Questa è una di quelle storie che non vorremmo mai raccontare. Una storia di violenza e sopraffazione, ancora più drammatica perché compiuta da ragazzini contro un loro coetaneo. È l’8 maggio 2020, parco dei Pini ai Colli Aminei. E’ qui che, alla luce del sole, si consuma l’aggressione di un gruppo di ragazzini, circa dieci, ai danni di Fabio (usiamo un nome di fantasia, ndr). I ragazzi accerchiano Fabio e, a turno, lo aggrediscono con calci, pugni e schiaffi. Ma non finisce qui. Uno di loro riprende con lo smartphone l’aggressione e la divulga nelle chat di Whatsapp.
A spiegarci nel dettaglio ciò che è successo e i motivi di questa becera aggressione è Angelo Pisani, il legale della famiglia del ragazzo. “In una chat c’era stato un battibecco fra la vittima e uno degli aggressori, quel ragazzo bassino che gli tira i calci. In questo battibecco in chat, a seguito di insulti ricevuti, la vittima aveva a sua volta rivolto un insulto all’altro. A questo punto il ragazzino, per vendicarsi, ha organizzato questo agguato con i suoi amici, invitando la vittima ad un incontro nella Pineta ai Colli Aminei, dove di solito si ritrovano i ragazzi. Lì s’è ritrovato di fronte una decina di ragazzi che lo hanno circondato e hanno iniziato uno alla volta ad aggredirlo fisicamente. La vittima, che oltre ad essere una promessa del calcio, è un ragazzo intelligente e che va bene a scuola, anziché indisporli e provocarli, il che avrebbe fatto scattare una reazione ancora più violenta, ha cercato di scusarsi e di disinnescare la polemica; si è limitato a schivare i colpi. Nonostante si scusasse, queste belve, una alla volta, continuavano a dargli pugni, schiaffi e calci, aggredendolo. Essendo un atleta e avendo un fisico abbastanza asciutto, ha resistito a queste lesioni, però l’aggressione è stata comunque violenta”, spiega Pisani.
I genitori di Fabio auspicano “che ciò che è successo a nostro figlio non capiti ad altri ragazzi. Facciamo un appello alle istituzioni: non spegnere i riflettori su quanto accaduto, perché è una cosa gravissima. Noi ci impegneremo al massimo per tutelare nostro figlio aiutandolo a ritornarealla normalità, sperando possa crescere senza ulteriori traumi”.
Abbiamo raggiunto telefonicamente l’avvocato Angelo Pisani, presidente dell’associazione Noi Consumatori e legale della famiglia del tredicenne picchiato da un branco di coetanei. Pisani, senza pensarci due volte, si è offerto di rappresentare la famiglia del ragazzo. A Juorno ha raccontato lo stato d’animo del giovane e quello della sua famiglia, le azioni legali che intende intraprendere, offrendoci inoltre il suo punto di vista sulla rieducazione dei minori e sui modelli, violenti e pericolosi, che troppo spesso ispirano le loro gesta.
Avvocato Pisani, ha avuto modo di parlare col ragazzo dopo l’accaduto?
Sì, al ragazzo ho detto che una parte della società civile si sta organizzando per portargli un dono e per fargli sapere che la gente perbene s’è schierata con lui. Vogliono anche complimentarsi per il comportamento che ha avuto, per come si è districato in quella situazione; è stato bravo ad evitare il peggio. Ha cercato di scusarsi e di disinnescare la polemica. In dieci contro uno basta un calcio dato male, un colpo alla testa e può finire in tragedia.
E i genitori? Qual è il loro stato d’animo?
I genitori sono sconvolti, quasi non riescono a parlare. Si sono resi conto del pericolo che hanno corso e che poteva finire molto peggio. La loro speranza è che questa vicenda non influisca sulla crescita del ragazzo, ma in questo momento si tratta di qualcosa che non possono prevedere.
Cinque dei minorenni implicati sono indagati per minacce aggravate e lesioni aggravate. Lei in quanto legale della famiglia che iniziative intende assumere?
Il tribunale dei minori adesso dovrà occuparsi del recupero e della rieducazione di questi soggetti. Dal punto di vista civilistico noi azioneremo delle cause di risarcimento danni nei confronti dei genitori che in sede civile rispondono dei danni causati dai figli, danni ingentissimi se si considera il trauma provocato alla vittima e ai suoi genitori. Io provocatoriamente vorrei chiedere un milione di euro di risarcimento, non per arricchirci, ma per donarli in beneficienza, e soprattutto per mandare un segnale forte a tutti quei genitori incuranti di ciò che combinano i figli: devono essere responsabili. Il risarcimento deve essere adeguato alla gravità del fatto e alla violenza e alla malvagità di queste persone.
Perché ha scelto di rappresentare questa famiglia?
Appena ho visto il video mi sono immediatamente schierato dalla parte del ragazzo, perché mi ha veramente fatto ribollire il sangue nelle vene. Mi sono vergognato di vivere in una società in cui possono accadere cose del genere. Quando poi ho visto che i genitori di questi ragazzi non intervenivano per scusarsi, quando ho appurato che non c’era stato nessun pentimento, come se si trattasse di un evento normale, allora ho pensato che qualcuno dovesse alzare la voce per evidenziare questa assurdità.
Ritiene che nella nostra società i ragazzi siano esposti a troppi modelli negativi?
Assolutamente sì. Gli stessi aggressori sono vittime di un sistema marcio, pieno di esempi sbagliati come Gomorra; sono vittime dell’ignoranza e del marketing del male. C’è mancanza di cultura e di investimenti nell’educazione e un sovrabbondare di esempi negativi e violenti, in televisione, al cinema, nelle mode e nei linguaggi dominanti. Questo momento di emergenza per il Covid-19, con la chiusura di scuole, parrocchie, oratori, centri sportivi, ha peggiorato ulteriormente la situazione. I ragazzi oggi stanno per strada, e la strada non offre esempi positivi.
Come si eradicano certi comportamenti? Bastano secondo lei pene esemplari per strappare questi giovani ad un futuro di violenza e criminalità?
Da avvocato ritengo che le sanzioni e i provvedimenti che prenderà il tribunale dei minori, siano pene che nel 2020 sono irrisorie ed insufficienti per correggere e rieducare ragazzi del genere, che non sono i sedicenni di cinquanta anni fa. Pertanto credo che l’intera normativa per i minori andrebbe completamente riformata ed adeguata ai nostri tempi. Ci vuole un cambio di marcia. Servono pene esemplari in grado di scoraggiare certi comportamenti, ma ci vogliono anche investimenti seri in cultura, scuola, sport ed educazione civica. Scene come queste sono sempre più all’ordine del giorno, mentre le denunce, per paura di ritorsioni o per vergogna, sono sempre di meno. Non è vero che siamo diventati più buoni dopo il Coronavirus, anzi temo purtroppo che il mondo sia peggiorato.
Ritiene che ci sia stata sufficiente indignazione per la vicenda, oppure ci stiamo ormai assuefacendo alla violenza?
Soltanto dalla parte sana della società c’è stata indignazione, ma non tutti hanno risposto in modo adeguato né hanno espresso la loro solidarietà alla vittima. In molti si sono girati dall’altra parte; qualcuno ha finto di indignarsi. Queste situazioni sono micce pronte ad esplodere, problemi reali che vanno affrontati in modo serio. Stiamo parlando dei giovani, il futuro della nostra società: se crescono così, significa che la società futura sarà peggiore di quella attuale.
Vuole lanciare un appello alla società civile?
L’appello è quello di aprire gli occhi e di schierarsi dalla parte giusta, senza sottovalutare episodi del genere, che sono di una gravità inaudita. E di pretendere dallo Stato investimenti in cultura, scuola, aggregazione civica. Solo ragazzi istruiti e informati possono affrontare con lo spirito giusto ogni tipo di ostacolo e di pericolo. Questo ragazzino s’è salvato perché proviene da una famiglia sana, perché va bene a scuola, ha una cultura, è uno sportivo. Ha saputo fronteggiare nel modo giusto quel momento di pericolo e n’è uscito nel miglior modo possibile. Se al suo posto ci fosse stato ragazzino privo di cultura e di senso civico, forse la tragedia sarebbe stata ancora più grave.
E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.
Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.
Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta
Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.
Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.
Il malore improvviso e le indagini in corso
Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.
Una comunità sconvolta dal dolore
La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».
I precedenti inquietanti della clinica
La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.
La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave
Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.
C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.
Il bisogno di superare le contrapposizioni
Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.
Verso un candidato di compromesso
I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.
L’immagine simbolo della riconciliazione
Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.