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Cronache

Procura stoppa pressing Toti, nessun obbligo per sentirlo

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Il presidente della Regione Giovanni Toti “così come qualsiasi indagato, può presentare una memoria” o fare “spontanee dichiarazioni al Riesame”. Una precisazione che arriva dal procuratore capo di Genova dopo giorni in cui si rincorrono indiscrezioni su possibili date sull’interrogatorio chiesto dal governatore, agli arresti domiciliari dal 7 maggio per corruzione. Perché, come spiegano in procura, “in questa fase non è più un interrogatorio di garanzia” e dunque il pubblico ministero “non è obbligato a farlo”. Sempre in via generica, continua il procuratore “l’indagato che decide di avvalersi della facoltà di non rispondere davanti al gip, può fare dichiarazioni spontanee. Anche al Riesame e se c’è urgenza può presentare memorie”. L’unico momento in cui la procura è obbligata a interrogare l’indagato “è nella fase della chiusura indagini”. In tutte le altre fasi, “è una decisione del pm sul se e sul quando”.

E intanto chi preme per farsi ascoltare dagli investigatori è anche il sindaco di Genova Marco Bucci, più volte intercettato in particolare nella vicenda del rinnovo della concessione a 30 anni per il Terminal Rinfuse data agli Spinelli. Il primo cittadino ha mandato una mail al procuratore capo spiegando di mettersi “a disposizione dei magistrati”. Nei giorni scorsi Bucci aveva detto ai cronisti “non mi pento di nulla… Forse di qualcosina sì, ma me lo tengo per me. Anzi lo dirò ai pm”. Non è ancora stato deciso quando verrà sentito. E’ rimasto invece quasi 5 ore davanti al pubblico ministero Luca Monteverde e al generale della Gdf Andrea Fiducia un altro testimone chiave Giorgio Carozzi, ex giornalista de Il Secolo XIX membro del comitato portuale in rappresentanza del Comune di Genova.

“Non mi sorprendo dello scandalo, sono 50 anni che scrivo di porto”, ha detto prima di entrare dai pm. Carozzi si era mostrato in un primo momento contrario alla concessione per 30 anni del Terminal Rinfuse. Con lui avevano espresso perplessità anche l’avvocato Andrea La Mattina, che nel board rappresenta la Regione, e all’ex presidente dell’autorità portuale di Savona Rino Canavese. Secondo l’accusa ci sarebbero state pressioni affinché votassero a favore. La Mattina e Carozzi poi cambiarono il loro voto mentre Canavese fu l’unico a opporsi. E dai verbali emergono ancora nuovi dettagli. Da un lato le dichiarazioni di Roberto Spinelli, imprenditore figlio di Aldo che ha rivelato come avesse più volte pensato ad un “amministratore di sostegno” per l’anziano genitore.

“Toti chiamava mio padre, faceva delle sceneggiate perché voleva finanziamenti leciti”. ha anche detto. Un passaggio che ha necessitato di una precisazione depositata dai legali dell’imprenditore, gli avvocati Sandro Vaccaro e Andrea Vernazza, oggi al gip dopo avere letto il verbale. Nel documento, infatti, era stato trascritto “finanziamenti illeciti”. Dall’altro le frasi di Ilaria Cavo, deputata e giornalista, sentita come persona informata dei fatti. “Avvisai il presidente che i fratelli Testa non mi piacevano”, la sua dichiarazione al pubblico ministero Federico Manotti. I fratelli Testa, Angelo Arturo e Italo Maurizio, sono indagati loro per voto di scambio aggravato dall’aver agevolato la mafia. Nelle prossime ore, con una consulenza tecnica irripetibile verrà effettuata la copia del contenuto dei telefoni e dei dispositivi elettronici sequestrati a Toti e agli altri indagati. Anche per questo passaggio tecnico i tempi per l’interrogatorio del governatore si potrebbero allungare.

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Cronache

Delitto di Garlasco, spunta l’“ignoto 3”: nuova pista sull’amico scomparso di Sempio

Un nuovo Dna, definito “ignoto 3”, cambia la direzione delle indagini sul delitto di Garlasco: i carabinieri puntano ora su una rete parallela di amicizie di Andrea Sempio.

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Un nuovo profilo genetico scoperto nel tampone orale di Chiara Poggi potrebbe riscrivere l’intera dinamica del delitto di Garlasco. Se le analisi confermassero che si tratta di una traccia “pulita”, cioè non contaminata accidentalmente da operatori o tecnici, la scena del crimine cambierebbe ancora una volta volto. È il cosiddetto “ignoto 3”, una sequenza di 22 marcatori genetici che non corrisponde a nessuno dei soggetti finora coinvolti nelle indagini.

Scompare la pista della compagnia storica di Sempio

La presenza di questo Dna inedito escluderebbe definitivamente la “compagnia storica” di Andrea Sempio, il commesso di telefonia già indagato. I carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, guidati dalla procura di Pavia, stanno ora cercando risposte nella rete di conoscenze meno visibili del giovane. Nessuna corrispondenza è emersa finora tra l’ignoto 3 e i profili dei frequentatori abituali della casa di Chiara Poggi, Marco Poggi incluso.

Le nuove audizioni e le perquisizioni

I nomi di Mattia Capra, Alessandro Biasibetti e Roberto Freddi, amici di Marco e Sempio, sono stati esclusi da ogni sospetto sin dal 2008, ma i carabinieri sono tornati nelle loro case lo scorso 14 maggio per nuove perquisizioniinformatiche e cartacee. Tutti saranno riascoltati, insieme a ex compagni di scuola e altri giovani che frequentavano locali e bar di Garlasco all’epoca. L’obiettivo è individuare l’altra compagnia di Sempio, quella che finora era rimasta fuori dal perimetro delle indagini ufficiali.

L’ombra di Michele Bertani

In questa nuova rete sociale emerge il nome di Michele Bertani, giovane morto suicida nel 2016, legato a un misterioso scandalo che coinvolse anni dopo il santuario delle Bozzole. Il suo nome era già emerso in passato, ma oggi torna centrale. Fu lo stesso Andrea Sempio a parlare del legame con lui, in un soliloquio intercettato nel 2017: «Era il mio più grande amico per anni… abbiamo fatto tutte le ca… insieme». Anche Mattia Capra ha recentemente confermato quel legame ai microfoni di Quarto Grado: «Era il mio migliore amico dell’infanzia».

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Cronache

Delitto di Garlasco, nuove ipotesi: Chiara Poggi cercò di chiedere aiuto prima di essere uccisa

Le nuove analisi sul delitto di Garlasco ipotizzano una reazione della vittima e la presenza di più aggressori. Dna, tracce di sangue e un dettaglio sul telefono fisso aprono nuovi scenari.

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Chiara Poggi non sarebbe stata sorpresa dal suo assassino, come indicato nelle sentenze che hanno portato alla condanna definitiva di Alberto Stasi. È la convinzione maturata negli ultimi mesi tra i magistrati della Procura di Pavia, coordinati dal procuratore Fabio Napoleone, e dai carabinieri del comando provinciale di Milano.

Una scena del crimine diversa da quella processuale

Chiara avrebbe lottato contro chi l’ha aggredita, e tentato di dare l’allarme usando il telefono fisso di casa, prima di essere colpita mortalmente. Il dato chiave, secondo gli inquirenti, è una macchia di sangue rilevata sotto la cornetta, compatibile con uno schizzo lasciato durante i colpi inferti, non con una caduta casuale. Il telefono sarebbe stato rimesso a posto dall’assassino, ignaro di quella traccia rivelatrice.

I nuovi profili genetici e la dinamica alternativa

Sotto le unghie della vittima, anni dopo, sono emersi due profili genetici maschili: uno attribuito ad Andrea Sempio e un altro ancora senza nome. Ora, con il tampone orale eseguito sulla bocca della giovane, sarebbe emerso un terzo Dna ignoto. Gli inquirenti ipotizzano che Chiara abbia morso l’aggressore, nel tentativo di difendersi.

Si tratta, al momento, di ipotesi tecniche che verranno verificate anche con il supporto dei Ris dell’Arma, lo stesso reparto che si occupò del caso nel 2007.

Una violenza feroce, forse con due armi diverse

La nuova lettura include anche la possibilità di più persone coinvolte, non necessariamente due killer, ma almeno due presenti sulla scena. Elementi come le diverse tipologie di ferite, riconducibili a due armi differenti, e la concentrazione delle tracce in un’unica area della casa, rafforzano questa visione. Non solo: schizzi di sangue rilevati sulle pareti della scala suggeriscono che Chiara potrebbe essere stata colpita anche mentre tentava di fuggire, e non solo trascinata lì.

Non suggestioni, ma dati scientifici

Le indagini, assicurano dalla Procura, non inseguono suggestioni su sette o mandanti misteriosi, ma si basano su nuovi dati scientifici. Resta al centro dell’attenzione Andrea Sempio, già al centro di precedenti analisi, e ora si cerca di dare un nome al secondo profilo genetico rilevato.

Intanto, sul fronte mediatico, il blogger Gianluca Spina, residente in Svizzera e autore della diffusione di video contenenti foto dell’autopsia della vittima, ha dichiarato di non aver ricevuto notifiche dal Garante per la privacy, difendendo la sua scelta con finalità «didattiche».

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Cronache

Morte di Riccardo Boni: il padre indagato per omicidio colposo, atto dovuto per chiarire la tragedia

Il padre di Riccardo Boni, 17 anni, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Il procuratore Liguori spiega: “Un atto dovuto per capire come è morto il ragazzo”.

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«La prima cosa che farò sarà abbracciarlo. Questo povero papà è devastato», dice con umanità il procuratore capo di Civitavecchia, Alberto Liguori. Il padre di Riccardo Boni, il ragazzo di 17 anni morto giovedì scorso mentre scavava una buca in spiaggia a Montalto di Castro, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio colposo. Un passaggio inevitabile, spiega Liguori, «per svolgere tutti gli accertamenti previsti dalla legge».

La notifica tra dolore e incredulità

L’atto è stato notificato ieri mattina dai carabinieri della compagnia di Tuscania, al Camping California dove la famiglia soggiornava. Quando ha sentito di essere indagato, il padre di Riccardo è rimasto impietrito, sotto choc: «Ma come, indagato? È disumano». Poi, compreso il senso tecnico del provvedimento, si è messo a disposizione degli inquirenti: «Voglio capire cosa è successo, se Riccardo ha avuto un malore, se ha chiesto aiuto… Io ero lì».

Le ragioni dell’indagine

Il fascicolo aperto dalla Procura si fonda su due articoli del codice penale: il 589, che riguarda l’omicidio colposo, e il 40, che stabilisce che “non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”. In quanto genitore di un minore, il padre di Riccardo è per legge responsabile di ciò che accade al figlio.

«Non c’erano altre fattispecie ipotizzabili», ribadisce Liguori, sottolineando che l’obiettivo principale è capire le cause reali della morte: «Vogliamo sapere se Riccardo è morto per un malore, per il caldo, o per il peso della sabbia che lo ha travolto».

La pressione mediatica e il peso dei social

In queste ore sui social si è scatenato un accanimento feroce, con post duri e spesso crudeli: “Il padre dormiva mentre il figlio moriva”, è solo uno dei commenti che circolano in rete. Per questo la procura ha raccomandato alla polizia giudiziaria di comunicare l’iscrizione nel registro con il massimo tatto, temendo anche rischi autolesionistici.

Una famiglia in silenzio, travolta dal dolore

La madre, il padre e i tre fratellini di Riccardo si dividono tra la casa di Roma e il camper lasciato al campeggio. Proteggono i più piccoli dal clamore mediatico, cercando riparo in una quotidianità spezzata dal dramma.

«Ha già la sua pena infinita», conclude il procuratore Liguori. «Noi faremo solo ciò che la legge ci impone. Con rispetto e umanità».

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