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L’omaggio al Papa divide il Parlamento,accuse di Pd e 5s

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L’applauso bipartisan più convinto è per Matteo Renzi, che cita Fabrizio De André: “Nel vedere quest’uomo che muore, madre io provo dolore, madre ho imparato l’amore”. Per il resto, anche la commemorazione di Papa Francesco in Parlamento è l’occasione per misurare le fratture della politica. Con Giorgia Meloni che si mette la mano sul volto alla fine del discorso di Elly Schlein, secondo cui il Pontefice morto “non merita l’ipocrisia” di chi “deporta i migranti”.

“Ipocrisia” è la parola che usa anche Giuseppe Conte, per liquidare “i vaniloqui” di chi “ignorava i suoi moniti contro le parole di odio e la logica della guerra”. Insegnamenti e gratitudine sono invece i concetti ricorrenti nel discorso della premier, un concentrato di ricordi personali e momenti pubblici vissuti al fianco di Bergoglio, un papa che “ha rotto gli schemi” ed è “entrato nel cuore delle persone”. Senatori e deputati sono riuniti a Montecitorio, in un momento solenne, un’ora e mezza incastrata fra il voto di fiducia sul decreto bollette e la discussione sul decreto P.a. In Transatlantico non tutti rispettano la sobrietà richiesta nei cinque giorni di lutto nazionale.

“Manchi solo tu al conclave”, il messaggio che accompagna il selfie inviato a un collega assente da tre parlamentari divertiti. Poi tutti in Aula. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana definisce Papa Francesco “pastore tra la gente”, rimarcando il “vuoto profondo” che lascia “per i cattolici e l’intera comunità internazionale”. “Lo abbiamo amato e ammirato per l’instancabile forza ed energia con cui si è battuto per la giustizia, la pace e la fraternità tra i popoli e le nazioni”, sottolinea il presidente del Senato Ignazio La Russa, prima del minuto di silenzio che evolve in una standing ovation con applauso prolungato.

Negli interventi dei gruppi parlamentari si misurano le prime distanze. I dem applaudono sia Galeazzo Bignami (FdI), che ricorda come “il Papa non è di una parte, non segue schemi politici”, e Francesco “si è sempre rivolto al suo popolo, senza sottrarsi al confronto con chi aveva opinioni diverse”; sia Simonetta Matone (Lega), per cui è “difficilissimo tracciare un ricordo” di questo pontefice, “spiazzante, imprevedibile, lontano dai partiti più di ogni altro del passato, ma politico, continuo pungolo dei partiti”. Dal Pd niente applausi invece a Maurizio Gasparri (FI), che stigmatizza “le tante ipocrisie di chi lo cita sempre e non ha mai seguito il percorso della fede”.

Una risposta diretta ai discorsi scanditi poco prima da Schlein e Conte. Quello della segretaria del Pd è l’intervento più politico. Il Papa, dice, “non merita l’ipocrisia di chi non ha mai dato ascolto ai suoi appelli ed oggi cerca di seppellire nella retorica il suo potente messaggio, di chi deporta i migranti, toglie i soldi ai poveri, nega l’emergenza climatica e nega le cure a chi non se le può permettere”. Immobili i parlamentari sui banchi del centrodestra, da cui invece parte qualche debole applauso per il leader M5s. Conte ricorda il “coraggio” di Bergoglio su Gaza, ma anche i mesi della pandemia e “il suo messaggio dirompente: ‘Nessuno si salva da solo'”.

Il finale è per Meloni. In piedi fra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, parte dai ricordi personali, di “un grande uomo e un grande pontefice”, che “sapeva essere determinato, ma quando parlavi con lui non esistevano barriere”. Il consiglio “più assiduo”, nonché “l’ultimo”, è stato “non perda mai il senso dell’umorismo”, racconta la premier, ribadendo la “gratitudine, mia, del governo e dell’Italia” per la storica partecipazione del Papa al G7. In quell’occasione, ricorda, disse che “la politica serve” ed è grande “in momenti difficili, si opera sulla base di grandi principi, pensando al bene comune a lungo termine'”.

“La diplomazia è un esercizio di umiltà”, un altro degli insegnamenti stampati nella memoria di Meloni, che assicura di vivere come “monito alla responsabilità” i gli appelli di Francesco alla pace, lanciati “anche quando sapeva che alcuni avrebbero potuto non capire, o travisare e strumentalizzare”. La sfida, è la sua conclusione, “è essere all’altezza” delle lezioni di Bergoglio, con la convinzione che “continuerà a sorriderci e a guidarci”.

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Musumeci: nei Campi Flegrei si procede senza regime straordinario

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L’attività prevista dal governo nei Campi Flegrei può proseguire con gli strumenti normativi speciali vigenti, senza che si ricorra, almeno per ora, al regime straordinario di emergenza. È questo l’esito della istruttoria dei tecnici del dipartimento nazionale della Protezione civile, condotta su richiesta del ministro Nello Musumeci. Lo si legge in una nota. “Ribadisco la massima attenzione e l’impegno del governo verso la popolazione di quell’area. E mi auguro -sottolinea il ministro Musumeci- che le lentezze più volte lamentate dalle istituzioni del territorio possano essere superate nel più breve tempo possibile. È questo un compito di coordinamento e di vigilanza che il dipartimento nazionale saprà svolgere con tutto l’impegno possibile”.

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Meloni fuori dai Volenterosi, è scontro con Macron

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Una nuova riunione, una nuova foto, una distanza che si fa strappo e sfocia in uno scontro aperto con Parigi. Giorgia Meloni e la Coalizione dei Volenterosi a sostegno dell’Ucraina non sono mai stati così lontani. Dopo il viaggio a Kiev di Emmanuel Macron, Keir Starmer, Friedrich Merz e Donald Tusk, a Tirana i quattro leader si concedono un bis. Accade a margine del vertice della Comunità Politica Europea.

In Albania c’è Volodymyr Zelensky, nelle medesime ore i colloqui tra la delegazione russa e quella ucraina confermano la scarsa concretezza del tavolo di Istanbul. I leader di Francia, Regno Unito, Germania e Polonia si riuniscono con il presidente ucraino e tutti e cinque sentono Donald Trump. La foto del loro incontro rimbalza ovunque, come quella di Kiev. E l’Italia non c’è. A dispetto di quanto avvenuto nella capitale ucraina l’assenza di Meloni a Tirana è apparsa più evidente. Il 10 maggio la premier si era comunque collegata alla riunione.

In Albania i 4 leader nordeuropei si sono riuniti a pochi metri dalla presidente del Consiglio, che come tutti gli altri era nelle sale che ospitavano le tavole rotonde previste dalla riunione della Cpe. La sua assenza è subito entrata nel mirino delle opposizioni in Italia e, forse anche per questo, Meloni ha deciso di intervenire. Con un rapido punto stampa, nel quale la premier ha messo in chiaro la sua linea: “L’Italia non è disponibile a inviare truppe in Ucraina e non avrebbe senso partecipare a formati che hanno degli obiettivi sui quali non abbiamo dichiarato la nostra disponibilità”. Parole sulle quali, poco dopo, si soffermato Macron. Smentendo che si sia parlato di invio delle truppe sia a Tirana sia nell’incontro di domenica con Zelensky a Kiev.

“La discussione è sul cessate il fuoco, guardiamoci dal divulgare false informazioni, ce ne sono a sufficienza di quelle russe”, ha tenuto a precisare l’uomo dell’Eliseo. Il botta e risposta conferma un gelo che a Tirana era parso già evidente. Basta guardare un altro scatto del summit, quello che ritrae Meloni, Tusk, Starmer e questa volta Ursula von der Leyen parlare con Zelensky prima della sessione plenaria dell’incontro. Quando Macron non era ancora arrivato. Il nuovo incontro dei Volenterosi ha tuttavia visto emergere un ulteriore elemento, il rinnovato asse con Trump sull’Ucraina.

“Continueremo a lavorare insieme. Il compito principale è mantenere l’unità dei partner europei e americani intorno alla questione”, hanno dichiarato i quattro leader dopo l’incontro, definendo “inaccettabile” il rifiuto del cessate il fuoco da parte del Cremlino. I contatti, ha spiegato Macron, continueranno nei prossimi giorni. E il presidente francese, in conferenza stampa, ha anche evocato la possibilità di un nuovo colloquio telefonico tra Trump e Vladimir Putin. Sullo Zar l’intenzione di Europa e Usa è quella di accrescere la pressione.

“Noi vogliamo la pace, e per questo dobbiamo aumentare le sanzioni”, ha incalzato von der Leyen anticipando che il nuovo pacchetto – coordinato con Washington – includerà il divieto di accesso a Nord Stream 1 e 2, l’abbassamento del prezzo del petrolio grezzo e misure finanziarie contro le banche russe. Meloni ha ribadito che “non bisogna gettare la spugna” e che “serve insistere sulla pace e sulle garanzie di sicurezza per Kiev”.

Ha lodato “l’eroismo” del popolo ucraino e e si è unita alla condanna dell’assenza di Putin a Istanbul. Ma il suo rapporto con i Volenterosi sull’Ucraina appare ora incrinato. Probabilmente la premier tornerà a discuterne con Merz nel bilaterale di Roma. Nel frattempo, le opposizioni sono passate all’attacco parlando di “umiliazione”. Ai vertici “è un fantasma, ha messo l’Italia in panchina”, ha sottolineato Giuseppe Conte. “E’ un’influencer ininfluente”, ha chiosato Matteo Renzi. “E’ ancora fuori dai tavoli che contano”, ha aggiunto Angelo Bonelli di Avs. Parole alle quali la premier ha replicato con durezza: “A chi si lamenta, all’opposizione ad esempio, chiedo la mia stessa chiarezza: ci si chiede di partecipare a questi formati perché dobbiamo mandare le truppe in Ucraina o perché dobbiamo farci una foto e poi dire di no? Io sono una persona seria”.

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Il prefetto Michele di Bari smentisce ipotesi di candidatura in Campania: notizia falsa

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Smentire una notizia può equivalere a rilanciarla. Lo dimostra quanto accaduto con il prefetto di Napoli, Michele di Bari, che ha deciso di intervenire pubblicamente per negare un’indiscrezione circolata online: il suo nome sarebbe stato incluso in una rosa di possibili candidati alla presidenza della Regione Campania per conto del centrodestra. Una notizia che lo stesso prefetto ha definito «totalmente destituita di fondamento».

Le parole nette del Prefetto

«Ritengo doveroso, per spirito di verità, comunicare che la notizia è totalmente destituita di fondamento – ha affermato Di Bari –. Né lo scrivente ha mai parlato di questa vicenda, né pertanto poteva esserci alcuna disponibilità». Con queste parole, il prefetto ha voluto chiudere ogni spiraglio interpretativo sulla questione.

L’impegno a Napoli e la distanza dalla politica

Michele di Bari ha poi ribadito il proprio attaccamento al ruolo istituzionale e alla città in cui opera: «Sono impegnato in un lavoro straordinario in una Città straordinaria che desidero concludere senza alcuna interferenza politica». Un chiaro messaggio per confermare la volontà di tenersi fuori da qualunque ipotesi di candidatura.

Possibili conseguenze legali

La dichiarazione si conclude con un passaggio che lascia intravedere sviluppi giuridici: «Ovviamente, saranno valutati anche gli eventuali profili legali della vicenda». Parole che sembrano annunciare verifiche sul fronte della diffusione della notizia ritenuta non veritiera.

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