È l’uomo che ha in mano il corpo – e parte della mente – di Jannik Sinner. Si chiama Marco Panichi, romano, classe 1964, ed è il preparatore atletico del numero uno italiano del tennis mondiale. Da settembre 2024 lo segue ogni giorno, studiandone i movimenti, prevenendo gli infortuni e, in queste settimane di stop, guidandolo in un percorso di trasformazione fisica e mentale.
Panichi ha raccontato il suo lavoro in una lunga intervista al Corriere della Sera, dove ha condiviso non solo il metodo applicato a Sinner, ma anche una visione più ampia su come si costruisce un atleta d’élite. E sì, ha anche confermato: lui è romanista, mentre Jannik tifa Milan. Immaginabili gli sfottò in spogliatoio.
Dall’atletica al tennis: un’eredità tecnica e mentale
«L’atletica è l’officina dello sport. Ti insegna a correre, saltare, lanciare, e soprattutto ti trasmette l’ossessione per il dettaglio», racconta Panichi. «Quello che oggi si chiama marginal gains io l’ho respirato da sempre: migliorare anche solo dello 0,2% può fare la differenza. Questo approccio lo porto ogni giorno nel tennis».
Dopo Djokovic, l’università del tennis, è arrivato Sinner
Panichi ha lavorato con Novak Djokovic per sette anni, dal 2017 al 2024. «Gestire un campione così complesso è stato come frequentare l’università del tennis. Ho vissuto con lui la fase dai 30 ai 37 anni, quando l’età inizia a pesare e ogni dettaglio va dosato. Sinner lo sa bene: parliamo spesso delle esperienze con gli altri atleti. Questo è il mio quarantesimo anno nello sport. La professionalità cresce col tempo e so cosa serve a Jannik nel momento preciso».
Uno stop trasformato in opportunità
Da tre mesi Jannik è fermo per recuperare da problemi fisici. Ma Panichi è chiaro: «Non ci siamo fatti abbattere. Abbiamo trasformato i micro-cicli in macro-cicli, studiando il corpo di Jannik nel dettaglio. È stato un periodo attivo, di acquisizione dati, con l’obiettivo di alzare ancora il suo livello».
Variare per non annoiarsi: l’importanza del mentale
«Variare il lavoro è essenziale», sottolinea Panichi. «La motivazione va alimentata. Sfidiamo Sinner con esercizi nuovi, stimoli diversi, anche fuori dal campo: una partita a golf, un museo… Così si mantiene fresco mentalmente. Ma serve anche una parte di ripetizione per fare confronti nel tempo. È l’equilibrio che fa la differenza».
E il museo visitato? «Non posso svelare troppo», sorride Panichi. «Ma intorno a Montecarlo le possibilità culturali non mancano. In questo stop forzato, Jannik ha riscoperto sé stesso. Sta vivendo una vera detossificazione. E mentalmente è trasformato: a Roma, a maggio, tornerà più motivato e fresco che mai».
Il talento nascosto di Sinner? Non solo fisico
Alla domanda su quale sia il più grande dono fisico di Jannik, Panichi è netto: «Ha il corpo di un decatleta: coordinazione, stamina, un equilibrio neurovegetativo straordinario. Ma il vero talento è la gestione delle situazioni». Che si tratti di allenamento o di una finale tesa, Sinner mostra “una calma operativa rara”.
«Sa usare le emozioni come fonte di energia. Non si lascia travolgere: le cavalca, come un surfista. Corpo e mente sono un sistema unico: se uno cala, l’altro compensa. Questo si può allenare, certo. Ma con il talento naturale di Jannik devi anche nascerci».