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Meloni difende la manovra: non prenderemo mai il Mes

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La manovra si può sempre migliorare ma non c’è stata “alcuna catastrofe” come si aspettavano i gufi. E quello che manca all’Italia è proprio “l’ottimismo”, quella “fiducia nelle istituzioni” che, negli obiettivi del governo, sarà recuperata nei prossimi 5 anni. Giorgia Meloni difende, prima davanti agli eletti di FdI e poi in tv, i primi passi dell’esecutivo di centrodestra, promette una riforma del reddito di cittadinanza perché lo Stato non può “pagare” chi aspetta “il lavoro dei sogni”, rivendica la battaglia a Bruxelles sui migranti, perché “quelli che accogliamo noi sono banalmente quelli che hanno i soldi da dare agli scafisti”. E soprattutto assicura “con il sangue” che l’Italia non prenderà mai il Mes.

A prescindere dalla riforma. Certo l’Italia al momento, ricorda lei stessa nel salotto di Bruno Vespa per la sua prima apparizione televisiva, resta l’unico Paese della zona euro a non avere ratificato la riforma del meccanismo di stabilità e c’è la questione che la mancata ratifica “blocca gli altri”. Ma, taglia corto, “non è un grande tema, ne discuterà il Parlamento”. Quello che conta è che il Mes finora nessuno lo ha mai preso perché ha “condizionalità troppo stringenti” ed è “un credito privilegiato, il primo da restituire”. Quello che sarebbe da fare, quindi, sarebbe capire se si può trasformare “in uno strumento utile” anziché “un cappio”. Questione sulla quale si dice pronta a parlare con il direttore del Mes, anche se oramai in apparenza si sarebbe fuori tempo massimo. I rapporti con l’Europa, “con tutti”, sono comunque “buoni”.

Certo, con la Francia ci sono “frizioni” sulla gestione dei migranti. Ma non ci sono problemi con Macron, ripete respingendo i dubbi che sono circolati di una sua assenza ‘tattica’ dal vertice di Alicante proprio per evitare di incontrare il presidente francese. “Mica siamo alle elementari”, dice con veemenza, mantenendo ferma, però, la posizione dell’Italia. La questione dei migranti non si risolve con la “redistribuzione”, attraverso la quale comunque “il 70%” di chi sbarca sulle coste italiane “resta da noi”, ma “fermando le partenze”. Anche sul Pos con Bruxelles non ci sono stati attriti. Cancellare la norma sul Pos inserita – e rivendicata – in manovra è stato necessario perché si trattava di un obiettivo del Pnrr stabilito “dal precedente governo”. E anche per la Commissione, racconta Meloni, il problema “non era tanto nel merito” quanto nel non dare l’impressione di un “liberi tutti”. Non poteva passare insomma il principio “prendo la prima rata e poi cambio la norma”.

La retromarcia, insomma, era inevitabile ma “non rinuncio a occuparmi della materia, è una questione di giustizia”, sottolinea la premier ribadendo più volte che la sua azione a capo del governo sarà guidata dal fare “ciò che è giusto”, anche a rischio di scontentare qualcuno o di non essere rieletta, come ha detto fin da inizio mandato. Sul Pos ecco allora la “moral suasion” per convincere le banche ad abbassare le commissioni. E sul reddito di cittadinanza, altro cavallo di battaglia di Fratelli d’Italia e del centrodestra, presto arriverà una “riforma complessiva”, che punterà sulla formazione per fare incrociare domanda e offerta di lavoro. Il messaggio che intanto deve passare è che “lavori dignitosi ci sono e si trovano” e, appunto, non si può rimanere a casa a spese dello Stato ad aspettare il “lavoro dei sogni”.

Lei stessa, ricorda, voleva fare l’interprete e invece si è trovata a fare anche “la cameriera”. Ora quei posti spesso restano scoperti proprio perché manca la “volontà” e le imprese devono cercare manodopera attraverso i decreti flussi, che andranno rivisti insieme a tutta la materia dell’immigrazione, perché si fanno “a valle e non a monte”, cioè “prima li facciamo entrare”. C’è un’Italia però che “vuole combattere con noi, che non vuole più essere l’eterna Cenerentola” dice la premier, assicurando che l’unica cosa che teme davvero non sono tanto le contestazioni, il conflitto, le piazze, quanto di “deludere”.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Fratelli d’Italia risale nei sondaggi: cala il Pd, stabile il M5S

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Ad aprile, la politica internazionale ha fortemente influenzato l’opinione pubblica italiana. Gli avvenimenti chiave sono stati l’avvio dei dazi da parte degli Stati Uniti, gli incontri della premier Giorgia Meloni con Donald Trump e il vicepresidente americano Vance, la guerra in Ucraina e la crisi a Gaza, oltre alla scomparsa di papa Francesco. Questi eventi hanno oscurato le vicende della politica interna, come il congresso della Lega, il decreto Sicurezza e il dibattito sul terzo mandato per i governatori.

Ripresa di Fratelli d’Italia e consolidamento del centrodestra

Secondo il sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera, Fratelli d’Italia torna a crescere, attestandosi al 27,7%, oltre un punto in più rispetto al mese precedente. Il recupero è legato all’eco positiva degli incontri internazionali della premier e alla riduzione delle tensioni interne alla maggioranza. Forza Italia si mantiene stabile all’8,2%, mentre la Lega scende all’8,2% (-0,8%).

Nel complesso, il centrodestra si rafforza leggermente, mentre le coalizioni di centrosinistra e il Campo largo registrano piccoli cali.

Opposizione in difficoltà: Pd in calo, M5S stabile

Il Partito Democratico cala ancora, arrivando al 21,1%, il punto più basso dell’ultimo anno, penalizzato da divisioni interne soprattutto sulla politica estera. Il Movimento 5 Stelle, invece, resta stabile al 13,9%, grazie al chiaro posizionamento pacifista.

Le altre forze di opposizione non mostrano variazioni rilevanti rispetto al mese precedente.

Governo e premier in lieve ripresa

Anche il gradimento per l’esecutivo cresce di un punto, raggiungendo il 41%, mentre Giorgia Meloni si attesta al 42%. Sono segnali deboli ma indicativi di un possibile arresto dell’erosione di consensi degli ultimi mesi.

I leader politici: lieve crescita per Conte e Renzi

Tra i leader, Antonio Tajani registra il peggior risultato di sempre (indice di 28), mentre Giuseppe Conte cresce di un punto, raggiungendolo. Piccoli cali si registrano anche per Elly Schlein e Riccardo Magi. In lieve risalita di un punto anche Matteo Renzi, che resta comunque in fondo alla classifica.

Più partecipazione elettorale

Un dato interessante riguarda la crescita della partecipazione: l’area grigia degli astensionisti e indecisi si riduce di tre punti. Resta da vedere se sarà un fenomeno duraturo o temporaneo.

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Andrea Vianello lascia la Rai dopo 35 anni: “Una magnifica cavalcata, grazie a tutti”

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Dopo 35 anni di giornalismo, programmi, dirette e incarichi di vertice, Andrea Vianello (foto Imagoeconomica in evidenza) ha annunciato il suo addio alla Rai. L’annuncio è arrivato con un messaggio pubblicato su X, nel quale il giornalista ha comunicato di aver lasciato l’azienda con un «accordo consensuale».

Una lunga carriera tra radio, tv e direzioni

Nato a Roma il 25 aprile 1961, Vianello entra in Rai nel 1990 tramite concorso, dopo anni di collaborazione con quotidiani e riviste. Inizia al Gr1 con Livio Zanetti, poi al Giornale Radio Unificato, raccontando da inviato alcuni dei momenti più drammatici della cronaca italiana: dalle stragi di Capaci e via D’Amelio al caso del piccolo Faruk Kassam.

Nel 1998 approda a Radio anch’io, e successivamente a Tele anch’io su Rai2. Tra il 2001 e il 2003 è autore e conduttore di Enigma su Rai3, per poi guidare Mi manda Rai3 fino al 2010. Dopo l’esperienza ad Agorà, nel 2012 diventa direttore di Rai3.

Nel 2020 pubblica “Ogni parola che sapevo”, un racconto toccante della sua battaglia contro un’ischemia cerebrale che gli aveva tolto temporaneamente la parola, poi recuperata con grande determinazione.

Negli ultimi anni ha diretto Rai News 24, Rai Radio 1, Radio1 Sport, il Giornale Radio Rai e Rai Gr Parlamento. Nel 2023 viene nominato direttore generale di San Marino RTV, ma si dimette dopo dieci mesi. Di recente si parlava di un suo possibile approdo alla guida di Radio Tre.

Le parole d’addio: “Sempre con me il senso del servizio pubblico”

«Dopo 35 anni di vita, notizie, dirette, programmi, emozioni e esperienze incredibili, ho deciso di lasciare la ‘mia Rai’», scrive Vianello. «Ringrazio amici e colleghi, è stato un onore e una magnifica cavalcata. Porterò sempre con me ovunque vada il senso del servizio pubblico».

Il Cdr del Tg3: “Un altro addio che pesa”

Dura la reazione del Comitato di redazione del Tg3: «Anche Andrea Vianello è stato messo nelle condizioni di dover lasciare la Rai», scrivono i rappresentanti sindacali, parlando apertamente di “motivi politici”. «È l’ennesimo collega di grande livello messo ai margini in un progressivo svuotamento di identità e professionalità». E concludono con un appello: «Auspichiamo che questa emorragia si arresti, e che la Rai possa recuperare la sua centralità informativa e culturale».

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