Dopo quasi un anno lontano dal calcio, Maurizio Sarri rompe il silenzio e si racconta in una lunga intervista rilasciata al Corriere della Sera. Dai suoi trascorsi alla Lazio ai progetti futuri, dal rapporto con i grandi dirigenti ai pregiudizi sul suo gioco, fino alla passione per i gialli e al vizio delle sigarette, l’ex tecnico di Napoli, Juventus e Chelsea si svela senza filtri.
Un anno difficile: lutti, infortuni e riflessioni
Per Sarri, il periodo senza panchina non è stato facile:
“Difficile, anche a causa di problemi personali: ho perso mia mamma e uno zio a cui ero molto legato. Mia moglie è stata in terapia intensiva e anche io ho avuto un infortunio. Dopo la sofferenza ci siamo ripresi.”
Nonostante diverse offerte, tra cui una ricchissima proposta dall’Arabia Saudita, Sarri ha scelto di non tornare in panchina senza un progetto che gli dia entusiasmo.
Il futuro: “Aspetto la scintilla”
Dopo dieci anni ai vertici del calcio europeo, Sarri non si accontenta:
“Ho ricevuto proposte da più continenti, ma nessuna mi ha fatto scattare quel clic interiore per rimettermi in gioco. Ho bisogno di un grande progetto.”
Il suo desiderio è tornare in Serie A, dove si sente più a suo agio, ma non esclude un ritorno in Premier League, che definisce un campionato dal clima unico.
Le voci sul Milan e i pregiudizi sul suo calcio
A proposito delle voci su un suo possibile ritorno in Italia con il Milan, che alla fine ha scelto Sérgio Conceição, Sarri non smentisce né conferma:
“Non rispondo, dico solo che alcune offerte sono state formulate in modo da non farmi vacillare.”
Un altro pregiudizio che vuole sfatare è quello sui tempi di apprendimento del suo gioco:
“Dicono che ho bisogno di molto tempo per inculcare i miei principi, ma al Chelsea arrivai a fine luglio e già a settembre ottenevamo risultati straordinari.”
Il mercato? “Non si parla mai di sviluppare il talento”
Se c’è un aspetto del calcio moderno che proprio non gli piace, è il calciomercato:
“Si pensa che il mercato possa risolvere ogni problema, ma nessuno parla di come sviluppare il talento.”
Questo è uno dei motivi per cui oggi gli allenatori hanno meno tempo per lavorare e vengono giudicati solo dai risultati immediati.
Gli allenatori giovani e le difficoltà in Champions
Sul recente fallimento della “nuova generazione” di tecnici nelle coppe europee, Sarri è chiaro:
“L’etichetta di giovane o vecchio non ha senso: esistono allenatori bravi e meno bravi. Il valore di un tecnico va misurato sul campionato, non sulla Champions, dove un episodio può cambiare tutto.”
I suoi ex presidenti: da De Laurentiis a Lotito, da Agnelli ad Abramovich
Nel corso della sua carriera, Sarri ha avuto a che fare con dirigenti vulcanici come De Laurentiis e Lotito:
“Aurelio è una persona complessa, ma gli sarò sempre grato per avermi fatto allenare la squadra per cui tifavo da bambino. Lotito? Gli voglio bene, ma le discussioni nell’ultimo periodo erano frequenti. Dopo il secondo posto e la cessione di Milinkovic-Savic, mi aspettavo rinforzi.”
Sul suo periodo alla Juventus, racconta di aver avuto un buon rapporto con Andrea Agnelli, mentre al Chelsea, con Roman Abramovich, ha scoperto una personalità meno algida e più ironica di quanto si creda.
Big Data, calciatori preferiti e un aneddoto sul Milan
Nonostante la sua immagine da “allenatore d’altri tempi”, Sarri è stato tra i primi a usare i dati statistici nel calcio:
“Gli algoritmi devono essere un parametro, non l’unico elemento di valutazione.”
Il giocatore a cui è più legato?
“Un ragazzo sensibile e delicato che avrebbe potuto avere una carriera strepitosa: Riccardo Saponara.”
Infine, svela un retroscena del 2015, quando sembrava a un passo dal Milan:
“Dopo il colloquio, Galliani mi disse che la trattativa stava andando a buon fine. Poi non lo sentii più. Secondo me, Berlusconi trasalì quando lesse un’intervista in cui dissi che non avrei votato Renzi perché troppo a destra come lui.”
Un pacchetto di sigarette e un rapporto difficile col fumo
Nel corso dell’intervista, Sarri fuma senza sosta. Il giornalista gli fa notare che ha appena finito un pacchetto, e lui ammette ridendo:
“Disastroso, direi.”
Conclusione: in attesa della chiamata giusta
Sarri è pronto a tornare in panchina, ma solo per un progetto ambizioso. Non si accontenta e preferisce aspettare la squadra giusta piuttosto che accettare una proposta qualsiasi.
Nel frattempo, passa il tempo leggendo gialli, guardando ciclismo e studiando partite, con Ciro, il suo cane salvato dalla strada, sempre al suo fianco.
Chissà quale sarà la prossima squadra che accenderà di nuovo la scintilla in uno degli allenatori più controversi, ma anche più affascinanti, del calcio italiano.