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Cronache

Ospedali sull’orlo del baratro: medici e personale sanitario costretti a lavorare oltre il limite dell’umana sopportazione

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Il Covid ci lascia eredità difficili ed oggi quasi tutti gli ospedali italiani, soprattutto quelli di “prima linea”, con un sistema di Pronto Soccorso al limite già prima dell’ondata pandemica, sembrano pronti ad involvere su se stessi. Succede forse anche in Europa ed oltre, di certo avviene in varie (sempre troppe) Aziende Ospedaliere delle nostre provincie, dove malgrado lo sforzo sovrumano dell’intero personale sanitario, sembra di essere davvero prossimi al collasso, indeboliti già da decenni da una ormai cronica carenza di personale e da tagli alla spesa che non ha migliorato né reso più efficiente alcun servizio, ma anzi solo ingigantito le vecchie lacune e gravato su ogni attività, con negative ricadute sopportate infine dagli operatori e dall’utenza. Una rivoluzione nel peggior stile del nostro atteggiamento politico e culturale, che pretende di risolvere i problemi con nuove norme magari dal nome d’impatto, pur nella consapevolezza che l’unico modo per far funzionare bene le cose sarebbe quello di concentrarsi su problematiche reali. In Italia da trent’anni si denuncia carenza di personale medico, infermieristico, eccetera, ma tuttavia ogni Governo che si è succeduto ha fatto finta di nulla.

Ecco che allora, anche per esperienza professionale diretta, chi scrive è chiamato sempre più spesso a dover difendere personale medico costretto a rendere la propria delicatissima opera professionale in condizioni non solo organizzative scricchiolanti, ma addirittura in uno stato psicofisico ormai inidoneo a garantire quella condicio sine qua non di serenità e quindi la massima lucidità che un contesto lavorativo del genere dovrebbe garantire ai suoi dipendenti. Si assiste così anche al naturale sfaldamento di quella catena di mutua solidarietà formatasi negli anni tra gli addetti ai lavori, per loro innato senso di sacrificio e spirito di abnegazione che, malgrado tutto, ci ha salvato da una quasi certa ecatombe virale. Ma a tutto c’è un limite.

I nostri eroi del coronavirus, che durante i picchi di contagio hanno combattuto con ogni mezzo in condizioni estreme, attingendo ad ogni forza fisica e mentale residua – costretti ad esempio ad usare finanche buste di plastica per sopperire alla mancanza di calzari anti contagio si presentano al lavoro già provati, faticando a sopportare turni ancora ad oggi estenuanti. Dopo un tale sforzo collaborativo, nell’attuale fase di rallentamento delle ospedalizzazioni da virus, ci si sarebbe aspettati di certo un intervento pubblico massiccio, quantomeno per migliorare le loro condizioni di lavoro. Invece sempre più spesso mi vengono sottoposti turni di lavoro davvero gravosi, dove iniziano a venir meno anche i riposi settimanali. Non parliamo di ferie, parliamo di riposo settimanale che la Legge e C.C.N.L. di categoria garantiscono ai dipendenti per far sì che le prestazioni medico sanitarie vengano espletate nella massima e piena efficienza, ed agli stessi venga ovviamente concessa giusta e doverosa dignità professionale. Ma così non è, ed invece di adottare soluzioni urgenti e necessarie, magari allargando il numero chiuso degli iscritti a Medicina fin da subito edincentivare l’utilizzo degli specializzandi, in questa perdurante fase di emergenza gestionale, si continua ad assistere ad un logorante braccio di ferro tra i manager delle aziende ospedaliere e amministratori pubblici, che sono costretti proprio dalla politica a dare una visione all’esterno di una normalità che non esiste, mentre medici e personale sanitario tentano, ma ormai quasi invano, di sopperire a questa assurda carenza organica che sta rischiando davvero di tradursi in una bomba organizzativa, che prima o poi si abbatterà sui malati, quando sarà troppo tardi per correre ai ripari e quando magari si cercherà un capro espiatorio tra un malcapitato dirigente sanitario o il medico di turno, che loro malgrado, non saranno stati posti nelle condizioni di rendere una prestazione sanitaria ordinaria quanto straordinaria, in un contesto che di normale non ha più nulla già da un pezzo.

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Sparatoria in piazza a Monreale, una carneficina: due morti e tre feriti, tutti giovanissimi

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E’ di due morti e tre feriti il bilancio di una sparatoria avvenuta in nottata nella centrale piazza Duomo a Monreale (Palermo). Le vittime hanno 25 anni e 23 anni; i feriti 26 anni, 33 anni e 16 anni. La sparatoria è avvenuta in una piazza affollata, davanti ad almeno un centinaio di testimoni. Secondo una prima ricostruzione tutto sarebbe nato in seguito a una rissa per futili motivi davanti ad una pizzeria. Poi i due gruppi di giovani si sono affrontati in piazza. Uno dei protagonisti dell’aggressione, armato di pistola, ha iniziato a sparare. I feriti sono in gravissime condizioni. Le indagini sono condotte dai carabinieri.

Le vittime della sparatoria sono Salvatore Turdo di 23 anni e Massimo Pirozzo di 26. Sono morti subito dopo essere stati trasportati negli ospedali Ingrassia e Civico del capoluogo. Anche uno dei feriti sarebbe in gravissime condizioni. Davanti agli ospedali si sono presentati numerosi familiari e amici delle vittime, con grida e scene di disperazione.

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Cronache

Muore a 38 anni dopo intervento estetico in una clinica privata di Caserta

Sabrina Nardella, 38 anni di Gaeta, è morta durante un intervento estetico alla clinica Iatropolis di Caserta. Disposta l’autopsia per chiarire le cause del decesso.

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Sarà l’autopsia a stabilire con precisione che cosa ha provocato la morte di Sabrina Nardella (nella foto), 38 anni, madre di due figli piccoli, deceduta giovedì scorso nella clinica privata Iatropolis di Caserta durante un intervento di chirurgia estetica. La donna, residente a Gaeta, si era recata in Campania per sottoporsi a quello che le era stato prospettato come un intervento di routine, in anestesia locale e in day hospital.

Il malore improvviso e le indagini in corso

Durante l’operazione, però, Sabrina ha avuto un improvviso malore che l’ha portata a perdere conoscenza. I medici hanno tentato la rianimazione, ma ogni tentativo è stato vano. I vertici della clinica hanno subito avvertito i carabinieri, che su disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere hanno sequestrato la cartella clinica e identificato l’équipe medica. I componenti saranno presto iscritti nel registro degli indagati in vista dell’autopsia, che servirà a chiarire cause e responsabilità.

Una comunità sconvolta dal dolore

La città di Gaeta è sotto shock. Il sindaco Cristian Leccese ha ricordato Sabrina con parole di grande commozione: «Era una persona dolce, un’ottima madre, conosciuta e stimata da tutti. La sua improvvisa scomparsa ha lasciato un profondo vuoto nella nostra comunità».

I precedenti inquietanti della clinica

La clinica Iatropolis non è nuova a casi simili. Un anno fa, la pianista Annabella Benincasa è morta dopo 14 anni di stato vegetativo, conseguenza di uno shock anafilattico subito nel 2010 proprio in questa struttura. In quell’occasione, i medici furono condannati per lesioni gravissime. Altri episodi di reazioni avverse all’anestesia si sono verificati negli anni, alimentando polemiche sulla sicurezza degli interventi praticati nella clinica.

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La Chiesa alla ricerca di un pacificatore: si apre il pre-Conclave

Nel pre-Conclave dopo la morte di Papa Francesco, i cardinali cercano un candidato pacificatore per superare le divisioni interne. Il nuovo Papa dovrà unire e guidare una Chiesa divisa.

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C’è un cartello immaginario, ma chiarissimo, all’ingresso delle Congregazioni pre-Conclave e della Cappella Sistina: «Cercasi un pacificatore». Dopo la grande partecipazione popolare ai funerali di Papa Francesco, la Chiesa si ritrova ora a dover voltare pagina, raccogliendo l’eredità di Jorge Mario Bergoglio e affrontando divisioni dottrinali e geopolitiche mai sopite.

Il bisogno di superare le contrapposizioni

Tra le fila dei cardinali c’è consapevolezza che riproporre schemi vecchi, come il conflitto tra “bergogliani” e “ratzingeriani”, sarebbe miope. Il nuovo Conclave si svolgerà in un contesto mondiale mutato, segnato dalle tensioni internazionali e dalla crisi dello schema pacifista di Francesco dopo la guerra in Ucraina. Il rischio è che ogni divisione interna colpisca ora direttamente il Collegio cardinalizio, senza più la figura del Papa a fungere da parafulmine.

Verso un candidato di compromesso

I 133 cardinali chiamati al voto, riuniti nelle Congregazioni generali, sembrano ormai consapevoli che difficilmente emergerà un candidato “forte” espressione di una sola corrente. Per evitare uno scontro estenuante, sarà necessario convergere su una figura di equilibrio, capace di pacificare e non di dividere ulteriormente. Anche la vicenda del cardinale Giovanni Angelo Becciu, condannato in primo grado ma il cui diritto al voto non è ancora chiarito, rappresenta un’ulteriore incognita.

L’immagine simbolo della riconciliazione

Emblematica è stata ieri, dentro la Basilica di San Pietro, l’immagine di Donald Trump e Volodymyr Zelensky che hanno parlato seduti uno di fronte all’altro. Un gesto di distensione tra due protagonisti di scontri aspri. Segno che, forse, anche nella Chiesa si può sperare in un Conclave capace di indicare al mondo una strada di unità e di riconciliazione. Papa Francesco, tanto amato quanto criticato, con la sua morte sembra aver lasciato non solo un’eredità da gestire, ma anche una lezione di pace.

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