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Economia

Operazione concordato, faro del fisco su redditi bassi

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I bar e le pasticcerie hanno dichiarato al fisco in media 12.266 euro nel 2022. I ristoranti 15.153 euro e sono stati superati anche dai taxi con 15.449 euro e risultano sotto le discoteche che in media hanno indicato 17.566 euro di reddito. Ma la realtà varia di posto in posto. E i balneari di Rimini dichiarano 29.841 euro, poco più dei 26.841 medi di meccanici e carrozzieri, ma certo molto di più dei 9.412 euro della media dei bar di Roma o degli 11.378 euro della media delle lavanderie italiane. Il fisco ha acceso un faro sui redditi di alcune categorie autonome. Una task force Entrate-Gdf da 7 mesi è al lavoro sulle banche dati, anche con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

Le tabelle parlano da sole. Il pressing è evidente soprattutto in vista della scadenza del 31 ottobre, quando i contribuenti con la partita Iva sottoposti agli indici di affidabilità, i cosiddetti Isa, saranno di fronte ad un bivio: potranno non solo aderire al concordato biennale, stabilizzando il dovuto per due anni, ma avranno anche la possibilità di accedere alla sanatoria/ravvedimento che a questa nuova procedura è collegato; oppure avranno la concreta certezza, con il fisco in possesso di molti dati, di essere sottoposti ad un controllo mirato. L’operazione, che alcuni stimano sui 2 miliardi, è politicamente strategica. Serve per avere fondi e ridurre l’aliquota l’aliquota intermedia dell’Irpef dal 35 al 33%. E, poichè le risorse servono ora, il governo ha già fatto sapere che non ci saranno rinvii. Il conto alla rovescia è iniziato.

La scelta tra certezza del dichiarato o controllo è chiara anche nelle lettere che l’Agenzia delle Entrate ha inviato ai contribuenti interessati al concordato. “L’Agenzia delle Entrate e il Corpo della Guardia di Finanza – è scritto in neretto per evitare che la frase possa sfuggire – programmano l’impiego di maggiore capacità operativa per intensificare l’attività di controllo dei soggetti che non aderiscono al concordato preventivo biennale o ne decadano”. Come dire: contribuente avvisato mezzo salvato. Dalle panetterie ai commercialisti, dalle discoteche alle lavanderie: il meccanismo è uguale per tutti. Il fisco ha indicato a ciascuno l’indice di affidabilità (Isa).

Sotto i 6 punti non lo si è, tra 6 e 8 punti vengono segnalate anomalie, sopra gli 8 punti e con una pagella fino al 10 il fisco apre le sue porte ad agevolazioni, come gli esoneri da alcuni visti per la compensazione dei crediti o per i rimborsi. E se ci si vuole adeguare a questo livello l’aliquota si attestata tra il 15 e il 10%. Ma a questo si collega anche la sanatoria, il ‘ravvedimento speciale’ previsto per gli anni 2018-2022.

A guardare le tabelle elaborate dalla task force Entrate-Gdf si capisce che i redditi tra il 2019 e il 2022 sono stati bassissimi, complice la pandemia. Così chi vuole mettersi al sicuro potrà comunque farlo pagando il 5-10% se si ha già un indice affidabile, il 20% se si è a metà del guado tra 6 e 8 punti, tra il 30 e il 50% se invece gli importi dai quali si parte sono di piena inaffidabilità. Il conto? Scoprirlo non sarà difficile. La Sogei ha messo a punto un software che nelle prossime ore consentirà a ciascuno, entrando sul ‘cassetto fiscale’ dell’Agenzia delle Entrate di fare il conto, stampare il risultato, consultarsi con il proprio commercialista. E poi pagare.

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Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Google oltre le attese con cloud, sale a Wall Street

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Alphabet archivia il primo trimestre sopra le attese degli analisti e avanza a Wall Street dove, nelle contrattazioni after hours, arriva a guadagnare oltre il 5%. L’utile netto è balzato del 46% a 34,5 miliardi di dollari rispetto ai 23,7 miliardi dello stesso periodo dello scorso anno. I ricavi sono saliti del 12% a 90,23 miliardi.

A spingere le attività core di ricerca e pubblicità di Google, i cui ricavi sono saliti del 10% a 50,7 miliardi, sopra le previsioni del mercato che scommetteva su un aumento più contento dell’8%. La divisione di cloud computing ha sperimentato un aumento dei ricavi del 28% a 12,3 miliardi, confermando la sostenuta domanda per i suoi data center e i servizi di network per il boom dell’IA. “La ricerca ha proseguito una crescita forte”, ha detto l’amministratore delegato Sundar Pichai, mettendo in evidenza la “rapida” crescita del cloud.

Le spese di capitale nei primi tre mesi sono balzate a 17,2 miliardi, leggermente sopra le previsioni di 17,1 miliardi. I risultati trimestrali sono stati accompagnati dall’annuncio di un piano di buyback da 70 miliardi di dollari e un aumento del dividendo trimestrale del 5% a 21 centesimi per azione. Google è il secondo colosso di Big Tech ad annunciare la trimestrale da quando è iniziata la guerra commerciale avviata da Donald Trump. Tesla nei giorni scorsi ha messo in guardia sull’impatto dei dazi sulle sue attività di batterie, che dipendono dai componenti dalla Cina.

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Banco Bpm boccia ancora l’Ops di Unicredit, ‘inadeguata’

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Ovviamente è ancora un no. E motivato con nuovi argomenti. Banco Bpm boccia una volta di più l’Offerta pubblica di scambio volontaria annunciata da Unicredit e lo fa citando anche “modalità di implementazione” della normativa sulla Golden Power che “da parte di Unicredit non risultano chiare”. Strategia ovviamente, ma intanto l’amministratore delegato di Banco Bpm consiglia chiaramente agli azionisti di non aderire all’Ops. I nuovi passaggi dello scontro sono contenuti nell’approvazione all’unanimità da parte del Consiglio di amministrazione di Banco Bpm del ‘comunicato dell’emittente’ sull’offerta promossa dal gruppo guidato da Andrea Orcel.

Il Cda “a seguito di un’attenta valutazione dei termini e delle condizioni descritti nel documento di offerta pubblicato da Unicredit il 2 aprile scorso e delle altre informazioni disponibili ha ritenuto l’Ops non conveniente e il corrispettivo non congruo”, afferma Banco Bpm in un comunicato. “L’offerta è completamente inadeguata e quindi noi consigliamo ai nostri azionisti di non aderire”, ribadisce l’amministratore delegato Giuseppe Castagna nella conference call con gli analisti finanziari, aggiungendo che tra le altre cose “loro sono molto più esposti alla volatilità dei mercati”. Nella nota dopo la riunione del Cda, la banca sostiene anche che il valore generato dall’acquisizione di Anima “potrebbe diluirsi all’interno di Unicredit” e che dove “a seguito dell’acquisizione dell’emittente e fermo restando quanto previsto dal provvedimento Golden Power le cui modalità di implementazione da parte di Unicredit non risultano chiare, un’eventuale riduzione delle attività di rischio ponderate dovesse interessare anche la clientela di Banco Bpm, sussisterebbero significative incertezze circa la capacità di confermare gli obiettivi di crescita e di generazione di valore su basi stand-alone”.

La strategia perseguita da Banco Bpm “incentrata sulla generazione di valore per l’azionista attraverso la piena valorizzazione delle opportunità di sviluppo del business presso la clientela di riferimento, con specifico riguardo alle famiglie e alle Pmi, appare diversa da quella implementata da Unicredit”, spiega inoltre la banca guidata da Castagna. Che ricorda come “dopo aver perfezionato un aumento di capitale da 13 miliardi nel 2017 e aver ceduto nel periodo 2017-2019 una parte dei propri asset (tra cui Pioneer Investments, FinecoBank e Bank Pekao), Unicredit ha promosso negli ultimi anni una strategia che ha comportato una riduzione delle attività ponderate per il rischio che tra il 2020 e il 2024 sono passate da 326 miliardi a 277 miliardi”. Per l’Italia “tale orientamento si è tradotto in una riduzione delle attività di rischio ponderate da 131 miliardi a 101 miliardi negli anni dal 2020 al 2024 a cui appare riconducibile una riduzione dei volumi di impieghi da 168 miliardi a 145 miliardi nello stesso periodo”, aggiunge Banco Bpm. ll consiglio di amministrazione “riconosce che l’offerta di Unicredit sottovaluta la nostra banca”, spiega da parte sua il presidente di Banco Bpm, Massimo Tononi, secondo il quale “l’offerta è inadeguata dal punto di vista finanziario e non è giusta per i nostri azionisti”. Il Cda di Banco Bpm ha infatti deciso “che il corrispettivo non è congruo da un punto di vista finanziario. Tale conclusione è supportata, tra i vari fattori considerati, dalle rispettive analisi finanziarie condotte da Citi e Lazard, in qualità di advisor finanziari, e dalle rispettive opinion”, spiega l’istituto di piazza Meda, evidenziando in particolare il “mancato riconoscimento di un premio” per l’eventuale controllo di Banco Bpm.

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