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Politica

Premier avverte i ministri, si deve comunicare meglio

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Mentre in Consiglio dei ministri Maurizio Leo dipanava i risvolti tecnici del decreto sul redditometro, Giorgia Meloni ha cercato di tagliare corto. “Ormai il pasticcio comunicativo è fatto”, il senso delle sue parole, come racconta uno dei partecipanti. Dopo la sospensione repentina del provvedimento, “se ne riparlerà più avanti”, avrebbe chiarito la premier, avvertendo però che si doveva comunicare “meglio e prima”. E poco importa se, come sottolineato dal viceministro dell’Economia, il suo decreto colmava un vuoto normativo e avrebbe avuto risvolti positivi eliminando aspetti “vessatori” della normativa vigente. Se ne rallegrano gli alleati, che in questi giorni hanno sbattuto i pugni nel nome della “maggiore collegialità”.

Il tentativo ora, con le ultime settimane di campagna elettorale da affrontare, è di spazzare dalla discussione pubblica un tema che, per dirla con un ministro, “genera allarme solo a sentire la parola redditometro”. A meno di venti giorni dalle Europee, evitare nuove trappole è l’imperativo. Anche per questo nei partiti di centrodestra si stanno studiando attentamente le 17 pagine della memoria depositata da Giovanni Toti ai magistrati di Genova e resa pubblica. Un messaggio diretto anche agli alleati, secondo la convinzione diffusa nella coalizione, un modo per dire che le sue azioni erano anche nell’interesse politico del centrodestra. Una conferma – è la seconda parte del ragionamento – che il governatore della Liguria non intende dimettersi. La moral suasion da Roma proseguirà, ma l’intenzione è che una svolta potrebbe arrivare dopo la decisione sulla conferma o meno degli arresti domiciliari.

Su Toti è calato “il silenzio degli indecenti”, ha ironizzato Elly Schlein a Trento, seduta sulla stessa poltrona dove un’ora prima si era accomodata Meloni. Il premierato, “è una riforma necessaria in Italia” e “o la va o la spacca: ma nessuno mi chieda di scaldare la sedia o stare qui a sopravvivere”, ha detto a un certo punto la leader di FdI nell’intervista con Maria Latella. Parole che hanno richiamato alla memoria quelle con cui nel 2016 Matteo Renzi collegò l’esito del suo referendum costituzionale al suo destino a Palazzo Chigi. Chi conosce il pensiero di Meloni suggerisce di non dare letture simili all’espressione più colorita del solito.

Ma è chiaro che la premier si gioca molto sulla “madre di tutte le riforme”. Nell’immediato il focus è sui prossimi provvedimenti: in vista delle riunioni del Consiglio dei ministri prima delle Europee (mercoledì prossimo e lunedì 3 giugno) si lavora per definire il disegno di legge costituzionale sulla separazione delle carriere e per il decreto legge per ridurre le liste d’attesa nella sanità. L’unica vera misura bandiera per ora la può sventolare Matteo Salvini, il salva-casa appena approvato. Questo decreto, assieme alla candidatura di Roberto Vannacci, pensata per pescare nell’ampia platea degli astensionisti, sono carte per provare a spuntarla nel testa a testa con Forza Italia, con i sondaggi interni che danno i due partiti grosso modo appaiati all’8-9%. Le schermaglie da giorni sono continue, e non solo sulle alleanze europee. Radio Libertà, l’emittente vicina alla Lega, ha tirato fuori il video di un senatore azzurro, Claudio Fazzone, che giorni fa in un evento elettorale attaccava Salvini, escludendo che sarebbe stato approvato il salva-casa. Il via libera in Cdm, la conclusione dell’articolo sul sito della Radio, “è la migliore risposta a chi – a furia di pensare dolcemente al bellicista Macron e ai socialisti – ha perso il contatto con la realtà e dimentica uno dei grandi insegnamenti di Silvio Berlusconi: contro le sinistre, il centrodestra dev’essere unito. Altro che insulti agli alleati…”.

Il leader leghista non ha ottenuto di inserire nel salva-casa anche la norma sui grattacieli. Il suo auspicio di un emendamento bipartisan in fase di conversione (il tema interessa anche il sindaco di Milano Beppe Sala, e quindi c’è una spinta anche dai dem lombardi) per ora, raccontano in ambienti dell’esecutivo, si scontra con un freno arrivato dai piani alti del governo: non può essere un liberi tutti e le modifiche dovranno essere contenute. Anche perché, considerando quelli in arrivo, in Parlamento si profila un ingorgo di decreti. “O si saltano le ferie – osservano le stesse fonti – o si rischia di non approvarli”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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