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Cronache

Ragazzi scomparsi, il groviglio delle tracce dell’auto

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Tante tessere di un puzzle, che non danno ancora un’immagine certa. E’ il quadro che cercano di mettere insieme gli investigatori che da 76 ore, in un territorio grande come tutto il Nordest, sono sulle tracce di Giulia Cecchettin e Filippo Turetta, i due ex fidanzati 22enni che paiono spariti nel nulla, a bordo della Fiat Grande Punto nera di lui. Un groviglio di segnalazioni, talvolta fasulle, che hanno fatto spostare le indagini prima nel veneziano, tra Vigonovo, dove vive la famiglia di Giulia, e poi Fossò, dove nella zona industriale, in un’ora (le 23) prossima a quella della sparizione, sarebbero state trovate repertate alcune vaste macchie, forse di sangue o comunque di materiale biologico.

Ma niente che abbia permesso di rintracciare i due ragazzi, per i quali i genitori di entrambi oggi hanno lanciato un accorato appello davanti alle telecamere delle tv: “ragazzi contattateci o tornate a casa” ha detto il papà di Giulia, Gino Cecchettin, con accanto i genitori di Filippo, Elisabetta Martini e Nicola Turetta: “non sappiamo dove siano. A chi li vede chiediamo di segnalarli alle forze dell’ordine, o di chiamarci ai numeri pubblicati sui social.

L’auto è la Fiat Punto nera”. Visibilmente provati, il papà e la mamma di Filippo hanno voluto solo aggiungere che il figlio “era del tutto normale in questi giorni, anche l’ultimo giorno che l’abbiamo visto sembrava stare bene”. Per tutta la giornata sono giunte informazioni e notizie contrastanti. Come avviene in questi casi, si sono fatti avanti anche i mitomani, o gente che ha riferito segnalazioni inattendibili, come chi si diceva sicuro di aver visto Giulia a bordo di un treno. Anche chi in queste ore si muove vicino ai genitori dei ragazzi, come un criminologo dell’associazione “Penelope” – che assiste le famiglie di persone scomparse – non ha aiutato a fare chiarezza. A metà pomeriggio era stata diffusa la notizia che la Fiat Punto nera “era ancora in movimento almeno fino alla notte scorsa”.

La vettura, si sosteneva, era stata intercettata l’ultima volta ieri notte, “in uscita o in entrata da un varco elettronico targasystem in una zona dell’alto bellunese”. In realtà i Carabinieri hanno confermato più tardi che l’ultimo avvistamento certo della targa della macchina risale alle 9.07 di domenica 12 novembre, nei pressi della località Ospitale, sulla 58 di Alemagna, nella direzione da Cortina a Dobbiaco. Filippo Turetta risulta essere un grande appassionato di montagna.

Ma quando viene messo un punto sulla carta geografica, gli accertamenti condotti successivamente sul posto non portano a risultati concreti. La Fiat Punto, da sabato notte, è stata segnalata in un parcheggio davanti alla casa di Vigonovo di Giulia, intorno alle 23; poco dopo – in un orario compatibile tra i due paesi che distano 6 chilometri di distanza, a Fossò, nella 5/A Via della zona industriale, dove sono state trovate le presunte macchie ematiche. Nelle ore successive la Fiat Punto è stata catturata dagli occhi elettronici di alcuni comuni della provincia di Pordenone, poi del Trevigiano, infine nell’alto bellunese. Una delle testimonianze chiave dell’inchiesta, ritenuta attendibile, resta quella di un vicino di casa dei Cecchettin, che alle 23.15 circa di sabato ha visto ferma nel parcheggio, a pochi metri dalla casa di Giulia, un’auto corrispondente alla Punto di Turetta.

L’uomo ha sentito urla come quelle di un litigio, e poi ha visto un uomo spingere con violenza una ragazza all’interno dell’auto. Di Giulia, che doveva laurearsi domani, giovedì, a Padova, e del suo ex fidanzato Filippo, al quale mancavano invece alcuni esami nella stessa facoltà di Ingegneria, più nessuna traccia. I Carabinieri non mollano, proseguono ricerche e incrocio di dati come dal primo giorno, decisi a risolvere il puzzle. “Fino a prova contraria, per noi sono vivi” confida un investigatore.

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Marigliano, donna perde controllo della moto e si schianta contro un palo perdendo la vita

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Un tragico incidente si è verificato questo pomeriggio in via Ponte dei Cani, nel comune di  Marigliano, dove una donna di 46 anni, residente a Scisciano, ha perso la vita.

Secondo le prime ricostruzioni fornite dai Carabinieri della sezione radiomobile di Castello di Cisterna e della stazione di Marigliano, intervenuti prontamente sul luogo dell’incidente, la vittima avrebbe perso il controllo della sua motocicletta per cause ancora da accertare. La moto è finita la sua corsa contro un palo della luce, provocando il decesso immediato della conducente.

Il tratto di strada su cui si è verificato l’incidente è stato temporaneamente chiuso al traffico per permettere i rilievi del caso. La salma della donna è stata trasferita all’istituto di medicina legale per l’esame autoptico, mentre la motocicletta è stata sequestrata per gli ulteriori accertamenti tecnici che saranno fondamentali per chiarire la dinamica e le cause esatte del sinistro.

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Gip su ultrà Milan arrestati: gruppo aggressivo e violento

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Si tratta di persone che “frequentano abitualmente lo stadio” e “che sfruttano proprio la peculiare carica intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo organizzato” per agire con una condotta “aggressiva, che rappresenta la cifra distintiva del loro modo di seguire il calcio e la squadra di cui sono supporter”. Così la gip di Milano Teresa De Pascale descrive i tre ultrà, che fanno parte della curva sud milanista, arrestati due giorni fa per aver aggredito, a colpi di sedie e tavolini ma anche a coltellate, un 25enne romeno dopo la partita Milan-Cagliari di sabato sera.

La giudice ha convalidato gli arresti e disposto come misura cautelare i domiciliari per tutti e tre, tra cui Alessandro Sticco, 42 anni, che è nel direttivo della curva milanista così come Luca Lucci, noto capo ultrà, e Christian Rosiello, il cosiddetto “bodyguard” di Fedez, coinvolto come il rapper nel caso del pestaggio al personal trainer Cristiano Iovino dello scorso aprile. Ai domiciliari anche Islam Hagag, 35 anni, e Luigi Magrini, 43 anni, che avrebbe sferrato le coltellato (la Procura chiedeva per lui il carcere). Tutti e tre difesi dal legale Jacopo Cappetta. I tre, spiega la gip nell’ordinanza, hanno fatto “leva sulla peculiare forza intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo numeroso di tifosi” e “non hanno esitato ad aggredire congiuntamente un ragazzo da solo, anche con l’uso di bottiglie e di un coltello, sino a lasciarlo sanguinante riverso in terra, proprio dopo una partita di calcio, quale luogo ed occasione in cui manifestare e sprigionare la propria indole aggressiva e violenta”.

Il 25enne ha messo a verbale che dopo aver visto la partita, “mentre si stava recando al bar” vicino “al punto di ritrovo degli ultras per consumare delle bevande, veniva aggredito senza motivo, inizialmente da due tifosi, che lo spogliavano della maglietta che indossava”, una maglia della curva sud rossonera. E ha aggiunto: “non so dare spiegazioni dell’aggressione. Senza nessun motivo mi hanno tolto la maglietta e mi hanno colpito”. Gli ultrà interrogati oggi dalla gip, invece, hanno raccontato di aver reagito, ammettendo in sostanza i fatti, perché un loro amico della curva era stato colpito in precedenza dal 25enne ed “era a terra sanguinante”.

Per il gip ad aggredire il romeno è stato un “gruppo di 8-9” ultrà, alcuni già identificati e indagati, oltre ai tre arrestati. Il “dettaglio della maglietta del Milan strappata – scrive la giudice – ovvero mai indossata e tolta autonomamente dalla vittima (come riferito dagli indagati), allo stato, non è riscontrato dalla visione delle telecamere, in quanto esse riprendono il soggetto già a torso nudo all’esterno del locale”. Allo stesso modo, “la asserita precedente aggressione posta in essere” dal 25enne, chiarisce la giudice, “allo stato, non risulta riscontrata, non emergendo neppure alcun certificato medico”. Fatti questi che andranno verificati ancora nelle indagini.

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Inchiesta clinica Messina, ai 9 indagati sequestrati 11 milioni

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Nell’inchiesta sulla clinica NeMo Sud e il Policlinico di Messina sono indagati, a vario titolo per peculato e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, Alberto Fontana, 52 anni, ex presidente della fondazione Aurora onlus (che gestiva il centro clinico Nemo Sud a Messina), Giuseppe Laganga Senzio, 47 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico messinese, Mario Giovanni Melazzini, 65 anni, anche lui ex presidente della fondazione Aurora onlus, Giuseppe Pecoraro, 75 anni, commissario straordinario del Policlinico, Paolina Reitano, 64 anni, ex direttrice sanitaria del Policlinico, Marco Restuccia, 60 anni, direttore generale del Policlinico, Giuseppe Vita, 72 anni, medico dirigente dell’unità operativa di Neurologia del Policlinico, l’attuale assessore regionale alla Sanità Giovanna Volo, 68 anni, ex direttore sanitario dell’ospedale universitario, Michele Vullo, 68 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico. Giuseppe Vita, Mario Giovanni Melazzini, Alberto Fontana, Giuseppe Laganga Senzio hanno la misura cautelare del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare impresa in ambito sanitario.

Per tutti e nove gli indagati ciascuno pro quota, è stato disposto il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, per l’importo complessivo di 11 milioni di euro, pari ai fondi pubblici distratti. L’ordinanza delle misure cautelari è stata firmata dal gip Claudia Misale.

Tutti gli indagati sono da considerare innocenti fino al terzo grado di giudizio.

 

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