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Mattarella a New York, salta la visita alla Columbia

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La visita di Sergio Mattarella alla Columbia University, all’interno del suo viaggio a New York essenzialmente dedicato alle Nazioni Unite, è stata cancellata. La Columbia University di New York è al centro di un ciclone politico che sta occupando i media da settimane e spaccando la società americana, oltre a preoccupare molto i democratici che con Joe Biden si stanno avvicinando alle temute elezioni presidenziali di Novembre. Proprio in questo college prestigioso doveva andare – secondo il programma – il prossimo sette maggio il presidente della Repubblica per un incontro con il Comitato di garanzia dell’Italian Academy.

Un incontro programmato da tempo che doveva chiudere la visita a New York del capo dello Stato che inizierà domenica prossima per chiudersi proprio il 7 maggio. Ma gli ultimi avvenimenti e l’inarrestabile crescendo delle polemiche sull’università e sulla sua rettrice, Nemat Shafik, hanno portato il Quirinale ad una valutazione che ha sconsigliato una visita che avrebbe potuto essere strumentalizzata da un lato e dall’altro. Sono almeno 2.000 le persone arrestate nei campus americani nell’ambito delle proteste pro-Gaza.

La situazione per le agitazioni studentesche negli Stati Uniti è incandescente: solo a Ucla, in California, ci sono stati 200 fermi portando il totale a più di 2.000 arresti dalla metà di aprile, da quando la polizia è entrata la prima volta nel campus della Columbia, anch’esso sgombrato dalla polizia. Quanto sta accadendo negli Usa non è facile da decifrare dal vecchio continente, soprattutto tenendo presente quanto la politica sia entrata pesantemente nelle scelte delle università anche attraverso le pressioni del Congresso. Da circa un mese le proteste studentesche pro-Palestina negli Stati Uniti crescono di giorno in giorno negli atenei. Ma l’arresto di 108 manifestanti (circa il 20 per cento di religione ebraica) alla Columbia University di New York il 18 aprile scorso ha cambiato tutto: le forze dell’ordine sono state chiamate proprio dalla rettrice Shafik, che è di origine egiziane ed è musulmana.

Una vicenda che ha provocato l’attenzione dei media e aperto un durissimo confronto politico anche perché l’ateneo è frequentato da un gran numero di studenti di origine ebraica che hanno fatto sapere di non sentirsi più sicuri. La rettrice, di fronte all’accampamento di studenti nei prati della Columbia ha chiesto l’aiuto della forza pubblica spiegando che l’accampamento metteva “a repentaglio il regolare funzionamento dell’università”.

Poco prima la rettrice era stata al Congresso per un’audizione sul contrasto all’antisemitismo. Da qui l’inferno: la Shafik è finita doppiamente sotto tiro, da parte dei repubblicani che l’accusano di non essere riuscita a contenere le proteste pro-Gaza sul campus, ma anche da parte di molti professori che le contestano di aver chiamato la polizia. In effetti era la prima volta dalle proteste anti-Vietnam che le forze dell’ordine rientravano alla Columbia in assetto anti-sommossa. In questa polveriera ovviamente i repubblicani soffiano sul fuoco e il clima pre-elettorale non aiuta. Naturale che in questo clima il Quirinale abbia deciso di cancellare la visita. Tra l’altro Mattarella era già stato alla Columbia nel 2016 quando incontrò Barak Obama e nell’ateneo tenne un “lectio”.

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Mattarella: statisti coraggiosi idearono Europa, no a dazi

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L’Europa “ha la forza per interloquire con calma, autorevolezza e determinazione” ai dazi che minaccia l’amministrazione Trump. Sergio Mattarella sembra voler far ritrovare autostima e compattezza ad un’Europa che appare timorosa a replicare alle barriere tariffarie che l’America trumpiana sta imponendo al mondo. Il presidente della Repubblica approfitta di una sua partecipazione ad un evento a difesa dell’agricoltura italiana, voluto dal ministro Lollobrigida a Roma, per chiedre uno scatto di reni all’Unione europea. Contemporaneamente Mattarella difende con forza il sogno europeo e con ancora più forza sottrae a tentativi revisionisti delle destre l’immagine dei Padri fondatori dell’Europa e il loro patrimonio culturale.

A pochi giorni dalle parole della premier Giorgia Meloni in Aula alla Camera con le quali ha demolito il Manifesto di Ventotene il capo dello Stato non ha esitazione nel mostrare che la pensa in maniera completamente diversa. Mattarella ricorda subito quanto sia importante tenere a mente il “contesto” in cui si operava in quegli anni per giudicare testi e parole che oggi – dopo qausi 80 anni di democrazia – possono sembrare forti. Certo, il presidente non cita mai la parola “Ventotene” ma la sua analisi è chiara: “bisogna riflettere al contesto in cui si muoveva questo avvio dell’integrazione europea”, premette rispondendo ad un ragazzo che gli chiedeva proprio della nascita della Ue.

“Nel 1945 l’Italia usciva da una guerra devastante. Vi erano state brutali dittature e l’abisso dell’olocausto. In quel clima di tragedie, di disperazioni alcuni statisti lungimiranti e coraggiosi cercarono di capovolgere un’idea: fu una rivoluzione di pensiero. Mettere insieme il futuro dell’Europa”. Statisti coraggiosi e rivoluzionari legati – con le loro differenze ideologiche – in una catena che parte proprio da Ventotene, dai pionieri Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, passa per Alcide de Gasperi e valica i confini dell’Italia con l’azione di Konrad Adenauer, Robert Schuman e Jean Monnet. C’è tanta Europa nei pensieri di queste settimane del presidente: un’Europa che è un modello “straordinario” che il mondo ci imita.

Un’Europa che non si deve fermare, che – aggiunge – ha bisogno di aggiornarsi, di colmare lacune, di avere processi decisionali più veloci e tempestivi”. Ma soprattutto c’è un’Europa che deve essere forte ed orgogliosa, che deve però far valere il suo peso nella guerra – Mattarella sottolinea la parola “guerra” – dei dazi. “Bisogna essere sereni senza alimentare un eccesso di preoccupazione perchè la Ue – rimarca ancora – ha la forza per interloquire e per contrastare una scelta così immotivata. L’Europa è un soggetto forte, quindi bisogna interloquire con calma ma anche con determinazione”.

Non si legge,quindi, nelle parole del presidente alcun timore reverenziale nell’affrontare il problema ma neanche si scorge l’irrazionale volontà di “rappresaglie”, tanto per citare un termine usato da Giorgia Meloni. Ma la situazione è complessa, a rischio ci sono miliardi di export italiano, buona parte di quel made in Italy che Lollobrigida rappresenta. “Speriamo che prevalga il buon senso”, osserva non troppo convinto Mattarella rispondendo ad un agricoltore della Coldiretti giustamente assai preoccupato.

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Bertinotti: a Meloni avrei tirato un libro. Ira FdI

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Nuova polemica, ma questa volta sulle parole dell’ex presidente della Camera e ex leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti. Se fosse stato seduto ancora fra i banchi di Montecitorio avrebbe reagito alle parole di Giorgia Meloni su Ventotene “tirandole un libro”. Un atto per cui poi “si sarebbe condannato” – è la consapevolezza – e che lo avrebbe fatto espellere dall’emiciclo ma “a trasgressione” si risponde con “trasgressione”, dice intervistato su LA7. Fratelli d’Italia, già insorta per la lite fra Romano Prodi e una giornalista, protesta ancora più veementemente. Parlano in tanti, fra deputati e senatori: per il numero uno di FdI a Palazzo Madama, Lucio Malan, si tratta di un’attentato all’incolumità della presidente del Consiglio, mentre per il presidente del partito di Meloni alla Camera, Galeazzo Bignami, in questo modo “la sinistra mostra il suo volto peggiore’. Nostalgia “canaglia”, interviene il ministro Tommaso Foti: “nostalgia di una sinistra che sbaglia”.

E c’è chi, come il deputato Marco Perissa, chiede alla rete televisiva di “prendere le distanze”. Le critiche del centrodestra non dimenticano però Prodi. Incalzato sulle frasi del Manifesto di Ventotene lette dalla presidente del Consiglio, il Professore è stato protagonista di un litigio con una giornalista di Quarta Repubblica, Lavinia Orefici. Che – secondo quanto sostenuto dalla stessa cronista – è arrivato a tirarle i capelli. “Solo una mano sulla spalla”, è stata la replica. Il filmato andrà in onda domani sera su Rete4, fa sapere la trasmissione: esprime solidarietà il sindacato Unirai, mentre la maggioranza continua a invocare un intervento dell’ordine dei giornalisti e della Fnsi. A distanza di 24ore dall’accaduto, a difesa dell’ex premier scendono in campo Enrico Letta e Gianni Cuperlo. Il primo lancia un hashtag: ‘IoStoConRomano”, il secondo è convinto si tratti di una “polemica sul nulla”. La speranza, aggiunge, è che “il tempo di qualche saggezza presto o tardi ritorni”. Difendono “l’indifendibile”, mette agli atti Fratelli d’Italia sui social. “Le pulsioni belliche hanno fatto perdere la testa alla sinistra”, chiosa la Lega.

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Bernini, decreto legislativo su riforma Medicina a breve in cdm

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“Ho dato 20 milioni e arriveranno altri fondi, la riforma non è a costo zero, il nostro sistema universitario ha la capacità di accogliere. Ho il decreto legislativo in canna, ho tutto pronto, la legge per ora è in vacatio e tra due settimane il decreto legislativo va in consiglio dei ministri, tutto è pronto”. Lo ha detto la ministra per l’Università e la Ricerca, Annamaria Bernini, parlando a ‘Che tempo che farà’ dei decreti di attuazione della riforma di Medicina.

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