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Politica

Intesa Superbonus, niente proroga ma salvi redditi bassi

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La faticosa intesa in maggioranza sul Superbonus arriva all’ultimo miglio, poco prima del Consiglio dei ministri. In un vertice con i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il ministro Giancarlo Giorgetti e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano (la premier è assente per malattia) viene siglato l’accordo su un decreto ad hoc varato poi in Cdm.

Ma a fronte dell’intesa su questo dossier resta aperta la partita sui balneari: il ministro Salvini propone di consentire ai Comuni di prorogare le concessioni a tutto il prossimo anno ma non c’è unanimità, se ne riparlerà a gennaio. Intanto sul superbonus arriva una soluzione che in sostanza non scontenta nessuno: niente proroga, sulla quale il Mef aveva da subito fatto muro, ma la possibilità per i redditi sotto i 15mila euro, di mantenere nei fatti l’agevolazione per intero attraverso un fondo per la povertà. Esulta Forza Italia che ha fatto di questo tema una propria bandiera. “L’intesa è frutto della nostra determinazione”, è il commento che arriva da molti deputati e senatori azzurri dopo il via libera al decreto che tra l’altro mette al riparo da penali chi non completerà tutti i lavori entro il 2023.

Ma il Tesoro può comunque rivendicare lo stop nei fatti a partire dal prossimo anno alla misura che Giorgetti ha più volte definito “radioattiva” per il suo portato sul debito pubblico. Gli unici che potranno usufruire ancora dell’agevolazione in una cifra superiore al 70% prevista dal primo gennaio saranno infatti – in base al provvedimento approvato – i contribuenti con reddito fino a 15mila euro. Per questa fascia di cittadini viene infatti istituito un Fondo, le cui modalità di accesso saranno stabilite dal Mef, e che servirà a ottenere un contributo per le spese sostenute dal primo gennaio 2024 e fino a ottobre.

“Lo Stato – spiega il leader azzurro Antonio Tajani – pagherà la differenza tra il 70% e il 110%”. Altra novità del decreto è la possibilità per i contribuenti che non hanno completato i lavori entro fine anno di non restituire i benefici maturati a tale data. Salvi – dunque – tutti i lavori che sono stati certificati entro la fine del 2023. Dal primo gennaio 2024 si passa al sistema del credito d’imposta che può essere richiesto sul 70% delle spese sostenute. In mancanza del doppio salto energetico si entra nel regime ordinario al 50%. Nel decreto Superbonus arrivano poi, come preventivato nei giorni scorsi, una stretta sul Sismabonus e una sulle barriere architettoniche.

Nel primo caso, spiegano fonti di Palazzo Chigi “vengono inserite verifiche più puntali per limitare l’agevolazione soltanto agli edifici effettivamente danneggiati da eventi sismici”. Sul bonus barriere dal primo gennaio 2024 la cessione del credito viene consentita per le parti comuni dei condomini con uso abitativo e alle persone fisiche con redditi inferiori a 15mila euro. Un limite che, chiaramente, non si applica alle persone con disabilità. Il decreto superbonus si attira le critiche dell’opposizioni. Un “teatrino indecoroso”, dicono dal Pd mentre M5s parla di “maggioranza in stato confusionale”.

Dalla minoranza, pentastellati in primis che oggi ha partecipato alla manifestazione degli esodati del Superbonus al Pantheon, erano infatti arrivati emendamenti alla manovra che prevedevano tra l’altro la proroga della misura. Sul superbonus dice il deputato M5s Agostino Santilli “sarebbe lo sblocco dei crediti fiscali. Un nostro emendamento in tal senso alla Legge di bilancio è stato bocciato”. La manovra è arrivata nel frattempo al suo rush finale in Aula alla Camera. Il via libera è previsto per la serata di domani. Niente da fare per la proposta di modifica targata Pd che proponeva un congedo parentale di 5 mesi per entrambi i genitori, votato da tutte le opposizioni. “Meloni – attacca la segretaria Dem Elly Schlein – rompe il soffitto di cristallo sulle altre donne”.

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Economia

Bilanci di previsione, virtuoso 86% dei Comuni ma non al Sud

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Comuni diventati virtuosi nella presentazione dei bilanci di previsione. Quest’anno sette su dieci già a metà febbraio avevano approvato e trasmesso il documento e alla data del 15 marzo la percentuale di comuni in linea era salita all’84%. Il dato risulta da un’elaborazione dei dati del Mef fatta dal Centro studi enti locali. Il dato, si spiega, è di netta rottura rispetto al passato e testimonia l’efficacia delle misure adottate lo scorso anno dal Ministero dell’Economia per interrompere il circolo vizioso dei posticipi infiniti che aveva caratterizzato gli ultimi decenni.

Ciò che emerge è però, ancora una volta, è “l’esistenza di divari siderali tra varie aree del Paese che vede contrapposti casi come quello siciliano, dove solo 30 comuni su 100 risultano aver approvato e trasmesso il bilancio, e la Valle d’Aosta e l’Emilia Romagna, dove questa percentuale sale al 96%”. Dopo anni di slittamenti nel 2023 un decreto ministeriale, ha riscritto il calendario delle scadenze contabili e anche se è comunque stata necessaria una proroga al 15 marzo quest’anno ben 4.695 comuni, il 59% del totale, hanno iniziato l’anno corrente con un bilancio di previsione già approvato e non si sono avvalsi del tempo aggiuntivo concesso dal Viminale.

Stando a quanto emerso da un’elaborazione di Centro Studi Enti Locali, basata sui dati della Banca dati delle Amministrazioni Pubbliche (Bdap-Mef), sono stati approvati entro il 15 marzo scorso i bilanci dell’84% dei comuni italiani. All’appello mancano quelli di 1.268 comuni. Questi enti hanno un profilo abbastanza preciso: la stragrande maggioranza è di piccole dimensioni. Nove di questi comuni su dieci hanno infatti meno di 10mila abitanti e il 64% è localizzato al sud e nelle isole. Nel nord Italia, nel suo complesso, risulta essere stato già trasmesso al Mef il 92% dei preventivi. In particolare, spiccano per efficienza: Emilia Romagna e Valle d’Aosta (entrambe a quota 96%) e Trentino Alto Adige e Veneto (95%). Ottimi anche i risultati registrati in: Lombardia (93%), Friuli Venezia Giulia (90%) e Piemonte (89%). Chiude il cerchio la Liguria, con l’85% di comuni adempienti.

Scendendo verso sud la percentuale decresce gradualmente, restando comunque buona al centro, dove mediamente sono stati già approvati e trasmessi 89 bilanci su 100. A trainare verso l’alto questo gruppo sono soprattutto Toscana (95%), Marche e Umbria (93%). Più indietro i comuni laziali, fermi a quota 81%. Meno rosea, ma comunque in netto miglioramento rispetto al passato, la situazione del Mezzogiorno dove i comuni più tempestivi sono stati 6 su 10. In particolare, le 3 regioni in assoluto più distanti dalla media nazionale sono – nell’ordine – la Sicilia, la Calabria e la Campania.

Nella banca dati gestita dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, alla data del 24 aprile, risultano essere stati acquisiti soltanto 117 bilanci di previsione di comuni siciliani su 391, meno di uno su tre. Al di là dello Stretto ne sono stati trasmessi 236 su 404 (58% del totale), in Campania il 67% dei preventivi sono stati approvati nei tempi. Prima della classe, per quanto riguarda il meridione, è la Basilicata (92% di bilanci approvati), seguita a breve distanza dalla Sardegna (885) e dalla Puglia (86%). Chiudono il cerchio l’Abruzzo e il Molise, rispettivamente con l’80% e il 77% di comuni che hanno già inviato al Ministero il proprio preventivo.

Secondo il Centro Studi Enti Locali questi dati, nel loro insieme, testimoniano un effetto tangibile prodotto dalla nuova programmazione ma preoccupa la distanza abissale che continua a caratterizzare i risultati ottenuti da enti di territori diversi. Il processo di riforma della contabilità e dell’ordinamento degli enti locali, i cui cantieri sono aperti, dovrà necessariamente tenere conto anche delle criticità finanziarie e organizzative, ormai strutturali ed endemiche, di alcuni territori e individuare delle soluzioni efficaci per far sì che queste distanze siano colmate.

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Politica

Europee: Vannacci presenta il suo libro giovedì a Napoli

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Roberto Vannacci, candidato della Lega alle elezioni europee, presenterà il suo libro “Il mondo al contrario” giovedì 2 maggio a Napoli. Lo annuncia Luigi Mercogliano, presidente per la Campania del comitato “Il mondo al contrario” che trae il suo nome dal titolo del libro scritto da Vannacci. La presentazione del libro si terrà giovedì 2 maggio alle ore 17 nel teatro del centro culturale “In arte Vesuvio”. Interverranno alla presentazione con l’autore il presidente campano di “Mondo al contrario” Luigi Mercogliano, il giornalista Sergio Angrisano e lo scrittore Massimo Scalfati.

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Emiliano all’Antimafia: inopportuno io venga in audizione

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Il presidente della Puglia, Michele Emiliano, ha inviato una lettera alla Commissione parlamentare antimafia in cui spiega di non ritenere opportuna in questo momento una sua audizione, come richiesto già una settimana fa dall’ufficio di presidenza della stessa commissione. La motivazione del governatore sarebbe dovuta ad una serie di delicati impegni legati alla recente fase politica in Consiglio regionale, come la votazione della mozione di sfiducia nei suoi confronti. L’audizione avrebbe riguardato le vicende e le inchieste sui rischi di infiltrazioni mafiose nel territorio pugliese e in particolare a Bari.

“Quello di Emiliano è un evidente gesto di debolezza. Se lui adombra eventuali gesti di strumentalizzazione politica si sbaglia. Noi conosciamo bene i limiti e i poteri dell’Antimafia e confermo da parte mia la richiesta di audizione del presidente della Puglia, affinché venga fatta chiarezza su alcune vicende”. Così la senatrice di Italia Viva e componente della commissione antimafia, Raffaella Paita, in merito alla lettera inviata dal governatore della Puglia, in cui Emiliano ha spiegato alla commissione di non ritenere opportuna una sua convocazione in questo momento.

La commissione Antimafia ha ufficialmente convocato il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano per il 2 maggio. Lo si apprende da fonti della commissione secondo le quali l’audizione è fissata per le 10.30.

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