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Guerra Ucraina

Papa Francesco parla di “riconciliazione” davanti a 80mila giovani

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Anche nel Lunedi’ di Pasqua arriva il nuovo appello di Papa Francesco per la pace in Ucraina: “Le liti, le guerre, le contese lascino posto alla comprensione, alla riconciliazione. Sottolineare sempre questa parola: riconciliazione”, ha detto Francesco al Regina Coeli, che in questo periodo liturgico sostituisce l’Angelus. “Rinunciamo ai nostri piani umani, convertiamoci ai Suoi disegni di pace e di giustizia”, ha rimarcato il Pontefice chiedendo ancora l’intercessione di Dio in questo momento cosi’ difficile. Papa Francesco non si stanca dunque di pregare per la pace. Anche se in realta’ in Ucraina chiedono a Bergoglio di fare qualcosa di piu’. E se ieri il vescovo cattolico di Odessa, mons. Stanislav Syrokoradjuk, aveva detto, senza tanti giri di parole, “Il Papa non ha detto niente, una parola, solo guerra…e’ difficile… E’ chiaro, la guerra e’ questo ma forse il Papa non puo’ dire solo questo”, oggi arriva la lettera aperta di Sergiy Volyna, comandante della 36a brigata dei marines: “Le preghiere non bastano piu’: salvi le vite dei civili di Mariupol dalle mani di Satana”. Un appello, rivolto al Papa da un cristiano ortodosso, rilanciato anche dall’ambasciata ucraina presso la Santa Sede che prosegue giorno dopo giorno nel suo pressing nei confronti del Vaticano che puo’ avere nella mediazione, ad avviso del rappresentante del governo di Kiev, un ruolo decisivo. Il pensiero all’Ucraina torna anche nell’incontro con i giovani a piazza San Pietro: “Purtroppo, sono ancora dense le nubi che oscurano il nostro tempo. Oltre alla pandemia, l’Europa sta vivendo una guerra tremenda, mentre continuano in tante regioni della Terra ingiustizie e violenze che distruggono l’uomo e il pianeta. Spesso sono proprio i vostri coetanei a pagare il prezzo piu’ alto: non solo la loro esistenza e’ compromessa e resa insicura, ma i loro sogni per il futuro sono calpestati”, ha detto il Papa. Un pensiero mesto che investe la grande festa degli adolescenti italiani. Sono 80mila a piazza San Pietro per il Papa. Molti di piu’ di quanti erano attesi, riempiono la piazza ma anche via della Conciliazione, in un tripudio di canti e allegria. Sono stati chiusi due anni in casa questi giovani a causa della pandemia e ora questa giornata, organizzata dalla Conferenza Episcopale Italiana, segna la rinascita. E’ proprio Papa Francesco a ricordare come questa piazza San Pietro, gremita delle migliaia di giovani arrivati da tutta Italia, il 27 marzo 2020 lo aveva visto solo. “Venni qui da solo per presentare al Signore la supplica del mondo colpito dalla pandemia. Forse quella sera eravate anche voi nelle vostre case davanti al televisore a pregare insieme alle vostre famiglie. Sono passati due anni, con la piazza vuota”. “La piazza ha sofferto il digiuno, e quando si digiuna poi si mangia di piu’ perche’ si ha fame. Ed oggi questa piazza e’ piena di voi”, ha detto. E’ un’iniezione di vita per l’anziano Pontefice alle prese con il dolore per la guerra ma anche con i dolori fisici che da qualche settimana ne limitano i movimenti ma che non lo hanno fermato dal partecipare a questa kermesse con un lungo saluto in papamobile. In Vaticano si e’ vissuta dunque una sorta di mini Gmg (Giornata Mondiale della Gioventu’), dove si e’ pregato ma anche ascoltato i cantanti delle nuove generazioni, come Blanco, il giovane vincitore del Festival di Sanremo che ha emozionato, fino alle lacrime, qualche ragazzina. In piazza con gli adolescenti italiani anche un nutrito gruppo di ucraini. Le diocesi hanno voluto la loro presenza perche’ in questo momento di festa non puo’ comunque essere dimenticata la tragedia che si vive a non molti chilometri dalla piazza del Papa.

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Esteri

Putin toglie un nodo dal tavolo, ‘liberato il Kursk’

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Mosca ha affermato di avere completamente liberato la regione di Kursk, uno sviluppo che potrebbe rimuovere uno degli ostacoli all’apertura di trattative con l’Ucraina. L’esercito di Kiev ha smentito la notizia, ma le sue forze controllavano ormai solo alcune sacche di territorio vicino alla frontiera che avevano oltrepassato nell’agosto dell’anno scorso. “L’avventura di Kiev è completamente fallita”, ha annunciato il presidente russo Vladimir Putin, dopo avere ricevuto un rapporto dal capo di stato maggiore, Valery Gerasimov, che lo informava della riconquista dell’ultimo villaggio in mano agli ucraini, quello di Gornal. In un videocollegamento con il capo del Cremlino, trasmesso dalla televisione di Stato, Gerasimov ha anche ammesso per la prima volta l’intervento di soldati nordcoreani nei combattimenti, affermando che si sono comportati con “eroismo, alta professionalità, resistenza e coraggio”.

La Corea del Nord e la Russia avevano firmato nel giugno del 2024 un accordo di partenariato strategico che prevede assistenza militare reciproca in caso di aggressione a uno dei due Paesi, ma finora non avevano confermato ufficialmente il dispiegamento di soldati nordcoreani nel Kursk. L’esercito ucraino ha smentito l’annuncio russo definendolo una “manovra di propaganda” e affermando che le truppe di Kiev continuano a combattere nel Kursk, anche se ha ammesso che la situazione è “difficile”. Nella loro incursione le truppe ucraine erano arrivate ad occupare non più di alcune centinaia di chilometri quadrati in una regione che ne conta 30.000. Ma l’attacco aveva comunque rappresentato la prima occupazione di territorio russo da parte di forze nemiche a partire dalla Seconda guerra mondiale, e Putin aveva fatto capire che non avrebbe accettato trattative con Kiev fino a che le sue truppe non fossero state respinte oltre confine. Ora il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha detto che nel suo incontro di ieri al Cremlino con l’inviato speciale americano Steve Witkoff, Putin ha assicurato che è “pronto a riprendere il processo negoziale con l’Ucraina senza precondizioni”. Ma è ormai da tempo che il presidente fa dichiarazioni del genere, senza che si vedano aperture concrete da parte di Mosca. E anche il portavoce lo ha sottolineato, dicendo che “Putin lo ha affermato ripetutamente”.

L’espulsione delle truppe ucraine dal Kursk – a cui secondo Gerasimov si è accompagnata l’eliminazione di “squadre di sabotatori” che si erano infiltrate nella vicina regione di Belgorod – potrebbe anzi mettere Mosca nella posizione di dare il via a nuove offensive. Putin ha affermato che nell’operazione di Kursk gli ucraini hanno subito “perdite tremende” tra le loro truppe scelte, e quindi “la rotta completa” che hanno subito “crea le condizioni per ulteriori operazioni di successo delle truppe russe in altre aree del fronte”. Come prima mossa, ha annunciato il generale Gerasimov, le forze di Mosca cercheranno di avanzare nella regione ucraina confinante di Sumy “per creare una zona di sicurezza lungo il confine” già auspicata da Putin. Secondo il capo di stato maggiore, già quattro insediamenti sono stati conquistati dai russi, che ora avrebbero il controllo di “un’area di 90 chilometri quadrati”.

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Esteri

Trump e Zelensky si parlano, prove di pace a San Pietro

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I primi spiragli per la pace in Ucraina, tanto invocati da papa Francesco, potrebbero essersi aperti proprio nel giorno dell’ultimo saluto al pontefice, a San Pietro. Donald Trump e Volodymyr Zelensky, due mesi dopo il burrascoso incontro allo studio ovale, si sono ritrovati faccia a faccia tra le navate della basilica, poco prima dell’inizio dei funerali di Bergoglio: un colloquio di 15 minuti, definito “costruttivo” da entrambe le parti, immortalato da una foto che ha fatto il giro del mondo. In Vaticano il leader ucraino è stato protagonista di un altro scatto simbolico, insieme a Trump, Emmanuel Macron e Keir Starmer, poi ha incontrato anche Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen, per provare a ricompattare l’alleanza transatlantica al fianco di Kiev. E qualcosa sembra effettivamente muoversi.

Gli ucraini sul piatto hanno messo una controproposta al piano della Casa Bianca, per ottenere garanzie di sicurezza a guerra finita, ricevendo delle aperture da Washington. Quanto alla Russia, il Cremlino ha annunciato di aver ripreso il completo controllo della regione di Kursk, ed alla luce di questa svolta si è detto pronto a riprendere i colloqui con gli ucraini “senza precondizioni”. I capi di stato e di governo arrivati a Roma per i funerali del Papa, pur nel rispetto della solennità dell’evento, hanno avuto l’occasione per brevi scambi di vedute su alcune delle principali crisi ancora aperte.

Zelensky, dopo aver messo in forse fino all’ultimo la sua presenza, è riuscito a raggiungere la capitale per onorare il pontefice e per ritrovare i partner occidentali, soprattutto Trump. L’immagine è quella di due leader seduti uno di fronte all’altro, vicinissimi, che discutono animatamente con espressione seria. Al termine, entrambe le parti si sono dette comunque soddisfatte. “Molto produttivo”, è stato il commento della Casa Bianca. “Un incontro simbolico che potrebbe diventare storico se si raggiungessero i risultati sui punti discussi”, ha sottolineato Zelensky. Se non altro, c’è stato un riavvicinamento dopo quel drammatico 28 febbraio, quando il presidente ucraino era stato cacciato dalla Casa Bianca.

Rispetto ai nodi sul tavolo il New York Times ha fatto filtrare la posizione ucraina, che punta a mitigare la proposta americana, considerata troppo favorevole a Mosca. Kiev in particolare chiede di non limitare le dimensioni del proprio esercito e che in territorio ucraino venga schierato un contingente di sicurezza europeo sostenuto dagli Usa, per scoraggiare future aggressioni russe. In quest’ottica l’adesione a breve alla Nato non sembra più una priorità: lo stesso Zelensky ha ammesso che in questa fase bisogna essere “pragmatici”.

E la risposta di Washington sulle garanzie di sicurezza sarebbe stata positiva. Sempre secondo fonti giornalistiche, gli Usa si sono offerti di fornire intelligence e supporto logistico ad un contingente europeo di peacekeeper. Andando incontro alle richieste di Londra e Parigi, che di questa missione militare sarebbero capofila nell’ambito della coalizione dei volenterosi.

Riguardo alla Russia, invece, Trump ha inviato segnali contrastanti. Da una parte ha accolto con favore gli esiti dell’ultimo incontro a Mosca tra Steve Witkoff e Vladimir Putin, sostenendo che l’accordo tra le due parti in conflitto sarebbe ad un passo. Poi però ha insinuato che Putin lo stia “prendendo in giro”, tergiversando sulla tregua, ed è tornato a minacciarlo di nuove sanzioni. A complicare le cose c’è anche la questione dei territori. Perché gli americani sarebbero disposti a lasciare tutto alla Russia, dalla Crimea alle altre quattro regioni ucraine occupate.

Mentre Kiev, almeno sulla carta, non è disposta a concessioni. Zelensky, prima di qualunque negoziato, chiede innanzitutto un cessate il fuoco completo. E su questo punto ha ottenuto la sponda degli alleati europei nei colloqui a Roma a margine dei funerali del Papa. “Mosca dimostri concretamente che vuole la pace”, sono state le parole della premier Meloni dopo l’incontro con il leader ucraino.

“Ora tocca al presidente Putin”, le ha fatto eco il presidente francese Macron, riferendo che è stato avviato “un lavoro di convergenza” tra i volenterosi, Kiev e Washington per arrivare ad “una tregua solida”. L’Ue, infine, ha ribadito il “sostegno” all’Ucraina “al tavolo delle trattative”, ha assicurato a Kiev la presidente della Commissione von der Leyen.

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Esteri

Mosca, fermato l’agente di Kiev per uccisione del generale

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Il servizio d’intelligence interna russo (Fsb) ha detto di avere fermato un “agente dei servizi speciali ucraini” accusato di avere piazzato la bomba sull’auto fatta saltare in aria ieri vicino a Mosca, che ha ucciso il generale Yaroslav Moskalik (nella foto), membro dello stato maggiore. L’Fsb, citata dall’agenzia Ria Novosti, afferma che l’ordigno è stato fatto saltare in aria a distanza con un segnale inviato “dal territorio ucraino”.

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