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Spettacoli

Renato Pozzetto, 80 anni col sorriso del comico milanese inventore del non sense

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Renato Pozzetto festeggia i suoi 80 anni. Nato a Laveno sulle rive del Lago Maggiore nel 1940, cresciuto a Gemonio dove i genitori milanesi trovano rifugio durante i bombardamenti alleati, approdato a Milano dopo la fine della guerra, diplomato geometra all’istituto Carlo Cattaneo ritrova sui banchi di scuola Aurelio “Cochi” Ponzoni (anche lui cresciuto a Gemonio) e lo trascina nelle prime esperienze da cabaret: Cochi progetta e inventa, lui ci mette la verve, una vena surreale e il fisico. E’ una coppia che alla lontana rievoca Stanlio e Ollio ed ha subito successo; nel ’64 sono gia’ “Cochi e Renato”. Si esibiscono per la prima volta all’Osteria dell’Oca e dopo, insieme a Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e Lino Toffolo si riuniscono nel “Gruppo Motore” con cui approdano al Derby di Milano. E’ il tempio del nuovo spettacolo, tra underground e gusto pop e qui la televisione cerca i nuovi talenti dell’intrattenimento. In meno di quattro anni Cochi e Renato sono gia’ protagonisti alla Rai con varieta’ come “Quelli della domenica” e, soprattutto “Il poeta e il contadino” (1973). L’anno dopo sono addirittura sul palco di “Canzonissima” che vale per loro come una laurea ad honorem. Il merito e’ anche di Jannacci che con loro scrive motivi popolarissimi come “La canzone intelligente” o “E la vita, la vita”, ma i due ci mettono le facce, la mimica, un modello straniato di comicita’ e sorriso che conquista tutti, giovani e adulti. Rispetto al suo compagno d’avventura Renato Pozzetto fa valere una dimensione propria, un impasto di ingenuita’ e goffaggine assolutamente irresistibile. Sembra Ionesco calato nella vita reale, ma regala emozioni piu’ dirette e immediate che gli aprono le porte del cinema quando Flavio Mogherini gli offre il ruolo del protagonista in “Per amare Ofelia” a fianco di Giovanna Ralli e Francoise Fabian. La parte e’ tagliata su misura per lui con quell’Orlando bamboccione e mai cresciuto, mammone ignaro del sesso alle prese con una prostituta di buon cuore che sapra’ prenderlo per mano verso l’eta’ adulta. Quella di Orlando diventa rapidamente una maschera che Pozzetto indossera’ a piu’ riprese e con mille varianti, perche’ l’uomo e’ intelligente e sa modificare ogni volta il personaggio per intercettare il gusto del pubblico. Lavora con registi affermati (Steno, Cle’ment, Risi, Corbucci, Bolognini, Festa Campanile), a piu’ riprese col suo pigmalione Mogherini e alla fine del decennio si cimenta anche nella regia con “Saxophone” (1978). Tanto la vita pubblica e’ disseminata di comparsate televisive, ritorni al cabaret, perfino exploit sportivi come la prima guida insieme a Riccardo Patrese al giro automobilistico d’Italia e poi una “Parigi Dakar” al volante di un camion, tanto quella privata e’ senza sussulti: nel ‘1967 ha sposato Brunella Gubler che gli ha dato due figli e lo lascera’ vedovo nel 2009. I diversi percorsi artistici lo tengono a lungo lontano dall’amico di un tempo, Cochi Ponzoni, che ha scelto il teatro e al cinema si concede poco. Il “grande freddo” tra i due durera’ a lungo anche se l’amicizia in fondo non viene meno. Per oltre vent’anni Renato sara’ uno dei pochi “nomi sicuri” del divertimento popolare al cinema: basta il suo nome in cartellone (come per Villaggio, Celentano, Abatantuono, Boldi&De Sica) per avere successo e i produttori lo sanno: fino al ’94 lavora al ritmo di due o tre film all’anno e per quattro volte si dirige da solo, per il puro piacere di sviare dai suoi ruoli abituali. Subentrera’ poi un periodo di solitudine e depressione da cui lo fa uscire nel 2000 proprio il vecchio sodale Cochi, anch’egli tornato al cabaret dopo una crisi artistica quasi parallela. I due accettano la “reunion” quasi per sfida nella miniserie tv di Felice Farina a sfondo giallo “Nebbia in Valpadana”. Segue un autentico trionfo a “Zelig” di Canale 5 quando Cochi&Renato scoprono che nessuno li ha dimenticati e che in coppia sanno ancora regalare sorrisi per tutte le generazioni. Da allora i due si ritroveranno piu’ volte pur mantenendo identita’ artistiche divise. Renato ha avuto il suo trionfo al festival di Sanremo dello scorso anno apparendo come super-ospite de Lo Stato Sociale col suo vecchio cavallo di battaglia “E la vita, la vita”. Con la maturita’ e’ diventato un attore completo e misurato, ma quel che fa la differenza e’ quello spiritello balzano e imprevedibile che ne ha fatto il “pierrot lunare” della scena italiana dagli anni ’60 in poi. “Le generazioni mie Teocoli, Boldi, Abatantuono, Villaggio… – ricorda oggi Pozzetto – non le eguagliera’ nessuno. Perche’ noi abbiamo fatto epoca. Con le nostre vite, le nostre abitudini e le nostre tristezze e le nostre tragedie. Perche’ un comico che puo’ far veramente ridere deve “sorbirsi” esperienze di ogni genere. E la bellezza di una faccia che si riconosce e’ proprio questo: se mi riesci a guardare negli occhi ti sentirai a casa, una casa che si chiama “Italiano”… Come le belle cose che si facevano tra il 1960 e il 1990, poi tutto e’ diventato difficile. Ed e’ un peccato, non per me che ho anche l’umbrela, ma piu’ per voi che ridete poco e vi divertite male”.

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Rhianna annuncia il terzo figlio al Gala del Met

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Rihanna ama gli ingressi spettacolari al Met Gala, e oggi ha rivelato di essere incinta del terzo figlio con il rapper A$AP Rocky, uno dei “padrini” dell’evento. La cantante e imprenditrice di 37 anni è stata fotografata con addosso un completo Miu Miu attillatissimo con il pancione ben visibile, stivali al ginocchio coordinati, una stola di pelliccia marrone e un cappello cloche nero, il tutto immortalato in un ritratto pubblicato su Instagram. A$AP Rocky — co-chair dell’evento dedicato al Black dandyism — ha confermato la notizia ai giornalisti che gli hanno fatto le congratulazioni al museo: “Grazie, grazie, grazie – ha detto il rapper -, siamo felici che tutti siano felici per noi, perché noi lo siamo di sicuro”. Rihanna aveva già annunciato una gravidanza in modo spettacolare nel 2023, durante l’esibizione al Super Bowl. Lei e A$AP Rocky sono già genitori di due bambini: RZA, nato a maggio 2022, e Riot, nato nell’agosto 2023.

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Morta a Palermo l’attrice Serena Barone

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E’ morta stamane a Palermo l’attrice Serena Barone. Aveva 64 anni. Il suo nome è legato al Teatès di Michele Perriera e ad altri protagonisti del mondo teatrale come Franco Scaldati, Claudio Collovà, Emma Dante, con la quale ha lavorato anche al cinema: ha interpretato una delle “Sorelle Macaluso” nell’omonimo film della regista. Compagna del critico teatrale Guido Valdini, Barone “era Serena di nome e di fatto – ricorda l’attrice Giuditta Perriera, che ha lavorato con lei in numerosi spettacoli diretti dal padre -. Ironica e dolcissima, s’avventurava nei personaggi rimanendo sempre se stessa e creando un legame fortissimo con tutti. Ne ‘La cantatrice calva’ di Eugène Ionesco faceva la parte di un pendolo, un oggetto, con tutta la serietà che il ruolo e il mestiere richiedevano”. I funerali saranno mercoledì alle 10.30 al cimitero del Rotoli, a Palermo.

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Nicoletta Romanoff: «Ho perso mio fratello, ma la fede mi ha salvata. Oggi sono felice anche nel dolore»

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Dall’apparente vita da principessa alla quotidianità vissuta con concretezza, passando per un dolore profondo che ha segnato la sua esistenza: Nicoletta Romanoff, attrice e oggi anche scrittrice, si racconta in un’intervista intensa al Corriere della Sera in occasione dell’uscita del suo primo libro, Come il tralcio alla vite (Rizzoli).

Una principessa con i piedi per terra

«Sarà che per dieci anni ho fatto ginnastica artistica, avevo un bel portamento… ma mamma mi tagliava i capelli corti e pratici», racconta Romanoff, smontando con autoironia l’immagine di nobile algida. Figlia di Giuseppe Consolo e discendente degli zar di Russia, dice: «Il sangue blu è più culturale che reale. Mio nonno Nicola parlava sempre di storia. Diceva: se non hai letto un libro almeno otto volte, lo hai solo sfogliato».

Il dolore indicibile per la perdita del fratello

Per la prima volta, Nicoletta racconta la morte del fratello Enzo Manfredi, che a 21 anni si tolse la vita nel 1997. «Con lui se n’è andata una parte di me. Avevo 18 anni e 12 giorni. Da allora mi sono sentita divisa». La ferita è ancora aperta: «Non ci sono risposte, ma da quel momento la fede è diventata parte fondamentale della mia vita. Dio è la mia ancora».

Una maternità precoce che l’ha salvata

A soli 19 anni è diventata madre. A 21 ha avuto il secondo figlio. «Mi ha salvata. Mi ha ridato speranza». La maternità ha significato anche rinunce: «Ho detto tanti no. I registi non ti aspettano. Ma non mi sono mai pentita». Anche quando ha rinunciato a un ruolo importante in un film francese con Daniel Auteuil: «C’era troppo eros. Ho pensato ai miei figli».

Il cinema arrivato per caso

Romanoff non cercava il cinema. «Ero a Parigi, volevano modelle alte e magre. Ma mi dicevano: con quella parlantina andrai lontano». E così è stato. Scelta tra 600 candidate per Ricordati di me di Muccino: «Ero talmente preparata da sapere le battute al contrario». Con Gabriele Muccino ha imparato a lasciarsi andare, con Carlo Verdone ha scoperto la leggerezza sul set: «Un maestro gentile».

L’amore, la famiglia, il presente

Conobbe Giorgio Pasotti durante una fiction nel 2004: «Con lui ho avuto mia figlia Maria. È stata una storia importante e voglio proteggerla». Oggi è sposata con Federico, un amore ritrovato dopo trent’anni. «Ci conoscevamo da sempre, i nostri nonni abitavano nella stessa palazzina».

La fede come bussola di vita

«La fede è come mangiare bene e allenarmi. Ci parli con Dio, ti confidi». Un equilibrio interiore costruito anche grazie al dolore, come dopo la perdita recente del padre, morto in mare nel luglio 2024. «Credevo di essere vaccinata alla sofferenza. Ma lo strazio è l’amore che non puoi più dare».

Una felicità costruita anche nel dolore

Oggi Nicoletta Romanoff si dice serena, felice, nonostante tutto: «La felicità la trovi anche nel dolore. Basta saperla vedere nelle piccole cose. E anche la sofferenza, alla fine, si trasforma in amore».

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