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‘Ndrangheta valdostana, la politica mediata con sistemi ndraghetisti e i dissapori familiari sistemati con metodi sanluchesi

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Lo chiamano ‘il testone’ e lo coinvolgono anche come paciere in un dissidio sorto all’interno della giunta comunale di Saint-Pierre, da poco eletta. Il nome dell’allora presidente della Regione, Augusto Rollandin (che non risulta indagato) emerge almeno una trentina di volte nell’ordinanza del gip di Torino riguardante l’inchiesta ‘Geenna’ sull’infiltrazione della ‘Ndrangheta in Valle d’Aosta. Per risolvere un dissidio interno alla giunta comunale di Saint-Pierre, di cui era stata protagonista Monica Carcea, una degli indagati nell’inchiesta, viene coinvolto anche Augusto Rollandin, all’epoca dei fatti presidente della Regione.

“La cosa importante che emerge dalla conversazione – commenta il gip riguardo a un’intercettazione – resta comunque il fatto che dopo le elezioni comunali c’è stato un incontro con il Presidente Rollandin al quale hanno partecipato sicuramente Carcea Monica e Di Donato Marco Fabrizio (anch’egli indagato e considerato dagli investigatori il ‘capo’ della locale valdostana ndr)”. (” …sai cosa mi ha detto, quando sono andato con Monica?’)” si legge in un’intercettazione di Di Donato. “Nella circostanza quest’ultimo ha sottolineato la buona riuscita dell’elezione per la Carcea (“minchia come è passata”) e con tale risultato ha potuto richiedere l’appoggio di Rollandin per un incarico rilevante da affidare alla donna”, scrive ancora il giudice. Rapporti, quelli tra Di Donato Marco Fabrizio e Rollandin, che non si limitavano al ‘dossier Saint-Pierre’: “Emerge come Gianni Mongerod (esponente dell’Union valdotaine e funzionario regionale, addetto alla sicurezza del palazzo regionale ndr) e Ego Perron (ex assessore alle finanze) siano il tramite per consentire a Marco Di Donato di arrivare a contattare l’allora Presidente della Regione Valle d’Aosta, Rollandin Augusto [“per farli riprendere a lavoro … gli ho detto glielo puoi andare a dire al ‘testone’ si, si, si”], detto ‘il testone'”.

Sempre dagli atti di inchiesta emergono altre storie al limite. Ad esempio una ‘guerra’ tra famiglie calabresi che vivono in Valle d’Aosta sfiorata dopo una lite scoppiata tra due ragazzi. E’ accaduto nel giugno-luglio 2015 – come si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – quando c’era stata una collutazione tra il nipote di Antonio Raso e il figlio di Salvatore Filice, con quest’ultimo che aveva riportato contusioni guaribili in 6 giorni. “La vicenda rileva in quanto dimostrativa di dinamiche interne alle due fazioni tipiche della ‘ndrangheta – si legge nell’ordinanza – in cui un mero litigio tra ragazzi provoca reciproche pretese di rispettabilità tali da muovere la stessa locale di San Luca al fine di comporre gli attriti. In particolare, emerge la valenza dei Nirta di San Luca quali referenti per salvaguardare l’onore famigliare”. In dettaglio Salvatore Filice (gestore di un night club a Chatillon) aveva chiesto 10.000 euro ai parenti di Raso a titolo di ‘risarcimento’, arrivando anche a minacciare gli zii del ragazzo con una pistola. Gli stessi zii si erano quindi rivolti ad Antonio Raso per risolvere la questione. “…ha fatto un cazzo di casino qua che siamo dovuti andare ad aggiustare le cose…’ dice Raso in un’intercettazione. Della vicenda sono stati informati anche i referenti calabresi – si legge – sia della compagine ‘ndranghetista aostana, sia di Salvatore Filice e si sono mossi personaggi influenti che hanno rispettato le regole della consorteria mafiosa”. Dopo vari incontri non andati a buon fine, con il coinvolgimento anche di Marco Di Donato (“…io l’ho fatto per la famiglia mia…” e’ riportato in un’intercettazione), la questione era stata risolta al termine di una riunione “tesissima” in un pub di Sarre.

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Marigliano, donna perde controllo della moto e si schianta contro un palo perdendo la vita

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Un tragico incidente si è verificato questo pomeriggio in via Ponte dei Cani, nel comune di  Marigliano, dove una donna di 46 anni, residente a Scisciano, ha perso la vita.

Secondo le prime ricostruzioni fornite dai Carabinieri della sezione radiomobile di Castello di Cisterna e della stazione di Marigliano, intervenuti prontamente sul luogo dell’incidente, la vittima avrebbe perso il controllo della sua motocicletta per cause ancora da accertare. La moto è finita la sua corsa contro un palo della luce, provocando il decesso immediato della conducente.

Il tratto di strada su cui si è verificato l’incidente è stato temporaneamente chiuso al traffico per permettere i rilievi del caso. La salma della donna è stata trasferita all’istituto di medicina legale per l’esame autoptico, mentre la motocicletta è stata sequestrata per gli ulteriori accertamenti tecnici che saranno fondamentali per chiarire la dinamica e le cause esatte del sinistro.

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Gip su ultrà Milan arrestati: gruppo aggressivo e violento

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Si tratta di persone che “frequentano abitualmente lo stadio” e “che sfruttano proprio la peculiare carica intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo organizzato” per agire con una condotta “aggressiva, che rappresenta la cifra distintiva del loro modo di seguire il calcio e la squadra di cui sono supporter”. Così la gip di Milano Teresa De Pascale descrive i tre ultrà, che fanno parte della curva sud milanista, arrestati due giorni fa per aver aggredito, a colpi di sedie e tavolini ma anche a coltellate, un 25enne romeno dopo la partita Milan-Cagliari di sabato sera.

La giudice ha convalidato gli arresti e disposto come misura cautelare i domiciliari per tutti e tre, tra cui Alessandro Sticco, 42 anni, che è nel direttivo della curva milanista così come Luca Lucci, noto capo ultrà, e Christian Rosiello, il cosiddetto “bodyguard” di Fedez, coinvolto come il rapper nel caso del pestaggio al personal trainer Cristiano Iovino dello scorso aprile. Ai domiciliari anche Islam Hagag, 35 anni, e Luigi Magrini, 43 anni, che avrebbe sferrato le coltellato (la Procura chiedeva per lui il carcere). Tutti e tre difesi dal legale Jacopo Cappetta. I tre, spiega la gip nell’ordinanza, hanno fatto “leva sulla peculiare forza intimidatoria derivante dall’appartenenza ad un gruppo numeroso di tifosi” e “non hanno esitato ad aggredire congiuntamente un ragazzo da solo, anche con l’uso di bottiglie e di un coltello, sino a lasciarlo sanguinante riverso in terra, proprio dopo una partita di calcio, quale luogo ed occasione in cui manifestare e sprigionare la propria indole aggressiva e violenta”.

Il 25enne ha messo a verbale che dopo aver visto la partita, “mentre si stava recando al bar” vicino “al punto di ritrovo degli ultras per consumare delle bevande, veniva aggredito senza motivo, inizialmente da due tifosi, che lo spogliavano della maglietta che indossava”, una maglia della curva sud rossonera. E ha aggiunto: “non so dare spiegazioni dell’aggressione. Senza nessun motivo mi hanno tolto la maglietta e mi hanno colpito”. Gli ultrà interrogati oggi dalla gip, invece, hanno raccontato di aver reagito, ammettendo in sostanza i fatti, perché un loro amico della curva era stato colpito in precedenza dal 25enne ed “era a terra sanguinante”.

Per il gip ad aggredire il romeno è stato un “gruppo di 8-9” ultrà, alcuni già identificati e indagati, oltre ai tre arrestati. Il “dettaglio della maglietta del Milan strappata – scrive la giudice – ovvero mai indossata e tolta autonomamente dalla vittima (come riferito dagli indagati), allo stato, non è riscontrato dalla visione delle telecamere, in quanto esse riprendono il soggetto già a torso nudo all’esterno del locale”. Allo stesso modo, “la asserita precedente aggressione posta in essere” dal 25enne, chiarisce la giudice, “allo stato, non risulta riscontrata, non emergendo neppure alcun certificato medico”. Fatti questi che andranno verificati ancora nelle indagini.

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Inchiesta clinica Messina, ai 9 indagati sequestrati 11 milioni

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Nell’inchiesta sulla clinica NeMo Sud e il Policlinico di Messina sono indagati, a vario titolo per peculato e corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, Alberto Fontana, 52 anni, ex presidente della fondazione Aurora onlus (che gestiva il centro clinico Nemo Sud a Messina), Giuseppe Laganga Senzio, 47 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico messinese, Mario Giovanni Melazzini, 65 anni, anche lui ex presidente della fondazione Aurora onlus, Giuseppe Pecoraro, 75 anni, commissario straordinario del Policlinico, Paolina Reitano, 64 anni, ex direttrice sanitaria del Policlinico, Marco Restuccia, 60 anni, direttore generale del Policlinico, Giuseppe Vita, 72 anni, medico dirigente dell’unità operativa di Neurologia del Policlinico, l’attuale assessore regionale alla Sanità Giovanna Volo, 68 anni, ex direttore sanitario dell’ospedale universitario, Michele Vullo, 68 anni, ex direttore amministrativo del Policlinico. Giuseppe Vita, Mario Giovanni Melazzini, Alberto Fontana, Giuseppe Laganga Senzio hanno la misura cautelare del divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione e di esercitare impresa in ambito sanitario.

Per tutti e nove gli indagati ciascuno pro quota, è stato disposto il sequestro preventivo di denaro, beni mobili e immobili, per l’importo complessivo di 11 milioni di euro, pari ai fondi pubblici distratti. L’ordinanza delle misure cautelari è stata firmata dal gip Claudia Misale.

Tutti gli indagati sono da considerare innocenti fino al terzo grado di giudizio.

 

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