Era l’udienza più attesa. E non ha deluso le aspettative per chi crede strenuamente nell’innocenza di Beniamino Zuncheddu, l’ex allevatore di 59 anni di Burcei, da 33 anni in carcere, condannato in via definitiva all’ergastolo per un triplice omicidio avvenuto in Sardegna l’8 gennaio del 1991, quando sui monti di Sinnai vennero uccisi tre pastori e una quarta persona rimase gravemente ferita. La svolta nel processo di revisione in corso davanti ai giudici della Corte d’appello di Roma è arrivata proprio dalla testimonianza dell’unico sopravvisuto di quella strage, Luigi Pinna. Dopo un’ora e mezza di racconto, a tratti drammatico, il teste-chiave ha ammesso: “Prima di effettuare il riconoscimento dei sospettati, l’agente di polizia che conduceva le indagini mi mostrò la foto di Beniamino Zuncheddu e mi disse che il colpevole della strage era lui. È andata così”.
“Ho sbagliato a dare ascolto alla persona sbagliata”, ha aggiunto. “Penso che quel giorno a sparare furono più persone, non solo una – ha poi chiarito – Con un solo fucile non puoi fare una cosa del genere”. Il superstite, contraddicendosi varie volte, ha quindi affermato che il killer “aveva il volto travisato da una calza”, la stessa ricostruzione che aveva fornito quando venne soccorso, ritrattando però 40 giorni dopo quando disse di aver riconosciuto Zuncheddu. Una testimonianza carica di emozione tanto che in varie occasioni Pinna ha detto: “Non ce la faccio più, sto impazzendo, vorrei morire. In questi anni sono stato minacciato varie volte”. La testimonianza dell’unico sopravvisuto della strage di Sinnai in località Cuile is Coccus, dà corpo ai sospetti del suo difensore, l’avvocato Mauro Trogu, ma anche dell’allora pg di Cagliari Francesca Nanni: la prova regina all’origine della condanna a vita di Zuncheddu è falsa. E su questo, con la necessità di ulteriori approfondimenti, si è basata la richiesta che ha portato al processo di revisione. Tutto è nato dalle intercettazioni di un colloquio avuto in auto tra Pinna e la moglie dopo la convocazione del superstite in tribunale a Cagliari.
Al centro del colloquio alcuni dubbi sul riconoscimento da parte di Pinna di Zuncheddu quale responsabile del triplice omicidio. Poi la foto mostrata in fase di indagine, quella stessa foto che oggi il teste chiave ha ammesso che gli era stata fatta vedere dall’agente di polizia che si stava occupando delle indagini, Mauro Uda, prima del colloquio con il pm. Anche oggi l’udienza è stata seguita dai sostenitori dell’innocenza di Zuncheddu con sit-in fuori dal tribunale a Roma: i familiari, molti esponenti del Partito radicale, la garante dei detenuti in Sardegna Irene Testa. “Chi sa deve parlare – ha detto la sorella dell’imputato, Augusta, prima dell’inizio del dibattimento -. Beniamino non c’entra niente con questa storia, è innocente. Lotterò fino all’ultimo respiro per ottenere la sua scarcerazione”.