Adesso le mascherine sono prodotte totalmente in casa: con la partenza dell’impianto per produrre Meltblown, il materiale filtrante necessario per la produzione di tutti i dispositivi di protezione individuale, la Nuova Erreplast di Marcianise, è totalmente autonoma in un settore che la pandemia ha evidenziato quanto sia strategico.
Con un investimento privato di 5 milioni di euro ha avviato, unica azienda nel Mezzogiorno, la produzione di Meltblown, una materia prima che in Italia importiamo quasi sempre dall’estero, in particolare dalla Cina…
Un investimento che porta l’azienda campana tra i Top Ten Supplier di Meltblown in Europa…,
investimento partito nei mesi del lockdown, quando si registrava in Italia una forte domanda di mascherine e una limitatissima offerta. Il gruppo Raccioppoli, già presente a Marcianise con un’azienda che produce packaging per food e per abbigliamento, di fronte all’improvviso calo di domanda soprattutto per il settore moda, ha deciso di convertire parte degli impianti per dare risposte all’emergenza e alla forte domanda di dpi.
Una conversione significativa quella della Nuova Erreplast, azienda dell’area industriale di Marcianise, in provincia di Caserta, avviata già prima del taglio del nastro dell’impianto per la produzione di meltblown: a giugno era infatti stata avviata la produzione di mascherine chirurgiche e a distanza di poco anche di quelle FFP2. In soli tre mesi la nuova Erreplast ha raggiunto la produzione di 5 milioni mascherine che ha distribuito in Italia. Forti di questa prima esperienza, i vertici della società campana hanno voluto fare un passo in avanti dotandosi di nuove tecnologie per evitare di dover importare dalla Cina il materiale filtrante meltblown e produrlo in casa, per se stessi e successivamente anche per il mercato.
Un investimento che consente di produrre anche indumenti medicali protettivi, come camici, cuffie, copriscarpe, lenzuola, coperture per impianti serricoli, pannolini ed assorbenti, membrane traspiranti. Insomma, in pochi mesi, mentre la crisi ha messo in ginocchio l’economia, colpendo duramente anche il tessuto industriale del Mezzogiorno, Raccioppoli ha attuato una profonda conversione e trasformazione industriale. Riuscendo in questo modo non solo a resistere alla crisi, ma anche a crescere. Il gruppo infatti, che nel 2019 ha realizzato un fatturato di 27 milioni circa, nel 2020, a giugno, ha realizzato una crescita del 10% rispetto allo stesso periodo del 2019, che si è rafforzata con +15% a fine settembre.
Traguardo raggiunto soprattutto grazie alla flessibilità propria delle piccole imprese italiane, ma anche grazie alla grande attenzione alle innovazioni di processo e di prodotto. Una delle innovazioni riguarda anche la clean room in cui, con l’avvio del nuovo estrusore, verrà realizzata l’intera produzione.
Oggi la Nuova Erreplast conta un organico di circa 80 dipendenti: il gruppo Raccioppoli è composto da quattro aziende che coprono l’intera filiera e produrranno dalla materia prima al prodotto finito e si occuperanno anche di confezionamento e consegna.
Inoltre, è stato realizzato un altro importante investimento nell’area “storica”, dedicata al Food Packaging: in questo caso, con un impegno di 2,5 milioni, è stato acquistato e installato un nuovo impianto che consentirà di incrementare notevolmente la produzione di film, raggiungendo una capacità produttiva totale di circa 18 milioni di metri lineari stampati al mese.
Mediobanca archivia il primo semestre dell’esercizio 2024-2025 con risultati record e può così migliorare gli obiettivi del piano triennale. Dopo aver visto aumentare l’utile netto a 659,7 milioni (+8%), dei quali 240,5 milioni generali dalla quota detenuta in Generali, e i ricavi a 1.847,7 milioni (+6,8%), l’istituto milanese finito nel mirino di Mps ha rivisto al rialzo i suoi target. Ha di fatto confermato quelli di quest’anno, alla luce anche dell’avvio brillante, e alzato quelli del prossimo esercizio. I ricavi sono stati vengono portati a circa 4 miliardi dagli iniziali 3,8 miliardi, l’utile netto oltre 1,4 miliardi rispetto a 1,3 miliardo preventivati e il payout a circa il 100%. E’ prevista di conseguenza una distribuzione totale cumulata nei 3 anni oltre 4 miliardi dal target iniziale di 3,7 miliardi. Nel dettaglio verranno distribuiti nell’ultimo anno del piano 300/400 milioni di dividendi in contanti in più (+40%) e la cedola per azione salirà quindi da 1,2 euro del consensus a 1,7/1,8 euro.
Nel diffondere il risultati dove hanno brillato, soprattutto nel secondo trimestre, il wealth management a un anno dal battesimo di Mediobanca Premiere e l’investment banking grazie anche dalla ripresa dell’M&A, l’istituto di Piazzetta Cuccia non manca di ribadire il suo no netto all’offerta pubblica di scambio annunciata dal Mps. L’amministratore Alberto Nagel va oltre e definisce l’offerta “innaturale” sostenendo la totale carenza di contenuti sia industriali sia finanziari come del resto pensano, riferisce il banchiere, gli investitori istituzionali, molti dei quali sono azionisti anche del Monte dei Paschi. In ogni caso l’istituto non teme che un rilancio possa far cambiare il sentiment del mercato e renderlo più favorevole ad aderire all’ops. “Non temiamo nulla”, assicura perché “se guardiamo alle proposte che ci vengono rivolte con occhio disincantato nell’interesse dei nostri azionisti” e “paragoniamo la proposta che ci è arrivata, ed altre proposte che dovessero arrivare sempre dallo stesso offerente o altre ancora, comparandola con quello che la banca può fare su base stand-alone” “la barra di riferimento è molto alta”.
Mediobanca infatti “ha a una storia di crescita dei ricavi, degli utili e delle distribuzioni ai soci, una solidità che è molto difficile possa essere migliorata o battuta all’interno di una banca che non ha il nostro dna e che non presenta le sinergie che noi immaginiamo debba presentare”, conclude ribadendo che non c’è preoccupazione. L’altro tema caldo sulla quale si concentrano le domande dei giornalisti, alla viglia della conference con gli analisti, è Generali della quale Piazzetta Cuccia è il principale azionista con il 13,1% davanti a Francesco Gaetano Caltagirone e alla Delfin degli eredi Del Vecchio, ossia gli stessi soci di Mediobanca e di Mps. Nagel ammette che in mancanza di una lista del cda uscente del gruppo assicurativo, la banca dovrà presenterà una propria lista per il rinnovo del board all’assemblea dell’8 maggio.
Le ragioni, ricorda sono due. La prima è tutelare l’ investimento e quindi concorrere a nominare consiglieri che meglio lo tutelino come dimostrano i risultati finora conseguiti e il nuovo piano presentato dal ceo di Generali Philippe Donnet. Il secondo motivo è legato invece al fatto che senza un proprio rappresentante nel nuovo board Mediobanca non può consolidare Generali ad equity né avere l’attuale trattamento prudenziale. Non un vero Danish compromise – che consente un trattamento favorevole delle partecipazioni assicurative nei requisiti patrimoniali di una banca – ma, lo definisce Nagel, “un suo parente stretto”. “Avremmo preferito che questo tipo di iter lo avesse fatto la compagnia, perché questo succede in tutto il mondo. Da noi non può succedere, ce ne rammarichiamo e provvederemo ad agire di conseguenza”, indica.
Nuova chance per la rottamazione quater: chi è decaduto per il mancato pagamento di una rata potrà essere riammesso al beneficio. E’ la mano tesa che arriva con un emendamento dei relatori al decreto milleproroghe. Una mossa che manda su tutte le furie le opposizioni, pronte a bloccare i lavori sul provvedimento. E si concretizza proprio mentre è allo studio una possibile nuova rottamazione. Al Ministero dell’Economia ci stanno lavorando Giorgetti e la Ragioneria: lo scopo è trovare il metodo per andare incontro a chi non ha potuto pagare per necessità e non per scelta. Rottamazione su cui intanto la Lega intensifica il pressing, convocando un nuovo consiglio federale con al primo punto dell’ordine del giorno proprio la sanatoria delle cartelle e la pace fiscale, definita da Matteo Salvini una “emergenza nazionale”.
Dopo il fuoco di fila degli ultimi giorni, il leader leghista sferra dunque l’affondo e alza la posta nella partita anche con gli altri partiti del centrodestra, che non si dicono contrari alla rottamazione, ma puntano su altre priorità. La Lega riunirà mercoledì – quando il vicempremier sarà tornato a Roma dopo il viaggio in Israele – il consiglio federale, cui parteciperà come sempre anche il titolare del Mef Giorgetti. La discussione inizierà dalla rottamazione, su cui la Lega ha presentato una proposta di legge in Parlamento che prevede 120 rate tutte uguali in dieci anni, senza sanzioni e interessi. Il nodo restano le coperture, ma dal Mef arrivano segnali di apertura. “Vorrei sgombrare il campo da un equivoco: sono d’accordo su una nuova rottamazione”, dice il viceministro di FdI e padre della riforma fiscale Maurizio Leo, che però non abbandona la sua tradizionale prudenza: “Sono interventi da fare alla luce delle osservazioni della Ragioneria”, “poi ci sarà una sintesi politica”.
E a fugare i dubbi degli alleati di governo è il sottosegretario leghista Federico Freni: “Nessuna smania, la rottamazione non è un capriccio della Lega”, assicura, “la bussola è il programma del centrodestra, di cui era ed è parte integrante “una seria pace fiscale”. Sul tema Fratelli d’Italia non chiude, ma con la dovuta cautela. “Poiché pare che la rottamazione costi svariati miliardi”, a questo punto “è il ministro dell’Economia Giorgetti, che dovrebbe spiegarci come si può coprire il costo di questa rottamazione”, dice il responsabile economico Marco Osnato. Che comunque conferma come storicamente nel centrodestra nessuno sia contrario: per cui, “se ci fossero le condizioni saremmo tutti entusiasti di farla”. Favorevole è anche Forza Italia, che pure è al lavoro da tempo per una nuova rottamazione: ma per gli azzurri resta “prioritaria – ricorda Maurizio Gasparri – anche la riduzione dell’Irpef” al ceto medio. Intanto le prime novità sul fronte fiscale arrivano dal milleproroghe. Un emendamento dei relatori riapre la rottamazione quater per chi, non avendo pagato una rata, è decaduto dal beneficio: potrà essere riammesso presentando “entro il 30 aprile 2025” una nuova dichiarazione di adesione.
La misura, si legge nella relazione tecnica, ha un impatto di oltre 126 milioni in 10 anni. Nella proposta spunta anche il rinvio di due mesi (dal 31 luglio al 30 settembre) del termine per aderire al secondo step del concordato biennale. Una doppia mossa contro la quale le opposizioni alzano le barricate, e chiedono il ritiro dell’emendamento. “Se non tolgono il fisco dal tavolo è impossibile procedere”, avverte il Pd. Un altolà che ritarda ancora l’avvio delle votazioni in commissione Affari costituzionali. Il nuovo rinvio è per domani alle 12. Intanto, visto l’intervento dei relatori sulla rottamazione, sembra a questo punto destinato a non sopravvivere l’unico emendamento leghista rimasto in piedi sulla rottamazione, per riaprire la quater fino a fine 2023, con il pagamento in massimo 18 rate.
Si apre oggi l’edizione 2025 di Wine Paris, il grande salone francese dedicato al vino e ai distillati. La rassegna si terrà fino al 12 febbraio negli spazi di Paris Expo, alla Porte de Versailles. La partecipazione italiana, si legge in una nota diffusa dall’agenzia ICE, è anche quest’anno, molto significativa: in totale, le aziende rappresentative del Made in Italy al Wine Paris 2025 saranno oltre 1.000, occupando integralmente la Hall 6 del parco espositivo e posizionando l’Italia come seconda nazione più rappresentata subito dopo la Francia, con circa il 20% degli espositori presenti alla Fiera. L’Agenzia ICE conferma la sua partecipazione al salone con una delegazione di aziende italiane in significativa crescita rispetto allo scorso anno: 145 produttori italiani animeranno il Padiglione Italia, su un’area espositiva di circa 1.450 mq nelle Hall 6 e 5.
Nella giornata d’apertura, è atteso il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che insieme all’Ambasciatore d’Italia in Francia, Emanuela D’Alessandro, al Presidente dell’Agenzia ICE, Matteo Zoppas e al Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei Deputati, on. Mirco Carloni, deve inaugurare il Padiglione Italia salutando tutte le aziende italiane espositrici. Il Salone Wine Paris, a cui sono attesi più di 5.300 espositori, provenienti da oltre 50 paesi, e 50.000 visitatori. è divenuto u riferimento europeo ed internazionale per i più importanti operatori del settore vinicolo, ben oltre i confini francesi.
L’Italia, con oltre 7.7 miliardi di euro nel 2023, é il secondo Paese al mondo, dopo la Francia, per esportazione di vini con una quota di mercato globale del 21,5% nel 2023. La Francia rappresenta per l’Italia il 6° mercato di sbocco per le esportazioni di vino italiano: nel 2023 l’Italia ha esportato vini in Francia per un valore di 307 milioni di euro: +7,05% rispetto al 2022 e ben +48,56% in 4 anni rispetto ai valori registrati nel 2019. Per quanto riguarda liquori e distillati, l’Italia é il settimo esportatore al mondo con una quota di mercato del 4,4%, dunque un valore complessivo di esportazioni pari a 1.671 miliardi nel 2023. La Francia rappresenta per l’Italia il 4° mercato per l’acquisto di liquori e distillati italiani, con un export italiano che ha raggiunto un valore pari a 112 milioni nel 2023, segnando una crescita di quasi il +19,1% rispetto al 2022.