la ricerca su nuovi antibiotici. “La farmaceutica, ha detto O’Neill – avrebbe bisogno del suo Elon Musk, di un visionario capace di intercettare i bisogni innovando al punto da costringere gli altri a seguirlo sul terreno delle esigenze dei cittadini”.

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Covid, l’identikit genetico influenza la risposta al vaccino

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La risposta alla vaccinazione contro Covid-19 è influenzata da caratteristiche genetiche individuali, in particolare da alcuni geni associati al complesso maggiore di istocompatibilità, il sistema attraverso cui l’organismo distingue le componenti proprie da quelle estranee. È quanto è emerso dallo studio coordinato dall’Istituto di tecnologie biomediche del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Segrate (Cnr-Itb) pubblicato sulla rivista Communications Medicine.

“Come per la maggior parte dei farmaci, così anche per i vaccini ogni individuo può rispondere in maniera più o meno efficace e questo è dovuto, almeno in parte, alla costituzione genetica individuale”, osserva Francesca Colombo, ricercatrice del Cnr-Itb che ha guidato lo studio, condotto su 1.351 operatori sanitari vaccinati nei primi mesi del 2021 Dalla ricerca è emerso che le caratteristiche di una porzione del cromosoma 6 erano legati ai livelli di anticorpi anti-Covid. “In questa specifica regione genomica sono presenti dei geni che codificano per delle molecole presenti sulla superficie cellulare, coinvolte nei meccanismi di risposta immunitaria”, aggiunge la prima firmataria dello studio Martina Esposito.

“Questi geni – gli stessi che vengono valutati quando si cerca la compatibilità fra donatori di midollo osseo – sono molto variabili ed esistono differenti combinazioni. Il nostro studio ha evidenziato che alcune combinazioni erano associate a livelli di anticorpi più alti, mentre altre a livelli più bassi”. Per i ricercatori, la scoperta potrebbe consentire di “differenziare e personalizzare la campagna vaccinale, fornendo a ciascun individuo il vaccino più adatto, cioè quello che gli permetterà di produrre più anticorpi possibili”, conclude Massimo Carella, vice-direttore scientifico della Fondazione Irccs Casa Sollievo della Sofferenza, che ha collaborato allo studio.

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Record per raccolta del plasma, ma autosufficienza scende al 62%

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La raccolta di plasma ha raggiunto livelli record nel 2023 in Italia, ma paradossalmente l’autosufficienza di questa componente del sangue è più lontana, a causa dell’aumento della domanda di immunoglobuline. E’ quanto è emerso dalla seconda edizione di “The Supply of Plasma-derived Medicinal Products in the Future of Europe”, il convegno internazionale dedicato al plasma, patrocinato dal ministero della Salute e organizzato dal Centro Nazionale Sangue (Cns), che ha visto a confronto esperti e policy maker, associazioni di donatori e di pazienti ed istituzioni italiane, europee ed internazionali. Secondo i dati ancora preliminari diffusi nel corso del convegno, per quanto riguarda le immunoglobuline, prodotto driver del mercato dei medicinali plasmaderivati, l’Italia nel 2023 ha raggiunto un livello di autosufficienza pari al 62%, inferiore di due punti percentuali all’anno precedente.

L’aspetto paradossale è rappresentato dai dati della raccolta del 2023 che, con i suoi 880mila chili di plasma, frutto delle generose donazioni di circa 1,5 milioni di donatori, ha raggiunto i livelli più alti di sempre per l’Italia. Ad allontanare il nostro Parse dal traguardo strategico dell’autonomia in materia di plasmaderivati è stato un aumento deciso della domanda di immunoglobuline, dai circa 104 grammi ogni mille abitanti del 2022 ai 108 del 2023 (+3,8%). Il dato preliminare è in parte mitigato dall’aumento del livello di autosufficienza in materia di albumina, altro driver del mercato, che è passato dal 72% nel 2022 al 78% nel 2023, grazie anche a un calo della domanda.

L’Italia, che è autosufficiente per quel che riguarda la raccolta di globuli rossi, deve quindi ricorrere al mercato internazionale per sopperire alla domanda di plasmaderivati ed integrare i medicinali, usati anche in terapia salvavita, prodotti a partire dal plasma raccolto a partire da donazioni volontarie, anonime e non remunerate. “La mancata autosufficienza di medicinali plasmaderivati resta un problema strategico per il sistema sanitario nazionale – ha commentato il direttore del Cns, Vincenzo de Angelis -. I dati, per quanto ancora preliminari, confermano la necessità di aumentare la raccolta attraverso azioni di sensibilizzazione rivolte ai possibili nuovi donatori, ma questo non basta. Bisognerà anche razionalizzare la domanda, specie di un prodotto come le immunoglobuline che sta trovando sempre più applicazioni a livello terapeutico. È un obiettivo su cui stiamo già lavorando con tanti partner italiani ed europei, perché il Covid ha dimostrato che, in situazioni particolari e spesso imprevedibili, non sempre il mercato internazionale può rispondere alla domanda dei nostri pazienti”.

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Corona Virus

Covid, ancora calo dei casi e dei decessi

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Continua il calo dei nuovi casi di Covid in Italia e sono in netta diminuzione i decessi. Nella settimana compresa tra il 18 e il 24 aprile 2024 – secondo il bollettino del ministero della Salute – si registrano 528 nuovi casi positivi con una variazione di -1,9% rispetto alla settimana precedente (538); 7 i deceduti con una variazione di -22,2% rispetto ai 9 della settimana precedente. Sono stati 100.622 i tamponi effettuati con una variazione di -6,4% rispetto alla settimana precedente (107.539) mentre il tasso di positività è invariato e si ferma allo 0,5%. Il tasso di occupazione in area medica al 24 aprile è pari allo 0,9% (570 ricoverati), rispetto all’1,1% (700 ricoverati) del 17 aprile. Il tasso di occupazione in terapia intensiva al 24 aprile è pari allo 0,2% (19 ricoverati), rispetto allo 0,3% (22 ricoverati) del 17 aprile.

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