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Meloni e il Cpac: strategia, equilibrio e il rapporto con Trump

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Giorgia Meloni mantiene la rotta, nonostante le polemiche. Il suo impegno con Donald Trump è saldo, e nulla – nemmeno le proteste delle opposizioni – sembra scalfire la sua determinazione. La premier italiana interverrà al Cpac (Conservative Political Action Conference), il più importante raduno dei conservatori americani, per la terza volta nella sua carriera politica. Un intervento che arriva in una fase di grande incertezza geopolitica, con il conflitto in Ucraina e i dazi annunciati da Trump che preoccupano Palazzo Chigi.

Il caso Bannon e il dibattito in Europa

Le tensioni intorno al Cpac si sono acuite dopo il gesto di Steve Bannon, che alcuni hanno interpretato come un saluto nazista. Le opposizioni italiane hanno duramente attaccato Meloni per la sua partecipazione all’evento, ma FdI ha assicurato che si trattava solo di un gesto di incitamento, privo di qualsiasi connotazione ideologica. La stessa platea del Cpac, ricca di esponenti del mondo ebraico e con un forte sostegno a Israele, confermerebbe questa versione.

A differenza di Jordan Bardella, leader del Rassemblement National francese, che ha scelto di ritirarsi dall’evento, Meloni ha deciso di non fare passi indietro. La premier interverrà, probabilmente attraverso un videomessaggio registrato, per evitare eccessive esposizioni ma senza tradire l’impegno preso con l’ex presidente americano.

L’asse con Trump e il delicato gioco diplomatico

Il rapporto con Trump per Meloni è strategico, ma il quadro è complesso. L’Italia si trova tra due fuochi: da un lato, l’Unione Europea e la NATO, dall’altro, un’America trumpiana sempre più isolazionista e incline a rivedere i rapporti con Mosca. Per la premier italiana, la volontà di Trump di ridurre le distanze con Putin non è altro che una mossa in chiave anti-Cina.

Meloni ha più volte ribadito che l’Europa dovrà farsi trovare pronta a dialogare con un’eventuale nuova amministrazione Trump, consapevole che il presidente americano non potrà ignorare il Vecchio Continente per troppo tempo. Questo equilibrio è evidente nelle mosse diplomatiche della premier: mentre a Palazzo Chigi sventoleranno i colori ucraini per il terzo anniversario della guerra, Meloni non sarà presente a Kiev con i vertici UE, né al G7 in videoconferenza. Al contrario, sarà impegnata in un bilaterale con lo sceicco emiratino Mohammed bin Zayed, affidando la rappresentanza italiana al ministro degli Esteri Antonio Tajani.

Dazi e rischi interni: le tensioni nella maggioranza

Un altro nodo chiave è il rischio commerciale rappresentato dai dazi annunciati da Trump, che potrebbero colpire duramente il Made in Italy e le esportazioni italiane negli Stati Uniti. Il tema preoccupa Palazzo Chigi, ma divide anche gli alleati di governo. Tajani, da europeista convinto, spinge per una risposta comune dell’UE, mentre Matteo Salviniliquida la questione ucraina e la missione di Ursula von der Leyen a Kiev, schierandosi apertamente con Trump: “Noi stiamo con il presidente Trump”, ha dichiarato.

L’equilibrismo della premier potrebbe causare tensioni interne, ma il suo obiettivo è chiaro: evitare una rottura con Washington senza inasprire il confronto con Bruxelles. Meglio qualche fibrillazione nella coalizione che uno scontro frontale su due fronti.

Un ruolo sempre più complesso sulla scena internazionale

La posizione di Meloni sullo scacchiere globale si fa sempre più delicata. Da una parte, il Cpac rappresenta un’ulteriore legittimazione tra i conservatori americani, dall’altra, l’Italia deve muoversi con prudenza tra Europa, Stati Uniti e le alleanze economiche strategiche. L’intervento della premier alla convention americana sarà un banco di prova per comprendere quanto e come il governo italiano intenda giocare la sua partita nei nuovi equilibri internazionali.

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Esteri

‘Usa offriranno pacchetto di armi da 100 miliardi a Riad’

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Gli Stati Uniti sono pronti a offrire all’Arabia Saudita un pacchetto di armi del valore di ben oltre 100 miliardi di dollari: lo riferisce la Reuters sul proprio sito citando sei fonti a conoscenza diretta della questione e aggiungendo che la proposta dovrebbe essere annunciata durante la visita di Donald Trump nel regno a maggio. Il pacchetto offerto arriva dopo che l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden ha tentato senza successo di finalizzare un patto di difesa con Riad nell’ambito di un accordo più ampio che prevedeva la normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele.

La proposta di Biden offriva l’accesso ad armamenti statunitensi più avanzati in cambio del blocco degli acquisti di armi cinesi e della limitazione degli investimenti di Pechino nel Paese. La Reuters non è riuscita a stabilire se la proposta dell’amministrazione Trump includa requisiti simili.

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Economia

Generali, vince la lista Mediobanca: Donnet e Sironi confermati alla guida

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Con il 52,38% dei voti, l’assemblea dei soci di Generali ha scelto la lista di Mediobanca, confermando per il prossimo triennio Philippe Donnet (foto Imagoeconomica in evidenza) nel ruolo di amministratore delegato e Andrea Sironi come presidente. Una decisione che riafferma la linea della continuità e della stabilità nella governance della storica compagnia assicurativa triestina.

Affluenza e composizione del voto

L’assemblea, che ha registrato un’affluenza del 68,7%, è tornata in presenza per la prima volta dal 2019, riunendo oltre 450 azionisti presso il Generali Convention Center. A pesare sul risultato finale sono stati in particolare i voti degli istituzionali (circa il 17,5%) e un sorprendente apporto del retail (5%), mai così attivo. Anche la Cassa forense, con il suo 1,2%, ha votato a favore della lista Mediobanca.

Risultato del gruppo Caltagirone e confronto con il 2022

La lista Caltagirone ha ottenuto il 36,8% del capitale votante, confermando il ruolo di minoranza forte, ma non sufficiente a ribaltare gli equilibri. I fondi Assogestioni, con il 3,67%, non superano la soglia del 5% e quindi restano fuori dal consiglio. Il confronto con il 2022 mostra un equilibrio sostanzialmente stabile: allora Mediobanca aveva ottenuto il 56%, Caltagirone il 41%.

Il nuovo consiglio d’amministrazione

Il nuovo board sarà composto da 13 membri, con una struttura molto simile a quella uscente. Oltre a Donnet e Sironi, confermati nomi come Clemente Rebecchini, Luisa Torchia, Lorenzo Pellicioli, Antonella Mei-Pochtler, Alessia Falsarone. Tra le novità, Patricia Estany Puig e Fabrizio Palermo, ex ceo di Cdp e attuale ad di Acea.

Il ruolo di Unicredit, Delfin e gli altri azionisti

A sostenere Caltagirone si è aggiunta Unicredit, con il 6,5% su un portafoglio totale del 6,7%. Al suo fianco anche Delfin(9,9%) e probabilmente la Fondazione Crt (quasi 2%). Assente invece dai voti sulle liste Edizione della famiglia Benetton (4,83%), che ha scelto di astenersi, pur votando su altri punti all’ordine del giorno.

Donnet: «Ha vinto Generali»

«Oggi ha vinto Generali», ha dichiarato Donnet. «Il mercato si è espresso chiaramente: questa era la scelta per il futuro della compagnia come public company indipendente». Il presidente Sironi ha parlato di un consiglio «che ha lavorato con rispetto e responsabilità» e che continuerà a farlo anche nel prossimo mandato.

 

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Esteri

Trump affida il dialogo con Mosca al suo uomo di fiducia Witkoff, uno che fa affari con oligarchi russi

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Donald Trump ha estromesso Keith Kellogg dai contatti sulla guerra in Ucraina. Il generale, pur essendo l’inviato ufficiale della Casa Bianca, è stato considerato in conflitto d’interessi per via del lavoro della figlia, che collabora con un’agenzia impegnata a fornire farmaci a Kiev. La notizia, rilanciata dalla stampa russa e dai servizi d’intelligence di Mosca, ha spinto Trump a escluderlo dalle trattative.

Witkoff entra in scena senza incarichi ufficiali

Al suo posto, Trump ha affidato i contatti con il Cremlino a Steve Witkoff, immobiliarista newyorkese e suo collaboratore personale. Witkoff non ha alcuna esperienza diplomatica né una posizione formale all’interno delle istituzioni americane. Tuttavia, gode della fiducia diretta dell’ex presidente e sembra avere piena libertà d’azione nei rapporti con la Russia.

L’ombra dell’oligarca Blavatnik nei suoi affari

A rendere controversa la scelta di Witkoff è il suo socio d’affari, Leonard Blavatnik, miliardario nato a Odessa, naturalizzato americano e britannico, considerato uno degli oligarchi più influenti. Blavatnik è finito nella lista delle sanzioni dell’Ucraina per i suoi rapporti con l’economia russa. Con Witkoff ha gestito operazioni immobiliari per oltre un miliardo di dollari.

Gli affari miliardari costruiti nell’era post-sovietica

Blavatnik ha fatto fortuna negli anni delle privatizzazioni in Russia. Con Mikhail Fridman e Viktor Vekselberg ha acquisito la compagnia petrolifera TNK e, nel 2003, ha siglato una partnership con British Petroleum. L’operazione si è conclusa nel 2013 con la vendita a Rosneft per 56 miliardi di dollari, con l’appoggio politico del Cremlino.

Trump ignora i rischi e tira dritto

Nonostante la posizione ambigua di Blavatnik — che ha definito la guerra “inimmaginabile” senza mai accusare Putin — Trump continua a considerare valido il canale con Mosca tramite Witkoff. Le attività comuni tra i due sono proseguite anche dopo l’inizio della guerra in Ucraina, con un recente investimento da 85 milioni di dollari. Per Trump, nessun problema. O forse, proprio per questo, un vantaggio.

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