Due giorni di confronto sulla sanità territoriale e non solo: a Caserta, presso il Grand Hotel Vanvitelli, la Fondazione Global Health Ets ha organizzato un’importante iniziativa che mette al centro il paziente. Dopo lo spartiacque del Covid e il filo rosso del congresso, occorre ripartire dalla prevenzione, dal distretto e dalle cure domiciliari per dare un nuovo inizio alla sanità pubblica, quella più vicina alla quotidianità dei cittadini malati e dei pazienti. È necessaria la massima attenzione, soprattutto verso gli anziani, i cronici e i più fragili, puntando sulla prossimità dell’assistenza, sui servizi del territorio e sulle sue potenzialità nell’ambito delle reti clinico assistenziali, attraverso cure modulate sui bisogni dei malati e da rendere così efficaci e ben organizzate da riservare all’ospedale solo l’ultimo tratto del percorso di cura, quando le patologie diventano acute. Un modo, anche, per decongestionare corsie e pronti soccorso da tutto quello che si può curare prima, sul territorio, nei distretti delle Asl, a casa del paziente, agendo sulla leva della prevenzione e delle cure di prossimità.
“Dalla medicina territoriale alle reti clinico assistenziali”, dice Antonella Guida, presidente della Fondazione, “Global Health si pone all’avanguardia nell’esplorare nuovi approcci alla medicina di prossimità. L’evento ha rappresentato un’occasione unica per riunire esperti del settore, operatori sanitari, e professionisti del campo per condividere idee, esperienze e strategie innovative. I professionisti della salute non possono limitarsi soltanto ad esercitare la propria professione, ma sono chiamati a diffondere conoscenza e competenze per l’intera comunità”.
Lo scopo del congresso è stato di approfondire in particolare problematiche e opportunità della medicina territoriale, partendo come dicevamo dalla centralità del paziente, che va sempre considerato come persona, con le sue emozioni, le sue paure, le sue speranze.
“È importante sottolineare le nuove opportunità terapeutiche nella gestione del diabete”, sottolinea Paolo Calabro, professore di cardiologia presso l’università degli studi della Campania Luigi Vanvitelli, “patologia cronica ad alto rischio cardiovascolare; dobbiamo sentirci tutti noi specialisti e medici di medicina generale protagonisti attivi nella gestione di questa condizione cronica complessa”.
“La Campania è l’unica regione”, evidenzia Giuseppe Limongelli, direttore del Centro coordinamento regionale malattia rare della Campania, “che ha un piano regionale dedicato alle malattie rare già dal 2018, ed è pronta a lavorare su un nuovo piano nazionale malattie rare, con l’obiettivo di riorganizzare una rete che coinvolga pienamente sia centri di eccellenza e riferimento, che centri spoke e satelliti sul territorio, dove il paziente inizia e conclude il suo percorso”.
“La nuova medicina territoriale”, argomenta Maria Triassi, Preside della Scuola di medicina e chirurgia dell’università Federico II di Napoli, “offre spunti di riflessione e problematiche. La telemedicina, ad esempio, può essere utile per la misurazione di variabili semplici, come ad esempio la pressione, la glicemia, ma non può certo sostituire il rapporto diretto con il paziente. Stesso discorso per quel che riguarda l’uso delle tecnologie: il robot è un ausilio ma non può certamente sostituire il chirurgo”.