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Cronache

Manovra azzardata o malore? Le ipotesi sulla strage del cavalcavia di Mestre

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Sono due le ipotesi al vaglio della magistratura veneziana, che sta indagando sulla caduta del bus dal cavalcavia di Mestre; una manovra azzardata, con l’affiancamento a un altro bus e un guardrail vecchio; oppure, sommato a questo, un malore dell’autista che non è riuscito a controllare il mezzo, poi precipitato.

APERTA UN’INDAGINE CONTRO IGNOTI

La Procura della repubblica di Venezia ha aperto un fascicolo per ora contro ignoti, con l’ipotesi di reato di omicidio stradale plurimo. Il Procuratore capo Bruno Cherchi ha precisato che sono stati posti sotto sequestro il guardrail, la zona di caduta del bus e la carcassa del mezzo, con la ‘scatola nera’ “che sarà esaminata – ha rilevato – solo quando si saprà che non è un’operazione irripetibile”.

IL VIDEO CON LA CADUTA DELL’AUTOBUS

Sembra comunque da escludere un urto o una manovra per evitare un mezzo che tagliava la strada. Nel pomeriggio è stato diffuso un video tratto dalle telecamere di sicurezza della “Smart control room” del Comune di Venezia. Si vede l’autobus scendere la rampa del cavalcavia, quindi affiancare un altro bus che indica con la freccia di svoltare a sinistra, ‘sparire’ alla vista ma poi si nota che piega verso destra e cade dal bordo della carreggiata. L’altro bus accende le luci dei freni e le quattro frecce di emergenza.

LA ‘STRISCIATA’ DI 50 METRI CONTRO IL GUARDRAIL

Il Procuratore di Venezia ha escluso il ‘contatto’ con altri mezzi: “La dinamica – ha riferito – ha visto il bus toccare e scivolare lungo il guardrail per un cinquantina di metri, e infine, con un’ulteriore spinta a destra, precipitare al suolo. Non ci sono segni di frenata, né contatti con altri mezzi. Non si è verificato alcun incendio, né c’è stata una fuga di gas delle batterie a litio, che hanno provocato fuoco e fumo”. Anzi, proprio l’altro bus ha chiamato i soccorsi, e l’autista ha anche lanciato un suo estintore verso il mezzo precipitato.

SALVINI PUNTA IL DITO SULLE BATTERIE

Il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini esclude un “problema di guardrail”, e ha puntato il dito sulle batterie elettriche del bus, che “prendono fuoco più velocemente di altre forme di alimentazione e in un momento in cui si dice che tutto deve essere elettrico uno spunto di riflessione è il caso di farlo”.

L’AUTOPSIA SULL’AUTISTA

L’attenzione degli investigatori si accentrerà dunque su un eventuale malore dell’autista del bus, Alberto Rizzotto, per cui verrà disposta l’autopsia, assieme all’esame del suo cellulare “e di quanto possa permettere di dare certezze su quanto è accaduto”, ha aggiunto Cherchi. Quanto alle condizioni dell’autista il direttore operativo della compagnia La Linea assicura che “stava guidando da tre ore e mezzo, peraltro non continuative” e che “non era certo stanco: Non lavorava dal giorno prima, quindi aveva goduto abbondantemente delle ore di riposo previste”.

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Stupri Caivano, l’avvocato Pisani: domiciliari giustizia a intermittenza

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“Non c’è giustizia, noi ci battiamo per tutelare la vittima da crimini atroci e uno dei responsabili delle violenze sessuali e diffusione video pedopornografici va ai domiciliari a Venezia”. Non riesce a trattenere il suo disappunto l’avvocato Angelo Pisani, legale di una mamma delle due cuginette di Caivano stuprate dal branco la scorsa estate. Nei giorni scorsi il tribunale di Napoli Nord ha concesso gli arresti domiciliari a uno dei due maggiorenni ritenuti coinvolti nelle violenze. “Altro che decreto Caivano, altro che rispetto e tutela per le donne e le vittime”, aggiunge Angelo Pisani per il quale con queste decisioni “si veicola un messaggio sbagliato, quello della giustizia a intermittenza”. Intanto, continua, “lui è ai domiciliari mentre le bambine e i fratelli sono chiusi nelle case famiglia senza neanche poter veder e sentire genitori e familiari”.

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Torna libero Max Leitner, il re delle evasioni

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Max Leitner, il re delle evasioni, dopo una vita in fuga e in carcere, ora potrà rimanere libero a tutti gli effetti. A 65 anni, dei quali 27 passati da recluso, il Vallanzasca dell’Alto Adige, per adesso ha chiuso il suo conto con la giustizia anche in riferimento ad una misura di sicurezza, di libertà vigilata, che era stata emessa dal magistrato di sorveglianza di Bologna nel 2015. All’epoca Leitner aveva aggredito alcune guardie carcerarie ma quella specifica misura di sicurezza, legata alla pericolosità sociale di Leitner, non è mai stata applicata. Ora, come riferisce il quotidiano Tageszeitung, il tribunale di sorveglianza di Bolzano, nel riesaminare la pericolosità sociale di Leitner, ha stabilito che essa sia nel frattempo venuta meno, come sostenuto dagli avvocati difensori Angelo Polo e Nicola Nettis, ed ha quindi revocato di conseguenza la misura di sicurezza del 2015 che era rimasta formalmente in piedi. Leitner, che vive a Merano, resta quindi libero, anche se i guai giudiziari per lui non sono ancora completamente finiti: la prossima settimana è in programma l’udienza preliminare per i fatti del settembre 2021 quando Leitner ed un complice spararono dei colpi di pistola, a scopo intimidatorio, contro l’auto di una prostituta in zona industriale a Bolzano.

Con ogni probabilità l’udienza verrà rinviata in quanto Leitner non sarebbe attualmente nelle condizioni di seguirla. Durante la sua lunga carriera da ‘bandito’ non si è mai macchiato di fatti di sangue, accumulando comunque complessivamente pene per quasi tre decenni di carcere. Non era finito nelle cronache nazionali per le sue rapine, ma in quanto negli anni era riuscito ad evadere cinque volte da cinque carceri diversi. Tutto ebbe inizio con una serie di rapine negli anni Ottanta. Seguirono arresti, condanne ed evasioni, come per esempio, quando nell’agosto ’90 fu arrestato dalla polizia austriaca durante un assalto ad un furgone portavalori e successivamente evase dapprima dal carcere austriaco e poi da altre prigioni in Italia. Risale a due anni va il suo ultimo arresto. Leitner aveva giurato che in carcere non sarebbe mai più tornato, anche perché seriamente malato, ma una notte di settembre le porte della casa circondariale di Bolzano si sono riaperte.

Max, anche quando era in libertà vigilata, non riusciva stare lontano dai guai. Come nel settembre 2021. Verso mezzanotte e mezza, una prostituta chiama il 112 perché, mentre lei si era appartata con un cliente, due colpi di arma da fuoco sono stati esplosi contro la sua macchina, che in quel momento fortunatamente era vuota. La donna descrive l’auto grigia che si è poi allontanata a grande velocità nella zona industriale del capoluogo altoatesino. Verso le due di notte una pattuglia di polizia intercetta la vettura, proprio nelle immediate vicinanze del primo fatto. A bordo si trovano Max Leitner e un cittadino austriaco senza fissa dimora di 59 anni. L’altoatesino finge un attacco cardiaco per distrarre i poliziotti e si oppone con forza all’arresto. Nella macchina gli agenti trovano una pistola P38, considerata arma da guerra, un fucile calibro 22 con silenziatore, un teaser, una maschera da carnevale un un finto berretto di polizia. Leitner e la prostituta si conoscevano. Ultimamente Leitner vive a Merano. Chi lo incontra descrive un uomo segnato dalla vita. Si racconta addirittura che non gli faccia piacere non essere più considerato pericoloso, ma forse è solo una delle bizzarrie autoironiche del re delle evasioni.

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Maltratta la moglie, arrestato tre volte in tre anni

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Da tre anni entra ed esce dal carcere il reato di maltrattamenti in famiglia. Quando la violenza supera i limiti, lei lo denuncia e il marito viene arrestato, ma quando esce dal carcere lo riaccoglie in casa e lui riprende a picchiarla. Un copione che accomuna tante vicende di violenza di genere. Ieri sera, i carabinieri di Rimini hanno notificato all’uomo, un cittadino moldavo di 64 anni, un aggravamento di misura disposto dal gip del Tribunale di Rimini, Raffaella Ceccarelli, su richiesta del sostituto procuratore Davide Ercolani. Per l’uomo, denunciato l’ennesima volta lo scorso 27 novembre dalla moglie, una connazionale di 54 anni, madre di due figli, è scattata la detenzione in carcere per la terza volta dal 2020.

La donna ha raccontato ai carabinieri gli ultimi anni di sofferenze e vessazioni da cui non riusciva a liberarsi neanche quando il marito era in carcere perché la minacciava di assoldare dei killer per farla uccidere. La 54enne ha descritto i suoi 30 anni di matrimonio, le botte e gli insulti diventati quotidiani dal 2018, da quando l’uomo con il quale ha avuto due figli, è entrato nel tunnel della dipendenza da alcol. In diverse occasioni, la donna è dovuta ricorrere alle cure dei sanitari. La prima denuncia l’aveva presentata nel 2020, ma poi l’aveva ritirata nella speranza che il marito una volta scarcerato avesse cambiato abitudini. Il primo procedimento del 2020 era stato archiviato ma neanche a dirlo nel 2022, la moglie era tornata in Pronto soccorso con evidenti segni di percosse. Colpi ricevuti anche in pieno petto, particolarmente pericolosi per la vittima cardiopatica e portatrice di pacemaker. Arrestato nell’estate del 2022, lo scorso settembre, il 64enne era tornato a casa con l’obbligo quotidiano di firma alla polizia giudiziaria. Misura che non gli avrebbe impedito di aggredire fisicamente la moglie tanto che tre giorni fa l’ha denunciarlo nuovamente. La donna, infine, avrebbe più volte rifiutato il collocamento in una casa protetta per sé e i figli dicendo di voler rimanere nella propria abitazione per cui ha lavorato tanto negli anni.

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