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Maggioranza divisa sul canone Rai, si lavora alle nomine

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Nuovi vertici Rai al lavoro sul pacchetto di nomine che dovrebbe arrivare in consiglio di amministrazione il 25 maggio. L’urgenza è procedere all’avvicendamento dei direttori di genere, che devono insediarsi per mettere a punto i palinsesti, ma si proverà anche ad andare avanti sulle direzioni delle testate, che appaiono nel complesso ormai definite. La maggioranza si divide, intanto, sul futuro del canone che la Lega vorrebbe togliere dalla bolletta elettrica. L’argomento è stato al centro dell’audizione dei sindacati che in Commissione di Vigilanza hanno lanciato l’allarme: “Ci vuole certezza del budget, se si torna al bollettino sarebbe la morte per l’azienda”. Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, aveva già annunciato di voler trovare una soluzione alternativa per il finanziamento del servizio pubblico e Stefano Candiani della Lega ha spiegato oggi che a chiederlo è la Commissione Ue. Da Forza Italia, però, Maurizio Gasparri ha marcato le distanze, spiegando che questa operazione costituirebbe “un pericolo mortale”.

Contraria anche l’opposizione, che ha chiesto e ottenuto di convocare Giorgetti nella bicamerale per capire le reali intenzioni del governo. I sindacati dei lavoratori della Rai hanno incontrato nel pomeriggio i nuovi vertici aziendali anche in vista dello sciopero proclamato per il 26 maggio. Slc Cgil comunicherà le sue decisioni su come procedere domani, dopo le riunioni del coordinamento, ma sembra difficile al momento che si possa andare verso una revoca della protesta. Intanto, il pacchetto di nomine da portare nel cda del 25 maggio è praticamente pronto, soprattutto per le direzioni di genere e per le testate principali. Nelle ultime trattative, Forza Italia avrebbe strappato alla Lega Raisport, dove andrebbe Jacopo Volpi e non Angela Mariella.

Una soluzione che però sta suscitando qualche perplessità, perché Volpi dovrebbe andare in pensione a giugno del prossimo anno e con l’uscita della Mariella potrebbe sorgere un problema di quote rosa. Il timore è che la presidente Marinella Soldi possa sollevare perplessità su questo punto facendo mancare il proprio appoggio e, pur essendo sufficienti tre voti su sette in consiglio (quelli dell’Ad Roberto Sergio e dei due consiglieri di maggioranza) per dare il via libera alle nomine editoriali, non sarebbe certo questa la migliore delle soluzioni. Al momento i nomi sarebbero dunque: Gian Marco Chiocci al Tg1, Antonio Preziosi al Tg2, Mario Orfeo confermato al Tg3, Jacopo Volpi a Raisport, Francesco Pionati al Giornale Radio, Giuseppe Carboni a Rai Parlamento. Confermati anche Paolo Petrecca a Rainews e alla Tgr Alessandro Casarin, che raggiungerà l’età pensionabile nel 2025, ma a ottobre 2024 dovrebbe lasciare l’incarico all’attuale condirettore Roberto Pacchetti.

Il direttore del Tg2 Roberto Rao potrebbe, invece, diventare direttore della Comunicazione, con alle sue dipendenze Relazioni Istituzionali (struttura che potrebbe essere guidata dalla Mariella), Relazioni Esterne e Ufficio Stampa. Quanto ai palinsesti, emerge l’ipotesi di sostituire Che tempo che fa, dopo il passaggio di Fabio Fazio a Discovery, con Report che tornerebbe così alla collocazione della domenica sera, eventualmente con una partenza anticipata alle 20. “Nessuno mi ha detto nulla – dice a Un giorno da pecora il conduttore Sigfrido Ranucci -. L’unica cosa che posso immaginare, conoscendo l’azienda, e che qualcuno possa aver immaginato un modo per ‘metterci una pezza’. Bisogna portare rispetto a Report e alla sua storia, se qualcuno vuole mettere in difficoltà la trasmissione, spostandolo in condizioni difficili, sbaglia”.

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Hamas offre ostaggi in cambio di 5 anni di tregua

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Hamas mette sul piatto dei negoziati una nuova proposta: la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani ancora nelle sue mani in cambio del ritiro dell’Idf e di un cessate il fuoco della durata di 5 anni. Ma le notizie che arrivano dal Cairo, dove è arrivata una delegazione del movimento integralista palestinese per discutere con i mediatori egiziani, non fermano raid e combattimenti, con un bilancio che nelle ultime 24 ore è costato la vita a quasi 50 palestinesi e alcuni soldati israeliani. Un funzionario di Hamas, che ha chiesto l’anonimato, ha detto all’Afp che il gruppo “è pronto a uno scambio di prigionieri in un’unica soluzione e a una tregua di cinque anni”.

La proposta arriva dopo il no all’offerta di Tel Aviv, 45 giorni di tregua e 10 ostaggi liberati, motivata dal fatto che Hamas punta alla fine della guerra, e al ritiro di Israele dalla Striscia, e non vuole “accordi parziali” con il governo di Benyamin Netanyahu. Altri responsabili di Hamas, sempre in forma anonima, hanno sottolineato a diversi media arabi anche la disponibilità a “lasciare il governo della Striscia all’Autorità nazionale palestinese, oppure a un comitato di tecnocrati indipendenti scelti dall’Egitto”.

E, pur rifiutando di abbandonare le armi, a “far uscire da Gaza combattenti in cambio della loro incolumità”. Tesi e proposte a cui si è aggiunta la pubblicazione di un video che mostrerebbe i miliziani delle brigate Qassam che scavano sotto le macerie di un tunnel bombardato dall’Idf, per trarre in salvo con successo un ostaggio israeliano. Da Tel Aviv per il momento non arrivano commenti, ma a quanto si apprende il capo del Mossad David Barnea sarebbe arrivato già giovedì in Qatar per incontrare il premier Mohammed bin Abdulrahman al-Thani e discutere nuovamente di una base di accordo per il rilascio degli ostaggi. Fonti militari citate dai media hanno però ammonito che l’esercito si prepara a “incrementare la pressione e stringere il cappio su Hamas”.

A Gaza intanto il bilancio dell’ultima giornata di raid è di almeno 49 morti, afferma il ministero della Salute mentre i soccorritori “scavano ancora sotto le macerie”.

Il ministro della Difesa israeliano Israel Katz ha detto che nei combattimenti di terra “il prezzo è alto”, dopo l’uccisione nelle ultime ore di un riservista e il ferimento di altri quattro soldati in un attacco con esplosivi e armi automatiche. Nel nord di Israele sono invece risuonate le sirene per il lancio di un “missile ipersonico” rivendicato dagli Houthi che aveva come obiettivo Haifa. E’ la prima volta che i ribelli yemeniti tentano di colpire così lontano, il missile è stato intercettato e distrutto.

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Zelensky: da Meloni una posizione chiara, la apprezzo

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“Oggi a Roma ho incontrato la Presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni. Abbiamo discusso dell’importanza delle garanzie di sicurezza per l’Ucraina e degli sforzi per ripristinare la pace e proteggere le vite umane”. Lo ha scritto su X Volodymyr Zelensky. “46 giorni fa l’Ucraina – scrive – ha accettato un cessate il fuoco completo e incondizionato e per 46 giorni la Russia ha continuato a uccidere il nostro popolo. Pertanto, è stata prestata particolare attenzione all’importanza di esercitare pressioni sulla Russia”. Ed ha aggiunto: “Apprezzo la posizione chiara e di principio di Giorgia Meloni”.

Il leader ucraino ha aggiunto di aver “informato” la premier italiana “degli incontri costruttivi tenuti dalla delegazione ucraina con i rappresentanti di Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Germania a Parigi e Londra. C’è una posizione comune: un cessate il fuoco incondizionato deve essere il primo passo verso il raggiungimento di una pace sostenibile in Ucraina”.

(la foto in evidenzaè di Imagoeconomica)

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Esteri

La stretta di mano tra Ursula e Donald: incontriamoci

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Una stretta di mano sul sagrato della Basilica di San Pietro, poche parole scambiate tra il via vai di leader e porporati, e una promessa: Donald Trump e Ursula von der Leyen si vedranno presto. Messa per mesi all’angolo dalla nuova amministrazione statunitense, la presidente della Commissione europea è riuscita a strappare un breve scambio – auspicato anche dalla premier Giorgia Meloni a Washington – per aprire la strada al primo incontro ufficiale tra i vertici Ue e il tycoon dal suo ritorno alla Casa Bianca.

Forse già nelle prossime settimane, a Bruxelles. Sul tavolo, le partite più urgenti per l’Europa: i dazi e la pace in Ucraina. L’agenda e le modalità del vertice tra i leader Ue-Usa restano da definire, ma le finestre possibili entro il 14 luglio – data ultima per chiudere la partita sui dazi – sono diverse: se il negoziato su Kiev dovesse accelerare, già i giorni successivi al 16 maggio – quando il presidente americano concluderà la visita in Arabia Saudita e potrebbe fissare anche un faccia a faccia con Vladimir Putin – potrebbero rappresentare il momento propizio per un primo confronto con von der Leyen e un nuovo colloquio con Volodymyr Zelensky.

Giugno, poi, offrirà due nuove occasioni: il summit del G7 in Canada e il vertice Nato a L’Aja. Von der Leyen ha rotto il silenzio subito dopo la fine dei funerali del Papa pubblicando su X la foto della tanto attesa stretta di mano con Trump e un altro scatto che la ritraeva con Emmanuel Macron. Tutti etichettati come “scambi positivi”. Ma il messaggio più forte in direzione Casa Bianca era già arrivato pochi minuti prima, sull’onda dell’omaggio a Papa Francesco: il Pontefice “ha costruito ponti, ora percorriamoli”, ha scritto la presidente Ue, consapevole che la distanza da colmare con l’altra sponda dell’Atlantico è ancora ampia. A riprova, da Washington, Valdis Dombrovskis ha descritto un lavoro sui dazi ancora tutto in salita. Le trattative “proseguono, ma c’è molto da fare”, ha ammesso a più riprese il responsabile Ue per l’Economia che, davanti ai 90 giorni per evitare la guerra commerciale, ha posto l’accento sul tempo che “corre” e sulla necessità di fare presto. L’ultimo incontro con il segretario al Tesoro americano, Scott Bessent, non ha fatto registrare progressi e per ora, ha sottolineato Dombrovskis, “la situazione è asimmetrica”: i dazi Usa si sono già abbattuti su alluminio, acciaio e auto europee mentre il continente tiene ancora il suo colpo in canna.

Le carte di Bruxelles sono note: dazi zero sui beni industriali, più acquisti di gnl e armi dagli Stati Uniti e un fronte comune contro le pratiche di mercato sleali della Cina. Ma nelle ultime ore è trapelata un’altra richiesta da Washington che potrebbe complicare le discussione: rallentare la corsa Ue alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale. I canali diplomatici e tecnici sono aperti ma i colloqui politici, è la linea prudente di Palazzo Berlaymont, riprenderanno “solo quando opportuno”: quando un’intesa di principio ci sarà, o quando i leader saranno pronti a confrontarsi su obiettivi comuni. I colloqui Ue-Usa però si spingono ben oltre i numeri del commercio. Al centro c’è anche il piano di pace disegnato da Washington e Mosca per Kiev, con Bruxelles che ha già respinto la proposta di cessione della Crimea alla Russia e di revocare le sanzioni contro il Cremlino, schierandosi invece a difesa dell’integrità territoriale ucraina. Kiev può contare sul sostegno Ue “al tavolo delle trattative per raggiungere una pace giusta e duratura”, ha assicurato von der Leyen. Prima di consegnare ancora una volta a Zelensky un messaggio sul futuro ucraino “nella famiglia” europea.

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