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MotoGP: testa a testa Bagnaia-Martin, decide Valencia

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Diciannove Gran Premi ed altrettante Sprint Race non sono bastati a Francesco Bagnaia per confermarsi campione del mondo, né ad alcuno dei suoi avversari per sfilargli in anticipo lo scettro. Nemmeno a Jorge Martin, che ne è stato il principale contendente per gran parte dell’anno ed è rimasto l’unico a potergli succedere. Tutto si deciderà nel prossimo fine settimana a Valencia, come nel 2022, quando Pecco ebbe la meglio sulla resistenza di Fabio Quartararo. Sarà la sesta stagione dell’era MotoGP ad assegnare il titolo all’ultimo atto. Con il torinese grande favorito, grazie al vantaggio sul madrileno risalito a +21 in Qatar. Il circuito intitolato a Ricardo Tormo potrebbe poi essere teatro di un arrivederci difficile da spiegare.

Quello di Fabio Di Giannantonio, vincitore a Losail della sua prima gara nella classe regina. Un successo bagnato da lacrime di commozione, ma anche di tristezza. Non certo un addio, visto l’indiscusso talento del romano, 25 anni, alla seconda stagione nel mondiale della classe regina con la Ducati clienti del team Gresini. L’arrivo di Marc Marquez nel 2024 lo ha però costretto a cedere il sedile. Il suo 2023 non è stato facile. Lui ha reagito con tanto lavoro, senza lasciarsi andare a polemiche, nemmeno quando si è ritrovato a correre da separato in casa. Da buon romano, dopo il terzo posto in Australia aveva affidato ad una battuta l’amarezza che stava vivendo: “Ora che cominciavo a divertirmi mi tolgono il giocattolo”.

Ma Diego Tavano, manager di Fabio, non si è arreso. Ed uno spiraglio sul futuro del pilota sembra essersi aperto, anzi due. Il primo porta alla Ducati del team Mooney VR46 che perderà Luca Marini, destinato a rilanciare la Honda. Il secondo, clamoroso, proprio al marchio giapponese, se non dovesse arrivare Miguel Oliveira. Ha un raggio temporale più breve l’esito della lotta per l’iride. Come accennato, Bagnaia parte per Valencia con un rassicurante margine da gestire (21 punti su 37 in palio) e il morale in ascesa, dopo che il Qatar sembra aver indirizzato la corsa al titolo.

Se il torinese aveva pagato dazio nella Sprint ad un gomma non performante, a Martin è andata peggio perché la posteriore fallata l’ha pescata domenica, giocandosi un bel gruzzolo di punti. A fine giornata ha puntato l’indice contro il costruttore, con una reazione addirittura eccessiva visto che è arrivata a mente fredda, segno della consapevolezza che quel decimo posto – peggior piazzamento del 2023, ritiri esclusi – probabilmente gli costerà caro. Intanto Pecco può gioire, pur consapevole che in Spagna “non sarà facile perché 21 punti non sono comunque abbastanza per potersi rilassare”. Voleva vincere, è giunto secondo, ma ha rischiato di rovinare tutto all’ultimo giro, nel tentativo di superare Di Giannantonio.

A Valencia potrebbe confermarsi campione già dopo la gara Sprint, benché Martin si sia dimostrato uno specialista del genere, vincendone sei. Ma a Pecco basterà guadagnare altri quattro punti per essere il primo a concedere il bis dagli anni del Marquez piglia tutto.

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Champions: fiducia Mazzarri, pronti per sfidare il Real

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Vincere in casa dell’Atalanta e adesso andare al Bernabeu con il coraggio di provarci, sapendo che se anche perdi, poi basterà pareggiare con il Braga per qualificarsi. Il Napoli di Mazzarri ritrova forza e voglia alla vigilia del match contro il Real Madrid: sa di giocare contro una grande squadra, ma con tanti infortunati, e di poter tentare il colpo senza paura. Lo dice con coraggio proprio il nuovo tecnico azzurro: “L’obiettivo – spiega chiaramente – è di ritrovare il gioco bellissimo del Napoli dell’anno scorso. Siamo andati bene a Bergamo vincendo e ora ripartiamo da qui, poi non mi pongo limiti”.

Mazzarri parla della stima reciproca con de Laurentiis, seduto ad ascoltare la sua conferenza stampa; manda complimenti a Luciano Spalletti e parla della sua stima per Carlo Ancelotti: “E’ un tecnico di altissimo livello – spiega – ha vinto tutto e sa costruire le squadre più forti. Ci siamo incontrati diverse volte in campo e per lui ho una stima incredibile dal punto di vista umano. Poi in campo vanno le due sqadre e vediamo che succede. Ancelotti per me deve stare una vita qui, ma sceglierà lui il suo futuro”. Il futuro del Napoli passa invece per i giocatori che cercano di ritrovare la forma migliore, a partire da Osimhen, che è rientrato nel finale a Bergamo e ha inventato l’assist del gol vittoria a Elmas.

“Osimhen – spiega il tecnico – sta facendo passi avanti fisicamente. Ha giocato 25′ a Bergamo e vediamo se domani riesce a fare un tempo, perchè poi giocheremo contro Inter e Juventus e lui è un giocatore importante. Vediamo se parte in campo dall’inizio della partita o durante il match”. “In generale – continua Mazzarri – ho trovato a Napoli un gruppo di empatia enorme, dei bravi ragazzi molto professionisti. Il club ha preso giocatori che hanno una grande serietà e se l’allenatore trova questo materiale umano oltre che di qualità tecnica può andare veramente bene. Non mi è capitato spesso di trovare giocatori così. Io di solito se entro nella testa dei giocatori inserisco la buona organizzazione in campo a livello tattico, devo cercare di inculcare le idee ai giocatori e farli ritornare ad essere quelli dello scorso anno, o almeno a somigliarci”.

Mazzarri ha fiducia in un gruppo che quindi domani può partire con Osimhen dal 1′, per poi essere avvicendato nell’intervallo, oppure con Raspadori e il nigeriano pronto a subentrare. Per il resto torna in porta Meret, mentre c’è sempre il problema del terzino sinistro, con Rui e Olivera infortunati e rimasti a Napoli e Juan Jesus favorito da terzino ma anche Ostigard pronto. La fiducia c’è e Mazzarri ricorda le imprese del suo passato al Napoli nel 2011, quando sconfisse il Manchester City, qualificandosi: “Eravamo un gruppo esordiente ed emozionato ma vincemmo e passammo il turno, perché a volte nel calcio accade quello che prepari. Noi domani proviamo a giocare bene”.

“Sensazioni positive” che ha anche Giovanni Di Lorenzo, capitano del Napoli: “Giocheremo in uno stadio fantastico contro una grandissima squadra. Sarà un test anche per noi, per capire a che livello siamo. Siamo pronti per affrontare questo incontro, che può darci uno slancio importante tanto in campionato quanto in Champions. La partita dell’andata è stata determinata anche da qualche errore nostro, come il mio sul gol di Vinicius. L’avevamo però interpretata bene, costringendo il Real a difendersi nella sua metà campo. Dobbiamo ripartire da questo approccio, ma domani sarà una partita completamente diversa”.

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Lazio vola con Immobile, è agli ottavi di Champions

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“Voglio una squadra cattiva e feroce agonisticamente. La società crede nell’organico e nell’allenatore. Una volta che uno cade si deve rialzare, come viene detto nel Vangelo”. Parole, dette a Sky prima della partita, profetiche quelle del presidente della Lazio, Claudio Lotito. La vittoria sul Celtic non sarà una risurrezione dal punto di vista del gioco ma la squadra di Sarri trascinata da Ciro Immobile non solo scaccia le ombre della crisi ma soprattutto, grazie al successo dell’Atletico Madrid sul Feyenoord, vola agli ottavi di Champions con un turno di anticipo.

E la sfida coi Colchoneros tra due settimane deciderà la prima del girone E. Intanto bisogna sottolineare che a togliere le castagne dal fuoco alla sua squadra è stato, ancora una volta, Immobile, che Sarri ha tenuto fuori dalla formazione iniziale per dare un segnale e soprattutto un seguito alle sue parole di ieri, quando aveva detto che “ormai bisogna resettare e non ci sono distinzioni tra vecchi e nuovi”. Così ha fatto, ma poi, vista l’inconcludenza in avanti di Castellanos, al 16′ della ripresa ha fatto entrare Immobile e il bomber ha risposto con i due gol che hanno deciso la partita. Come dire che più decisivo di così non si può. Forse, a lui e ai compagni, avrà fatto bene anche il ritiro prepartita imposto dalla società.

A merito della Lazio bisogna dire anche che è scesa in campo priva dello squalificato Vecino e degli infortunati Zaccagni, Casale e Romagnoli, e con il portiere Provedel che fino a ieri aveva 39 di febbre. Tanti assenti anche nel Celtic, vedi i vari Palma (squalificato), Maeda, Hatate e Abada (quest’ultimo israeliano che si dice non gradisca certi atteggiamenti dei tifosi dei Bhoys come le bandiere palestinesi esposte anche oggi sugli spalti), ma il calcio di oggi, e delle troppe partite, è fatto anche di numerose assenze. Con la vittoria di oggi la Lazio torna a vincere due partite di seguito in Coppa dei campioni/Champions dopo 22 anni: l’ultima volta le era capitato nell’ottobre 2001 a spese di Psv Eindhoven e Galatasaray.

Il Celtic, che oggi non ha fatto molto per vincere (del resto in Champions non ci è mai riuscito ogni volta che ha giocato in Italia) ora è fuori anche dall’Europa League (arriverà sicuramente ultimo nel girone), ed è arrivato alla 15/a partita di seguito senza vincere nella massima competizione europea, primato assoluto per una squadra britannica (quindi comprese quelle inglesi). Ed essendo rimasto a secco anche oggi è arrivato a 9 match senza gol nelle ultime 11 apparizioni in Champions.

Numeri che testimoniano una pochezza apparsa evidente, nonostante la foga espressa nei minuti iniziali del match e la buona volontà messa in campo da elementi come Furuhashi, Oh Hyeon-gyu, al quale l’arbitro Umut Meler ha negato un rigore nel recupero dopo ‘consulto’ al Var, e Carter-Vickers. Ma ai Bhoys servirebbe uno Johnston ‘vero’, come il folletto che fece impazzire Inter e Fiorentina nella Coppa dei Campioni degli anni ’60 e non i suoi due omonimi visti in campo oggi: altra storia, e altra classe. Così Sarri sorride, confortato dalla discreta prova dei suoi e per aver azzeccato le sostituzioni, vedi Immobile, ma anche Pedro.

Al 37′ st c’è il primo gol di Immobile: Isaksen dalla destra dell’area prova un sinistro a rientrare, il tiro deviato si trasforma in un assist per Immobile che appostato sul secondo palo non può sbagliare. Il raddoppio tre minuti dopo: palla morbida dentro l’area ancora di Isaksen dalla destra, Scales sembra in vantaggio ma perde il duello col campitano laziale, che rientra sul sinistro saltando Carter-Vickers e infilando Hart di sinistro. E ora l’imperativo è tornare a fare bene anche in campionato, altrimenti i tifosi che oggi hanno sempre incitato la squadra torneranno a farsi sentire in altro modo.

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Champions: Milan travolto dal Borussia, ottavi lontani

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Sulla strada per gli ottavi, il Milan trova un semaforo giallo, luminoso come la qualificazione che il Borussia ha già ottenuto. Prima che scatti il rosso sulla Champions, c’è un ultimo tratto di strada, quello che porta a Newcastle all’ultima partita del girone. Servirà vincere e sperare al tempo stesso che il Dortmund già qualificato batta il Psg, capace di pareggiare nel recupero proprio contro gli inglesi. Una classifica da mal di testa: tedeschi primi e qualificati con 10 punti, Psg a 7 e Milan a 5 come gli inglesi. Non è bastato nemmeno il San Siro on fire che voleva Stefano Pioli, dopo il sostegno più tiepido del solito sabato con la Fiorentina. Il Mezza si infiamma al minuto 37 quando Chukwueze trova il suo primo centro in rossonero e rimette in carreggiata una partita sin lì schizofrenica: rigore sbagliato e poi rigore subito, Borussia pericoloso e poi il ritrovato equilibrio.

Esegesi di una partita che è materia freudiana ma che al Milan al sembrava, almeno sin lì, lasciare in dote una certezza: la capacità di non crollare quando sarebbe stato facile farlo. Perché si inizia fortissimo, con il pallino ai rossoneri e il traversone di Calabria che Chukwueze e Giroud non concretizzano da due passi. Finché proprio Chukwueze calcia a botta sicura, con Schlotterbeck che ci mette il braccio e l’arbitro Kovacs il fischietto: calcio di rigore dopo 5 minuti, ma Giroud angola poco il sinistro e Kobel respinge. Non passano che tre giri d’orologio e Calabria stende Bynoe-Gittens: altra area, altro rigore, altro epilogo con Reus che non sbaglia. Tra rigore fallito e rigore subito, lo tsunami non travolge il Milan, capace anzi di restare a galla. Semmai sospinge il Borussia, che al 19′ potrebbe raddoppiare: ancora Bynoe-Gittens che punta e ancora Calabria che fatica a stargli dietro, ma il destro dell’inglese si alza troppo. Eppure è anche il Dortmund a traballare quando si tratta di difendere. E come prima Pulisic, è poi Giroud a trovare spazi per arrivare al tiro.

Poco dopo, il pari: Chuckwueze fa mulinare le gambe a destra, rientra sul sinistro e incrocia sul palo lontano il tiro del pari. Tutto di nuovo in palio, tutto da decidersi e tutto da migliorare, come il colpo di testa che Calabria schiaccia male sul secondo palo, da buona posizione, allo scadere del primo tempo. Proprio Calabria alza un cross a inizio ripresa, Pulisic si coordina in mezza girata Ryerson devia in corner. Dall’altra parte Bynoe-Gittens strappa a sinistra, a Thiaw cede il flessore.

Dentro Krunic da centrale di difesa, ma è Bynoe-Gittens finalizzare un’azione tutta di prima e conclusa con un colpo da biliardo sul primo palo. Non è finita, perché al 24′ Adeyemi si trova la palla al limite e prende in controtempo Maignan che si stava accentrando. Le occasioni non sono finite, ma la partita sì: Jovic di testa e Fullkrug pareggiano almeno il conto dei legni, mentre San Siro ha già cominciato a defluire. Per il suo Milan, Pioli voleva la mentalità di Sinner, così come era successo in primavera prima della semifinale di Champions. Orizzonte lontanissimo, dopo l’1-3 e il pari tra Psg e Newcastle. Più di una palla break subita è un set perso. Per il match point, tutto rimandato all’ultima partita del girone, nel giorno di Santa Lucia, al St James’ Park.

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