Quincy Delight Jones jr è un giovanotto di 85 anni suonati. È sull’isola d’Ischia per partecipare al Global film & Music festival, appuntamento estivo fisso del cinema hollywoodiano. Definirlo artista universale è quasi un eufemismo. Ha attraversato due secoli, due millenni, miti, mode, musiche che cambiano, incidendo come pochi nei mondi difficili della musica, della discografia e della cinematografia. Quincy Jones è la musica nera afro-americana. Il suo sodalizio artistico con il mitico Ray Charles ci ha consegnato pagine memorabili di musica jazz e fusion. Ebbene, quest’uomo nero come la pece, gli occhi da furbo e il sorriso sornione eternamente stampato sulle labbra, ha ancora progetti importanti per il futuro. Progetti a lunga gittata. Si sente un immortale, come spesso dice ai giornalisti che lo tampinano anche in Italia. Uno di questi progetti l’ha annunciato ad Ischia, tra un buon bicchiere di vino rosso e le delizie cucinate dallo chef Ciro Calise del ristorante La Lampara del Miramare e Castello, dove Quincy è stato premiato dal patron del festival Pascal Vicedomini, con il premio William Walton Music Legend Award per i suoi 60 anno di carriera.
Quincy ora vuole raccontare la storia del cinema Usa con gli occhi e dalla parte degli afroamericani. “American film: the black experience” è questo il nome del nuovo progetto annunciato da Quincy Jones sull’isola d’Ischia. Si tratta di un documentario che realizzerà insieme a Cheryl Boone Isaacs, produttrice ex presidente degli Oscar e oggi alla guida della 16esima edizione del Global festival.
Al giornalista del the Hollywood Reporter che lo ha intervistato a Ischia, chiedendogli ragguagli sul documentario da girare sui miti del cinema nero, Quincy ha spiegato che “si tratta di far emergere le storie, i retroscena dei neri approdati nel mondo dello spettacolo, del cinema, della musica o della televisione americana. Sono spesso storie bellissime di impegno, di enorme sacrificio, di successo ma anche di sconfitte, di crescita culturale e intellettuale degli Usa grazie a noi afroamericani” ha detto. La serata ischitana del mito della musica nera è poi scivolata via a tavola con amici italiani di una vita come Tony Renis, col quale ha condiviso alcuni ricordi simpatici e vivaci, come quando capitava spesso di “frequentare il mio amico ex primo ministro italiano Silvio Berlusconi a Los Angeles. Con lui mi divertivo un sacco”. L’altro ricordo, quello d’infanzia, che l’ha segnato dal punta di vista artistico, è stato quello di Little Ray, così chiama Ray Charles. “Ray abitava vicino casa mia ed era mio compagno di giochi e assieme abbiamo cominciato a suonare. Con lui ho fatto un pezzo di strada importante”. Così come ha raccontato l’amicizia con “quel matto di Frank Sinatra. Pensa – spiegava Quincy Jones a Tony Renis a tavola – che Frank beveva sette doppi Jack Daniels all’ora e fumava quattro pacchetti di sigarette al giorno”. Malgrado i suoi 85 anni, la sua voce è ancora inconfondibile. Quincy Jones si è lasciato trascinare dalla musica durante la serata al Miramare e Castello sulle note di “We are the world”, circondato da Matteo Garrone e Marcello Fonte, regista e attore dell’anno con “Dogman” e da Veronica Bocelli. Festeggiato anche da Clementino che ha rappato per la leggenda della musica. Jones non si è sottratto alla festa ed ai flash dei fotografi e dei fans. Pochi giorni fa arrivato all’aeroporto di Fiumicino si è seduto ad uno dei pianoforti allestiti da Aeroporti di Roma. Ha invitato accanto a se Alfredo Rodriguez, il talentuoso pianista e compositore cubano, scoperto proprio da Quincy Jones al Festival di Montreaux. Insieme hanno improvvisato una suonata jazz. Accanto ai due artisti si è radunata una piccola folla di passeggeri ed operatori aeroportuali che ha tirato fuori i telefonini per riprendere l’improvvisazione musicale della leggenda della musica che nei giorni scorsi ha anche partecipato all’Umbria Jazz