Collegati con noi

Economia

Manovra, conto parte da 30 miliardi, nodo pensioni

Pubblicato

del

La manovra è ancora tutta da scrivere. Ma il conto si prospetta già salato. Considerando gli interventi che sembrano già certi e le spese indifferibili servono almeno 30 miliardi. E se nel governo non ci sono dubbi sulla necessità di costruirla sui “capisaldi” di lavoro, pensioni e famiglia, più complessa si prospetta la caccia alle risorse. Finora i 6-7 miliardi disponibili offrono una coperta molto corta e gli spazi cui si guarda per allargarla consentirebbero di arrivare a coprire solo metà dell’intera legge di bilancio. Una strada dunque in salita, che potrebbe essere resa più ardua da diverse variabili, dall’andamento dell’economia al negoziato in Europa sul nuovo Patto di stabilità, fino alle pressioni dei partiti per inserire le proprie misure bandiera. Una sfida non facile per il governo. Che sulla manovra potrebbe fare un primo giro di tavolo lunedì in cdm. Mentre per lunedì 4 settembre è fissata una riunione dei capigruppo di maggioranza a Palazzo Chigi con la premier Giorgia Meloni, annuncia Maurizio Lupi (Nm), che da Rimini lancia anche un appello agli alleati: “basta con questo continuo sventolare di bandierine”. Uno dei temi che stimola particolarmente gli appetiti dei partiti è quello delle pensioni. Al momento si studiano solo piccoli aggiustamenti all’esistente, mentre dovrebbero essere rinviati gli interventi più costosi.

Quindi si va verso la proroga di Quota 103 e l’Ape sociale per i lavoratori disagiati, mentre si guarda ad aggiustamenti per Opzione donna allargandone la platea (anche se spunta l’ipotesi di cancellarla del tutto, inglobandola nell’Ape sociale). Ma la Lega, dovendo rinunciare a ‘Quota 41′ secca, punta su una versione ridotta con un sistema esclusivamente contributivo, magari per un solo anno. Forza Italia invece lavora non solo a replicare l’innalzamento delle minime a 600 euro per gli over 75, ma ad alzare l’asticella a 700 euro, con l’obiettivo di portarle progressivamente a 1.000 euro entro la legislatura. Il capitolo pensioni rischia di essere complicato anche in termini economici. A parte gli 1,2 miliardi per Quota 103 e i 210 milioni per portare le minime a 600 euro, resta da affrontare il nodo della rivalutazione degli assegni: l’anno scorso è stata tagliata per fasce a partire dagli assegni oltre quattro volte il minimo e quest’anno, mantenendo lo stesso criterio, l’intera operazione potrebbe valere oltre 13 miliardi. Altra voce pesante è il rinnovo del taglio del cuneo contributivo, per il quale servono 9-10 miliardi. Ci sono poi le spese indifferibili (6 miliardi), l’avvio della riforma Irpef (servono almeno 4 miliardi), oltre alla proroga della tassazione agevolata sui premi di produttività e i fringe benefit (1-2 miliardi), delle agevolazioni sui mutui prima casa per i giovani, la detassazione delle tredicesime, l’avvio del ponte sullo Stretto. E poi tutto il pacchetto famiglia, per il quale si studiano aiuti per i nuclei con 3 figli, agevolazioni per chi assume mamme, bonus secondo figlio; mentre potrebbe richiedere più tempo il quoziente familiare. Un ricco elenco di interventi che deve però fare i conti con entrate limitate.

Al momento ci sono i 4,5 miliardi in deficit ricavati dal Def, i 300 milioni di spending e i 2-2,5 miliardi attesi dalla tassa sugli extraprofitti sulle banche (che però potrebbe essere smussata nel passaggio in Parlamento). Altri 4-8 miliardi potrebbero arrivare dalla riforma fiscale tra potatura delle agevolazioni ed effetti del rapporto collaborativo tra fisco e contribuente. Ma anche così si arriverebbe a metà delle risorse necessarie. Il vicepremier Antonio Tajani propone di privatizzare i porti: ma c’è già l’altolà dei sindacati e delle opposizioni. Che restano preoccupate per quello che sta prendendo forma. “Emergono segnali inquietanti”, avverte il M5s. “Mancheranno le risorse per rafforzare la sanità, investire sulla scuola”, segnala Avs. “Mancano 30 miliardi”, quantifica il leader di Iv Renzi, che all’orizzonte vede “solo tagli”. E’ “l’amara verità” svelata dal ministro Giorgetti, constata il capogruppo del Pd Francesco Boccia: sarà una manovra “molto difficile”.

Advertisement

Economia

Mediobanca lancia offerta su Banca Generali: nasce un colosso del Wealth Management

Mediobanca offre la propria partecipazione in Generali per acquisire Banca Generali e rafforzarsi nel Wealth Management con 210 miliardi di attivi in gestione.

Pubblicato

del

Mediobanca ha ufficialmente lanciato un’offerta pubblica di scambio sul 100% di Banca Generali, proponendo al Leone di Trieste la propria partecipazione azionaria in cambio della controllata specializzata nel settore del risparmio gestito. L’operazione, annunciata attraverso una nota ufficiale, comporta per Mediobanca la cessione della sua quota in Generali e un simultaneo investimento in Banca Generali per un valore complessivo di 6,3 miliardi di euro.

Evoluzione del rapporto tra Mediobanca e Generali

Secondo quanto precisato da Piazzetta Cuccia, questa mossa rappresenta un cambiamento strategico nei rapporti tra Mediobanca e Generali: da un semplice legame finanziario si passa a una “forte partnership industriale”, segnando una nuova fase di collaborazione tra i due gruppi.

Obiettivo: la leadership nel Wealth Management

L’operazione permetterà a Mediobanca di rafforzare notevolmente la propria presenza nel settore del Wealth Management. Una volta completata l’aggregazione, il gruppo potrà contare su attivi in gestione pari a 210 miliardi di euro, ricavi per circa 2 miliardi e una capacità di crescita stimata in oltre 15 miliardi annui. Un passo decisivo che conferma la volontà di Mediobanca di posizionarsi come leader di mercato in un settore strategico e in forte espansione.

Continua a leggere

Economia

Eurostat, in Italia povero il 9% dei lavoratori full time

Pubblicato

del

In Italia sale il rischio di povertà tra le persone che lavorano anche se impegnate a tempo pieno: nel 2024 gli occupati con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale al netto dei trasferimenti sociali sono il 9%, in aumento dall’8,7% registrato nel 2023. Una percentuale più che doppia di quella della Germania (3,7%). E’ quanto emerge dalle tabelle Eurostat appena pubblicate secondo le quali, invece, sono il 10,2% i lavoratori di almeno 18 anni occupati per almeno la metà dell’anno (sia full time che part time) a rischio povertà, anche questi in aumento rispetto al 9,9% del 2023 .

In Spagna la percentuale dei lavoratori impegnati full time poveri è del 9,6% mentre in Finlandia è al 2,2%. Per chi lavora part time la percentuale di chi risulta povero in Italia nel 2024 risulta in calo dal 16,9% al 15,7%. La povertà lavorativa sale in Italia soprattutto per i lavoratori indipendenti, tra i quali il 17,2% ha redditi inferiori al 60% di quello mediano nazionale (era il 15,8% nel 2023) mentre per i dipendenti la quota sale all’,8,4% dall’8,3% precedente. In Germania la quota degli occupati over 18 in una situazione di povertà è diminuita dal 6,6% al 6,5% mentre in Spagna è diminuita dall’11,3% all’11,2%. Soffrono in Italia di questa condizione soprattutto i giovani: tra i 16 e i 29 anni è povero l’11,8% degli occupati mentre tra i 55 e i 64 anni è il 9,3%. Nella povertà lavorativa conta il livello di istruzione.

Tra i lavoratori che hanno fatto la sola scuola dell’obbligo in Italia si registra un 18,2% di occupati poveri (era il 17,7% del 2023) mentre la percentuale crolla tra i lavoratori laureati, tra i quali solo il 4,5% risulta con un reddito inferiore al 60% di quello mediano nazionale. Ma in questo caso si registra un importante aumento, visto che la percentuale era al 3,6% nel 2023. Si registra invece un lieve calo della povertà tra gli occupati che hanno un diploma con il 9,1% in difficoltà nel 2024 a fronte del 9,2% dell’anno precedente.

Continua a leggere

Economia

Parte l’ops su Bpm, Unicredit cerca dialogo col governo

Pubblicato

del

Da lunedì i soci di Banco Bpm potranno aderire all’offerta di Unicredit ma in questo momento tutti si chiedono se conviene, gli azionisti di Piazza Meda, la Borsa e lo stesso Andrea Orcel, il ceo di Piazza Gae Aulenti. Agli azionisti converrebbe vendere sul mercato. Per ciascuna azione di Bpm consegnata, che nell’ultima seduta di Borsa valeva 9,74 euro consegnata, si ricevono 0,175 azioni UniCredit (che venerdì valevano 50,87 euro), uno sconto che va oltre l’8 per cento. Improbabile un rialzo di prezzo ora che Unicredit deve fare i conti con i paletti imposti dal governo e con l’acquisizione di Anima che senza il Danish Compromise – una normativa europea che consente alle banche di acquisire assicurazioni con un minor assorbimento di capitale – pesa sull’indice patrimoniale di Banco Bpm e la rende meno attraente. L’offerta però resterà aperta fino al 23 giugno e nel frattempo Unicredit cerca un dialogo con il governo.

Le prescrizioni, tra cui il mantenimento del rapporto prestiti/depositi in Italia, le filiali di Banco Bpm in Lombardia e l’uscita dalla Russia entro il gennaio 2026, hanno un impatto che gli analisti di Jp Morgan hanno provato a calcolare: cento milioni di minori sinergie sui ricavi derivanti dalla stabilità del rapporto prestiti/depositi; 47 punti base di impatto CET1 derivante dall’uscita dalla Russia equivalente a 1,4 miliardi di capitale; 300 milioni di minori sinergie sui costi su un totale di 0,9 miliardi di euro. E in caso di inadempimento o violazione delle prescrizioni, secondo indiscrezioni, rischierebbe una multa compresa tra 300 milioni e 20 miliardi di euro. La normativa stabilisce infatti che la sanzione amministrativa possa arrivare fino al doppio del valore dell’operazione, e non sia inferiore all’1% del fatturato cumulato dell’ultimo esercizio approvato. Mentre Orcel si interroga se ne valga la pena, le tecnicalità vengono portate avanti e dopo una lunga istruttoria il 24 aprile è stato notificato alla DG Competition l’operazione di fusione e una risposta è attesa entro il 4 giugno.

“Data la forte complementarietà, presumiamo che non vi sia alcun piano di riduzione degli sportelli di in Lombardia”, sottolineano gli analisti di Jp Morgan, ricordando che Banco Bpm ha una quota di mercato del 13% contro il 6% di Unicredit. Resta in ogni caso sotto la soglia del 25% richiesta dall’Antitrust europeo. Il gruppo combinato avrebbe quote di mercato in eccesso solo in Sicilia (27%); raggiungerebbe il 24% in Val d’Aosta e Molise, il 23% in Piemonte, il 21% in Veneto e Lazio. La via del dialogo va percorsa, anche se il ministro Giancarlo Giorgetti tiene il punto e, a margine dei lavori del Fmi, non mostra segni di ammorbidimento. “Il governo deve valutare l’interesse nazionale, che non sono le competenze della Bce o della dg competition, è l’interesse nazionale. Qui (negli Usa ndr) ho capito che l’interesse nazionale risponde ad un concetto abbastanza virile anche in materia economica. In Italia abbiamo un concetto di interesse nazionale un po’ più lasco. Io li invidio gli americani”, ha chiosato.

Continua a leggere

In rilievo

error: Contenuto Protetto