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Politica

Manovra, fondi per le case anti-sisma dei Campi Flegrei

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Venti milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal 2025 al 2029 per ridurre la vulnerabilità sismica del patrimonio edilizio privato nell’area dei Campi Flegrei: lo prevede un emendamento alla manovra presentato dai relatori. Le risorse sono destinate al riconoscimento di contributi per la realizzazione degli interventi di riqualificazione sismica in favore dei nuclei familiari la cui abitazione principale, abituale e continuativa, sia risultata a maggiore vulnerabilità sismica sulla base degli esiti delle analisi di vulnerabilità sismica dell’edilizia privata.

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Mosca attacca Mattarella, da lui parole ‘blasfeme’

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Parole “blasfeme”. Deflagra nel primo pomeriggio come una bomba – a scoppio ritardato di ben 10 giorni – una durissima presa di posizione della Russia contro il presidente della Repubblica. Veicolata attraverso la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, illustra bene la politica di Mosca in questi giorni rivitalizzata dalle aperture politiche di Donald Trump. La pietra dello scandalo per i vertici russi è stato un complesso discorso sui nuovi equilibri mondiali pronunciato da Sergio Mattarella a Marsiglia dove lo scorso 5 febbraio ha ricevuto una laurea honoris causa.

“Anziché cooperazione, a prevalere fu il criterio della dominazione. E furono guerre di conquista. Fu questo il progetto del Terzo Reich in Europa. L’odierna aggressione russa all’Ucraina è di questa natura”: furono queste le parole del capo dello Stato, peraltro inquadrate in un ben più ampio ragionamento sul fallimento della “politica di appeasement” che precedette la seconda guerra mondiale, oggi messe nel mirino del governo russo. Al limite dell’insulto personale la replica di Zakharova che, rispondendo ad una domanda, ha scandito: “Mattarella ha fatto paralleli storici oltraggiosi e palesemente falsi tra la Federazione Russa e con la Germania nazista” definendoli “analogie criminali”. Ma non solo, la portavoce della diplomazia russa ha alluso ad una colpevole dimenticanza di Mattarella omettendo di ricordare “da quale parte stava l’Italia durante la Seconda guerra mondiale”, cioè con il nazifascismo. Dal Quirinale filtra solo il silenzio ed un garbato invito a rileggersi l’intero discorso di Marsiglia: il presidente è “sereno, fa sapere il suo staff.

Certamente la ‘lectio magistralis’ all’università di Marsiglia vola molto più in alto della singola frase che ha così tanto irritato i vertici russi. Ma mai, si sottolinea, emerge un accostamento tra Hitler e Putin, al limite è chiaro il riferimento alle ‘guerre di conquista’ di oggi con quelle che portarono alla seconda guerra mondiale. Unanime e bipartisan la reazione dei partiti all’attacco politico della Russia al presidente considerato da tutti “inaccettabile ed inopportuno”. Una presa di posizione molto netta è venuta da palazzo Chigi: “gli insulti della portavoce del Ministero degli Esteri russo, che ha definito “invenzioni blasfeme” le parole del Presidente offendono l’intera Nazione italiana, che il Capo dello Stato rappresenta. Esprimo la mia piena solidarietà, così come quella dell’intero Governo, al Presidente Mattarella, che da sempre sostiene con fermezza la condanna dell’aggressione perpetrata ai danni dell’Ucraina”. Le parole della premier Giorgia Meloni fanno da ombrello ad alcuni rumours che si erano diffusi rispetto al silenzio della Lega e confermano la linea di politica estera dell’Italia a sostegno dell’Ucraina. In effetti tra le dichiarazioni dei big della politica si nota l’assenza del vicepremier Matteo Salvini.

La Lega lascia parlare il vicepresidente della commissione Esteri della Camera, Paolo Formentini, con una stringata dichiarazione in puro stile sovranista: “La Lega, da sempre in difesa della sovranità nazionale, esprime solidarietà al presidente”. Per il resto il sistema politico ha fatto quadrato e le reazioni a difesa del capo dello Stato sono state decise ed omogenee. Il primo a replicare è stato naturalmente il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che ha respinto “le parole offensive giunte da Mosca”. Poi i presidenti di Camera e Senato che hanno giudicato “inopportune e fuori luogo” le parole piovute da Mosca che invece dimostrano il suo “forte impegno per la pace e per i principi di libertà e democrazia”. Quindi, a pioggia tutti i leader politici, a partire da Giuseppe Conte (“intollerabili attacchi”) e da Elly Schlein che ha sottolineato quanto “la comunità democratica si riconosca pienamente nelle parole e nell’azione del Capo dello Stato, custode della Costituzione e della democrazia”.

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Politica

Ancora stallo Rai, pressing per confronto dei leader

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Un confronto tra i leader, che consenta di superare lo stallo sulla Rai così come è successo, questa settimana, sull’elezione dei giudici della Corte costituzionale. A premere perché si trovi una soluzione che sblocchi non solo le nomine della tv pubblica ma anche le attività della commissione di Vigilanza non sarebbero più solo le opposizioni. Anche nello stesso centrodestra ci sarebbe chi sta chiedendo un incontro. Per capire quale strategia adottare per bypassare il muro contro muro tra maggioranza e opposizioni che va in scena oramai da mesi. In attesa che dai partiti che sostengono il governo arrivi un segnale, le minoranze hanno trovato nel regolamento della bicamerale il grimaldello per ottenere intanto l’audizione dell’ad, Giampaolo Rossi: all’articolo 11 comma 4 infatti si prevede che in casi straordinari il presidente (la 5s Barbara Floridia) possa convocare una seduta specifica se la richiesta arriva da un quarto dei componenti della commissione. La richiesta è stata puntualmente avanzata, sottoscritta anche dal Movimento 5 Stelle, e viene valutata come “legittima”, tanto che Floridia starebbe sondando la disponibilità dell’ad della Rai, come ha confermato lei stessa nei giorni scorsi.

Al di là dei nomi, spiegano dai vertici pentastellati, l’interesse del M5S è che “la Vigilanza si sblocchi e torni a esercitare le sue funzioni”. Accogliere la richiesta delle opposizioni, che di fatto aggira il blocco che si verifica anche nell’ufficio di presidenza della commissione, potrebbe non piacere al centrodestra, che a sua volta sta studiando le contromosse. “Ogni opzione è sul tavolo”, dicono dalla maggioranza, compresa l’estrema ratio di dimissioni di massa che farebbero decadere l’intera Vigilanza. Il pomo della discordia rimane la scelta del presidente, osteggiata dal centrosinistra non tanto per una questione di “nomi” ma di “metodo”. Non sarebbe quindi in sé la figura di Simona Agnes, sostenuta da Forza Italia, il problema, quanto il “metodo” con cui si è arrivati al suo nome, senza tenere in considerazione la richiesta delle opposizioni, Pd in testa, di ottemperare prima all’attuazione del Freedom Act europeo che impone una riforma della tv pubblica.

Al no ad Agnes da parte delle opposizioni (per il via libera serve una maggioranza dei due terzi) la maggioranza ha risposto finora disertando le votazioni. Scenario che dovrebbe ripetersi anche mercoledì prossimo quando è in calendario un’altra seduta per procedere al voto. Nel frattempo anche in Forza Italia, stando ai bene informati, starebbe crescendo la convinzione che la situazione così com’è non può durare ancora a lungo (sia per opportunità sia in punta di diritto). Anche perché nel frattempo a presiedere ad interim viale Mazzini è il consigliere anziano Antonio Marano, componente del Cda in quota Lega. Mentre l’ad è stato voluto da Giorgia Meloni. Ci sarebbe quindi chi inizia a spingere per fare uno scatto in avanti indicando un nuovo nome che possa superare il blocco, anche se la prima linea azzurra ufficialmente ancora sostiene Agnes. Cedere sul nome, è il ragionamento parallelo e opposto che si fa nel partito di Antonio Tajani, sarebbe comunque una sconfitta e un cedimento alle opposizioni. E sulla base di tutte queste riflessioni starebbe maturando anche nel centrodestra la richiesta di un vertice risolutore.

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Politica

Schlein e Conte, patrimoniale non è un tabù a livello Ue

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La palla l’ha alzata il professore del Sant’Anna Andrea Roventini, tessendo l’elogio di una tassa patrimoniale per i ricchissimi. Invitato a colpire, il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, ha messo in rete agilmente: “Continuiamo a pensare che sia urgente farla”. Seduti allo stesso tavolo, c’erano la segretaria Pd Elly Schlein e il presidente M5s Giuseppe Conte. Che ci sono andati cauti: “Sì, ma…”. Per la prima “non è un tabù”, aggiungendo che però “quella discussione va fatta a un livello almeno Ue”. Il secondo non ha mostrato particolare trasporto, ma non ha chiuso: “Va fatta a livello globale o quantomeno europeo”. Insomma, la patrimoniale è entrata nella virtuale discussione su un programma di coalizione di centrosinistra. Anche se con una potenza di fuoco annacquata dalla prospettiva sovranazionale che, al momento, appare remota. La porta d’ingresso al tema è stata un convegno alla Treccani, a Roma, con anche il premio Nobel Joseph Stiglitz, l’ecomomista indiana Jayati Ghosh e l’ex ministro argentino Martin Guzman.

La maggioranza di centrodestra ha già messo in chiaro: “Finché siamo al governo, non ci sarà alcuna patrimoniale”, ha detto il vicepremier e segretario di FI, Antonio Tajani. La ricetta è tutt’altra: “E’ in campo una riforma epocale – ha spiegato capogruppo di FI in Commissione bilancio alla Camera, Dario Damiani – La riforma fiscale che si sta attuando non incide solo sulla vita delle imprese e dei cittadini, ma contiene anche una parte che riguarda gli enti locali”. La ormai storica proposta di Avs prevede una tassa variabile, per un minimo dell’1,7% sui patrimoni che superino i 5,4 milioni di euro, da applicare in Italia. Perché è vero che “dobbiamo lavorare a un’alleanza internazionale, globale, sul terreno della tassazione dei super ricchi – ha spiegato Nicola Fratoianni – Ma c’è anche una questione che riguarda noi in Italia”.

Per il deputato di Avs il tema deve diventare campo di battaglia politica del centrosinistra: “La nostra capacità di indicare una radicale alternativa diventa un terreno su cui si gioca la partita – ha spiegato – Senza il coraggio di un’alternativa la partita è persa, non solo sul terreno dell’efficacia della leva fiscale, ma anche della difesa della democrazia”. Il passo di Schlein è più cauto: “Siamo aperti a ragionare e a discutere, lo faremo anche fra noi – ha detto – Io mi rifaccio alla proposta di Lula”. In vista del G20, nel luglio 2024, il presidente brasiliano ha proposto un’imposta minima al 2% sui patrimoni miliardari di tutto il mondo. Un intento poi raccolto nella dichiarazione finale del summit, ma in maniera molto generica: “Nel pieno rispetto della sovranità fiscale, cercheremo di impegnarci in modo cooperativo per garantire che gli individui con un patrimonio netto molto elevato siano effettivamente tassati”. Il rischio della tassa patrimoniale è quello di provocare una fuga all’estero dei ricchi.

“Non c’è dubbio che occorra un sistema più equo per quanto riguarda la tassazione – ha spiegato Conte – Non possiamo permettere una ricchezza concentrata in mano a pochi e peraltro parassitaria, molto spesso fatta non su un valore aggiunto, ma su una ricchezza finanziaria che viaggia sulle reti. E’ un problema non solo di equità fiscale, ma di qualità della democrazia. Ma dobbiamo stare attenti, perché si tratta di una ricchezza che in qualsiasi momento può trasferirsi in ambienti, in ordinamenti nazionali più convenienti”. Nel centrosinistra la discussione sulla patrimoniale sarà comunque in salita. Il presidente di Iv Matteo Renzi in passato ha detto che “non aiuta la costruzione di una vera alternativa”. E anche Azione frena: “Parliamo di bollette e industria 4.0. In questo momento ci concentriamo su questo”.

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