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Piantedosi, nessun dossieraggio dalle questure

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Nessun dossieraggio dalle questure. Dopo la smentita dei giorni scorsi arrivata da Catania, interviene anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per escludere che il video che ritrae la giudice Iolanda Apostolico a una manifestazione del 2018 per chiedere lo sbarco dei migranti bloccati sulla nave Diciotti, postato da Matteo Salvini sui social, sia stato dato “da chi legittimamente monitora le manifestazioni pubbliche a scopi che sono quelli di avere un panorama di informazioni che deve essere utilizzato secondo la legge”.

Il ministro – che mercoledì riferirà sul caso durante un question time in Commissione Affari costituzionali alla Camera – si duole che l’accusa di dossieraggio venga reiterata perchè è il segnale di “un pregiudizio verso le Questure e il sistema di polizia che non credo meritino”. È ora certo che sarà una procura siciliana, quella di Catania o più probabilmente quella di Messina, a far luce sull’origine del video che ha infiammato la polemica politica sulla giudice che per prima ha disapplicato il decreto Cutro, non confermando il trattenimento di quattro migranti nel Centro di permanenza per il rimpatrio di Pozzallo.

Video che è alla base della richiesta di dimissioni della magistrata da parte soprattutto della Lega e sul quale l’opposizione, temendo un’operazione di dossieraggio, chiede da giorni chiarimenti per sapere chi lo ha girato e come sia finito nelle mani del vicepremier e ministro dei Trasporti Matteo Salvini. La certezza che a occuparsene saranno i pm siciliani viene dalla decisione della procura di Roma di spogliarsi dell’esposto presentato dal leader dei Verdi Angelo Bonelli, in cui si ipotizza la violazione del segreto d’ufficio da parte di un pubblico ufficiale. Dal nuovo procuratore generale di Catania, Carmelo Zuccaro, arriva intanto un altolà al clima da caccia alle streghe che si è scatenato contro Apostolico. Parole che sembrano anche una difesa della magistrata.

“Qualunque linciaggio è sempre da deprecare, quindi immagini se posso approvare il linciaggio nei confronti di un magistrato che fa il proprio dovere” è la risposta a una domanda ad hoc dei giornalisti sulla bufera che ha investito la magistrata. Ma sul video che la riprende alla manifestazione Zuccaro resta abbottonato: “non posso anticipare dei giudizi”.

I pm romani dunque trasmetteranno le carte per competenza ai colleghi siciliani, dopo che un carabiniere si è attribuito la paternità del filmato – riferendo di averlo girato con il proprio telefonino e condiviso in una chat con amici e colleghi – e i suoi superiori hanno segnalato il caso alla procura di Catania. La denuncia di Bonelli finirà in un fascicolo aperto a modello 45, ossia senza indagati e ipotesi di reato e poi sarà inviata. Difficile però che l’inchiesta possa radicarsi alla procura di Catania, che secondo un’indiscrezione di Repubblica ha già aperto un fascicolo sul video del carabiniere, anche in questo caso senza l’iscrizione di alcun nominativo nel registro degli indagati.

La ragione è che la giudice Apostolico potrebbe essere una potenziale parte lesa e in questa ipotesi gli atti dovrebbero essere necessariamente girati a Messina, competente a giudicare i procedimenti che riguardano i magistrati catanesi. Sul carabiniere al momento non sarebbe stato aperto nemmeno un procedimento disciplinare, a quanto trapela dall’Arma, che valuterà se procedere nei suoi confronti solo all’esito dell’eventuale esercizio dell’azione penale.

La prossima settimana comincerà al Csm l’esame della richiesta di 13 togati di aprire una pratica a tutela di Apostolico per gli “attacchi” ricevuti da autorevoli esponenti della maggioranza e del governo dopo il suo provvedimento. Per l’apertura della pratica è richiesto il voto della maggioranza della Commissione, 4 voti su 6. Un traguardo che potrebbe essere raggiunto dai proponenti – tre di loro siedono in Commissione- se al loro via libera si aggiungerà quello del laico M5s Michele Papa.

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Folla commossa a Santa Maria Maggiore per salutare Papa Francesco

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All’alba, una lunga coda si era già formata davanti alla Porta Santa della basilica di Santa Maria Maggiore, dove è sepolto Papa Francesco. Ad aprire i cancelli, alle 7 in punto, è stato il rettore della basilica, il cardinale Rolandas Makrickas, che con emozione e un sorriso ha accolto i primi fedeli. Un’affluenza straordinaria che testimonia l’enorme affetto verso il Pontefice che ha scelto come ultima dimora il cuore multietnico dell’Esquilino.

Trentamila fedeli in poche ore

Alle 14, i visitatori erano già 30mila, e si prevede che a fine giornata possano raddoppiare. Famiglie, religiosi, scout e cittadini da ogni parte del mondo hanno reso omaggio a Francesco, il Papa dei poveri e della semplicità. La gente dell’Esquilino si è stretta attorno alla basilica, orgogliosa di avere come “vicino di casa” un Pontefice amato universalmente.

Le testimonianze di una devozione senza confini

Tra i tanti fedeli, Maria arrivata da Agrigento ha sottolineato la semplicità della tomba, specchio dello stile di Francesco. Florentine, da Grenoble ma originaria del Benin, ha parlato di una “grande emozione”. Roberto, romano e ateo, ha ricordato una frase che lo aveva colpito: «È meglio vivere da ateo che vivere da cristiano e parlare male degli altri». Dalla Finlandia, Sinika ha definito Francesco “il miglior Papa che i poveri possano avere”, fiera di indossare una maglietta con il suo ritratto.

Il ricordo che si fa simbolo

Nel quartiere, il volto di Francesco campeggia tra le vetrine, mentre striscioni di ringraziamento spuntano sui palazzi. Nella basilica, intanto, le celebrazioni liturgiche si alternano alla lunga processione dei fedeli: messe solenni, canti e l’omaggio di oltre cento cardinali. I tempi di attesa sono lunghi, ma il desiderio di sostare anche solo pochi secondi davanti alla lapide di “Franciscus” è fortissimo.

Roma prepara un afflusso senza precedenti

La fila continuerà oggi fino alle 22 e riprenderà domani mattina. Il sindaco Roberto Gualtieri ha annunciato una pianificazione straordinaria per gestire l’enorme afflusso di pellegrini: «Mercoledì ci sarà una riunione in Prefettura per organizzare al meglio l’accoglienza». Intanto, la rosa bianca – fiore caro a Francesco per la sua devozione a Santa Teresina – è diventata il simbolo silenzioso di questo tributo d’amore.

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Referendum e regionali, la sfida delle opposizioni

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Per le opposizioni, le regionali saranno il “test prima delle politiche”. La definizione è del presidente Pd Stefano Bonaccini. La tornata d’autunno, quindi, come un esame di compattezza, come una prova di forza per vedere se nel 2027 il centrosinistra potrà evitare il Meloni bis. Al voto andranno: Marche, Veneto, Campania, Puglia, Toscana e Valle d’Aosta. Le prime due sono governate dal centrodestra, le altre dal centrosinistra. Qualche mese prima, l’8 e 9 giugno, ci sarà un altro esame: i cinque referendum su lavoro e cittadinanza. Le opposizioni si stanno spendendo anche per quelli, specie Pd, M5s e Avs, mentre i centristi sono meno partecipi. Già raggiungere il quorum del 50% dei votanti farebbe ben sperare il fronte dei sostenitori dei “sì”.

In vista delle regionali, per il momento il lavoro dei partiti d’opposizione è orientato soprattutto alla definizione delle coalizioni. L’obiettivo della segretaria Pd Elly Schlein è rodare lo schieramento, nell’auspicio che sia il più largo possibile e che si presenti nel maggior numero possibile di Regioni. Sui nomi dei candidati i giochi sono fatti solo nelle Marche, dove per la carica di governatore corre l’eurodeputato Pd ed ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci: l’alleanza è in via di costruzione, ma c’è la speranza che alla fine possa comprendere sia il M5s sia i centristi. In Puglia dovrebbe essere in campo l’altro eurodeputato Pd ed ex sindaco di Bari Antonio Decaro. L’accoppiata Pd-M5s parte in discesa, visto che ha già fatto le prove con la giunta ora guidata da Michele Emiliano.

In Toscana, il trascorrere del tempo fa crescere le quotazioni di una ricandidatura del governatore uscente Eugenio Giani, del Pd, già alleato a Iv, che auspica di imbarcare anche M5s e Avs. Mentre Azione ha già dato il suo placet. Giochi aperti in Campania, dove Pd e M5s stanno lavorando al candidato, che potrebbe essere l’ex presidente della Camera Roberto Fico. In ballo c’è anche l’attuale vicepresidente di Montecitorio Sergio Costa.

Entrambi sono del M5s. Fico sembra favorito, anche se per adesso è “bloccato” dal limite dei due mandati: la Costituente del Movimento ha dato indicazione di togliere il vincolo, ma ancora devono essere definiti i criteri, che dovranno passare la vaglio del voto degli iscritti. Sembrava che la chiusura dell’iter potesse arrivare prima di Pasqua. I tempi, comunque, dovrebbero essere maturi. Resta in ogni caso da capire quali saranno le indicazioni del governatore uscente Vincenzo De Luca. Partita aperta in Veneto, dove il centrosinistra è alla ricerca del candidato, che potrebbe essere sostenuto sia da Pd sia dal M5s.

Dinamica a sé in Valle D’Aosta, dove il voto è sostanzialmente proporzionale: spetta poi agli eletti formare una maggioranza in consiglio regionale e individuare il governatore. La prima prova generale delle opposizioni, però, ci sarà fra un mese e mezzo, con i referendum sul lavoro promossi dalla Cgil, che sostanzialmente aboliscono il jobs act, e quello per rendere più facile l’acquisizione della cittadinanza promosso da un comitato con Più Europa. Pd e Avs hanno dato indicazione per cinque sì. Quattro sì per il M5s, che lascerà libertà di coscienza sulla cittadinanza. Per una volta, indicazioni analoghe da Azione e Iv: “sì” solo alla cittadinanza, “no” agli altri.

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‘Commemorazione di Gramsci, bandiere rosse vietate’

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“Bandiere rosse vietate alla commemorazione di Antonio Gramsci”. Lo sostiene Rifondazione comunista, in una nota firmata dal co-segretario della federazione romana del partito, Giovanni Barbera. Lo stop sarebbe stato dato dalla direzione del Cimitero Acattolico di Roma, dove riposano le spoglie di Gramsci.

“Durante la commemorazione dell’anniversario della morte di Antonio Gramsci – scrive Barbera – si è consumato un atto di censura senza precedenti. Per la prima volta, in decenni di celebrazioni, è stato impedito l’ingresso delle nostre bandiere rosse, che da sempre, nel rispetto della memoria storica, hanno accompagnato il ricordo di Gramsci”. La spiegazione del divieto, continua Barbera, offerta dalla direttrice del cimitero è stata che “il colore rosso sarebbe divisivo”.

Arrivando così a vietare “perfino l’uso di un semplice drappo rosso, senza scritte né simboli”. Alla cerimonia – hanno raccontato altri presenti – ha partecipato almeno un centinaio di persone. Fra loro molti esponenti politici, con delegazioni anche del Pd (composta da Cecilia D’Elia, Michele Fina, Roberto Morassut, Andrea Casu ed Eugenio Marino) e di Sinistra Italiana (guidata da Marilena Grassadonia). Una commemorazione “partecipata, più degli anni passati, e tranquilla – è stato il racconto – che si è chiusa con l’esecuzione di un brano musicale”.

Fra i rappresentanti delle altre forze politiche c’è chi ha confermato che è stato chiesto di non portare bandiere di partito nel cimitero, senza però che questo abbia sollevato particolari polemiche. Qualcuno aveva la bandiera della pace, mentre simboli e nomi delle forze politiche erano comunque presenti sugli omaggi lasciati sulla tomba di Gramsci: mazzi di fiori e corone. Dura, invece, Rifondazione comunista: “Negare la presenza dei nostri simboli alla commemorazione di Antonio Gramsci (uno dei più grandi pensatori del Novecento, fondatore del Partito Comunista d’Italia e martire del fascismo) nel giorno della sua morte, è un atto di ignominia che merita la più dura condanna”.

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