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Esteri

Problemi tecnici, Twitter rovina la ‘festa’ a DeSantis

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La festa di Ron DeSantis rovinata dai problemi tecnici di Twitter. L’atteso annuncio per le presidenziali Usa del 2024 inizia con quasi mezz’ora di ritardo e dopo diversi falliti tentativi a causa dei server in difficoltà per l’elevato numero di collegamenti a Twitter Space. Problemi subito cavalcati da Donald Trump: il lancio è stato un “disastro così come lo sarà la sua campagna”, dice l’ex presidente sul social Truth. Diversi siti americani titolano “Desaster”, giocando sul nome del governatore della Florida. E anche la campagna di Joe Biden ironizza sui malfunzionamenti. L’evento con Elon Musk sarebbe dovuto iniziare alle 18. Tutto era pronto per un avvio puntuale ma nonostante i ripetuti tentativi di Musk, il conduttore d’eccellenza, DeSantis è riuscito ad annunciare la sua candidatura solo alle ore 18:26: “Corro per guidare il grande ritorno degli Stati Uniti. Sappiamo che il nostro Paese è nella direzione sbagliata, lo vediamo con i nostri occhi e lo sentiamo nelle nostre ossa”. Ventisei lunghissimi minuti di ritardo durante i quali Musk ha cercato più volte di avviare l’intervista, ma senza esito.

“Quanto accaduto è stato sfortunato”, ha detto il miliardario che ha incassato molti complimenti dai repubblicani presenti su Twitter Space per essere un paladino del primo emendamento. Una volta presa la parola DeSantis ha illustrato a grandi linee la sua strategia, tracciando anche alcune differenze chiare rispetto a Trump ma anche a Biden. “Sarò energico”, dice rimarcando indirettamente la differenza di età con i due sfidanti. “Mantengo le promesse e anche i miei critici lo sanno”, risponde a chi gli chiede assicurazioni sulla sua azione rispetto chi invece si limita a twittare. Il muro al confine con il Messico lo “faremo. Mobiliteremo tutte le risorse per farlo”, aggiunge in quella che appare una frecciata a Trump. Sul fronte dell’immigrazione il governatore della Florida si impegna al pugno duro: “Nessuno ha il diritto di arrivare nel nostro Paese illegalmente”, osserva difendendo tutte le sue politiche attuate in Florida, Stato – spiega – divenuto esempio di quello che i repubblicani possono fare. “In Florida nessun libro è vietato. Sono per l’istruzione ma non per l’indottrinamento a scuola”, mette in evidenza schierandosi contro la “politicizzazione del clima” e a favore dell’indipendenza energetica americana.

“Non vogliamo essere come la Germania”, dice. Sul fronte della politica estera individua nella Cina la “maggiore minaccia geopolitica. Serve robusta relazione con Giappone, India e Australia”, dice. Sull’Ucraina spiega di non voler un allargamento del conflitto e tantomeno un coinvolgimento delle truppe americane. Le sue ultime battute le riserva a chi gli chiede dei possibili soprannomi che gli saranno affibbiati a breve da Trump. Con un grande sorriso in volto si dice incurante di come sarà soprannominato nei prossimi giorni, l’importante è che venga chiamato a un certo punto “vincitore”. Perché, è la sua convinzione, se “otterrò la nomination vincerò le elezioni: potete sincronizzare gli orologi”.

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Esteri

Verso Consiglio Nato-Ucraina per rafforzare rapporti

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Che fare con l’Ucraina? Il dilemma sta sul tavolone del Consiglio Atlantico, diviso su quanto in là spingersi nell’aprire all’ingresso di Kiev nella Nato. Volodymyr Zelensky, ospite d’onore del summit dei leader alleati di Vilnius, ha fatto capire di non essere disposto a presentarsi solo per la fotografia di rito ma di attendersi passi concreti. Una parte dell’est Europa spinge per assicurare all’Ucraina un chiaro cronoprogramma, gli Usa e la Germania invece guidano il campo dei cauti, con Londra impegnata in una mediazione.

Ecco dunque spuntare l’ipotesi di creare il Consiglio Nato-Ucraina come opzione di compromesso per rafforzare i legami in vista di una futura (reale) adesione all’Alleanza. Si parte da una constatazione. Nessuno, tantomeno Kiev, reputa realistico lo scenario di aprire i protocolli di accesso a guerra in corso. Dunque si tratta d’immaginare il futuro andando però oltre – è la posizione dei ‘falchi’ – il linguaggio già usato a Bucarest nel 2008, ovvero promesse senza fatti concreti. Diversi alleati lo reputano un approccio prematuro: prima deve finire il conflitto e poi, a bocce ferme, si stabilirà il da farsi. Anche perché – spiega una fonte diplomatica – al momento non si può prevedere “che piega prenderà”, quando sarà, l’atteso negoziato di pace tra Ucraina e Russia ed è meglio lasciare “la lavagna pulita”.

Kiev, è il ragionamento, procederà con la controffensiva, proverà a strappare più territorio possibile alle forze occupanti di Mosca, e il Cremlino a quel punto, a seconda di come si svilupperanno le cose sul campo di battaglia, prenderà in considerazione “varie opzioni negoziali”. Ma un’altra linea di pensiero sottolinea come l’Ucraina, al di là del Cremlino, sta diventando la nazione “meglio armata d’Europa” con un esercito – e una società civile – induriti dal fuoco della battaglia. È dunque nell’interesse dell’Occidente “legare saldamente Kiev alle proprie istituzioni” e accompagnarne lo sviluppo democratico. L’opzione del Consiglio Nato-Ucraina è vista come il vero ‘derivable’ del summit di Vilnius – ovvero risultato concreto, nel gergo diplomatico – e per Kiev si tratterebbe di un “upgrade” rispetto all’attuale Commissione. Non sono solo parole.

Il Consiglio permetterebbe all’Ucraina di prendere parte in modo molto più stretto ai lavori dell’Alleanza e di essere partecipe del suo sviluppo e indirizzo. Dunque una prima integrazione politica, che accompagni il piano di assistenza militare pluriennale in via di approvazione, chiamato a rendere “pienamente interoperabili” le forze armate ucraine con quelle Nato. Questa opzione sanerebbe allo stesso tempo un paradosso. Al momento, infatti, il formato della Commissione Nato-Ucraina resta a un gradino inferiore del Consiglio Nato-Russia, che per quanto inattivo per ovvie ragioni non è mai stato formalmente ripudiato da nessuna delle due parti.

“È quantomeno curioso – sottolinea un’altra fonte – che l’Alleanza mantenga questo strumento con la Russia e non l’accordi all’Ucraina, dopo tutto quello che è successo e il sostegno militare-politico senza precedenti che ha ricevuto”. A Oslo la prossima settimana i ministri degli Esteri alleati saranno chiamati a limare le posizioni e a convergere verso il compromesso: la strada dalla Norvegia alla Lituania s’è fatta ormai breve.

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Scagionate in Usa 12 persone accusate di stregoneria 400 anni fa

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 Il Connecticut ha scagionato dodici persone, nove donne e due uomini, condannate per stregoneria quasi 400 anni fa, di cui undici impiccate dopo un processo farsa. Lo riportano i media americani. L’assemblea dello Stato Usa ha adottato una risoluzione che proclama la loro innocenza e denuncia le condanne come un “errore giudiziario”. La decisione arriva alla vigilia del 376esimo anniversario della prima impiccagione per stregoneria quella di Alice Young, nel New England. Centinaia di persone, per lo più donne, furono accusate di stregoneria in quello e in altri Stati nel XVII secolo, in particolare durante i famosi processi di Salem, Massachusetts, tra il 1692 e il 1693.

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Esteri

Centinaia di tedeschi devono lasciare la Russia, ritorsione per le espulsioni dalla Germania

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Centinaia di dipendenti pubblici tedeschi che lavorano nei settori dell’istruzione e della cultura dovranno lasciare la Russia in seguito a una richiesta di Mosca, ha dichiarato all’Afp una fonte del governo tedesco. Il personale diplomatico e e i dipendenti di istituzioni pubbliche come l’organizzazione culturale Goethe Institute e la scuola tedesca di Mosca dovranno lasciar la Russia entro l’inizio di giugno. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, lo spionaggio russo in Germania è cresciuto a un ritmo raramente eguagliato negli ultimi anni, secondo i servizi di sicurezza tedeschi.

A metà aprile, la Germania ha espulso un certo numero di diplomatici russi “per ridurre la presenza dei servizi di intelligence”, provocando la reazione di Mosca che ha espulso una ventina di dipendenti dell’ambasciata tedesca. Nella primavera del 2022, la Germania aveva già espulso circa 40 diplomatici russi che Berlino riteneva rappresentassero una minaccia per la sua sicurezza. Lo scorso ottobre, il capo dell’agenzia tedesca per la sicurezza informatica, Arne Schoenbohm, è stato licenziato dopo che le notizie hanno rivelato la sua vicinanza a una società di consulenza per la sicurezza informatica che si ritiene abbia contatti con i servizi segreti russi. Un mese dopo, un ufficiale della riserva tedesca è stato condannato a una pena detentiva sospesa di un anno e nove mesi per aver spiato per la Russia.

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