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Mafiosi al 41 bis, ecco la lista di 372 boss detenuti che nelle prossime ore torneranno a casa se…

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Sul tavolo del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede c’è da un po’ di giorni, da quando ha capito che c’era un problema serio, una lista di 376  detenuti ( e tra quesi boss come del calibro di Zagaria, Bonura, Iannazzo e Sudato già agli arresti domiciliari grazie all’emergenza virus) che potrebbero lasciare le celle e andare a casa loro a scontare la pena grazie al meccanismo del differimento. Che cosa vuole dire? Che uno va a casa e tornerà in carcere se e quando cesserà l’allarme coronavirus. Ora il guaio sapete quale è? È che se nel frattempo grazie alla disattenzione di Bonafede e alle sviste di Francesco Basentini (ex capo Dap) sono usciti i criminali mafiosi di cui abbiamo detto. Ma quel che è peggio è che nelle prossime ore altri 372  detenuti  legati alle cosche mafiose, pericolosissimi, potrebbero fare anche loro ritorno nei luoghi di origine. E se ciò accadesse potrebbero fare danni devastanti sotto il profilo dell’ordine e della sicurezza pubblica. Per due mesi Catello Maresca prima, Nicola Gratteri poi, parliamo di due eccellenti pm antimafia, hanno provato inutilmente a far capire all’avvocato Alfonso Bonafede quello che stava accadendo e quello che sarebbe accaduto. Purtroppo i ragionamenti di Maresca sono serviti a poco. Eppure erano semplici, erano garbati. Proprio su questo giornale, Maresca scrive da due mesi circa che la circolare del 21 marzo di Basentini (quella sul rischio contagio per i boss), pur non avendo questa precisa finalità, aveva innescato un corto circuito istituzionale che avrebbe portato alla liberazione di mafiosi che avrebbero accampato ogni legittima scusa per uscire invocando lo spauracchio del Covid 19 unitamente alle patologie che li affliggono.

Francesco Basentini: L’ex capo del Dap

Ora i mafiosi  Iannazzo, Zagaria, Bonura, Sudato e altri ancora sono già a casa. Chiudere le stalle, pur essendo inutile per questi soggetti, significa evitare che altri possano uscire. E allora si corre ai ripari, si stilano liste. Tre giorni fa il Dipartimento delle carceri (DAP) ha inviato alla commissione parlamentare Antimafia, che ne aveva fatto richiesta, un elenco di nominativi di persone che hanno fatto richiesta di scarcerazione o differimento della pena ai domiciliari. Prima domanda: possibile che questa circolare e questa lista di detenuti sia arrivata prima alla Commissione antimafia e poi alla Direzione nazionale antimafia? Seconda domanda: qualcuno, anche un magistrato, ammesso che ce ne sia ancora qualcuno a Roma, può domandare all’oramai ex capo del Dap Francesco Basentini per quale motivo ha comunicato l’esistenza di questa famigerata circolare del 21 marzo solo il 21 aprile agli uffici del Procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho? Per capire se è stata negligenza, disattenzione, mancanza di riguardo. In fondo se si va ad incidere su una popolazione  carceraria mafiosa sarebbe stato normale tenere informati i magistrati antimafia.

Bernardo Petralia. L’attuale capo del Dap

I soliti signori “so-tutto-io” ci spiegheranno che Bonafede vuole fare una norma per vincolare il trattamento dei casi dei detenuti al 41 bis ad un parere della Dna. Bene, questo succederà solo dopo che sono stati scarcerati sotto gli occhi atterriti degli italiani torme di mafiosi pericolosi. Ma che cosa accadrà con la lista dei 372 mafiosi ancora in attesa di valutazione della istanza di scarcerazione e/o differimento della pena da scontare a casa? Che cosa risponderà lo Stato italiano alle richieste di mafiosi corleonesi come Gaetano Riina, Raffaele Cutolo, Giuseppe Setola e altri personaggi inquietanti del crimine organizzato che “temono” di essere infettati e “chiedono il differimento della pena”? Tenete presente che per alcuni di questi signori della lista dei 372 nel foglio matricolare del carcere nella casella fine pena c’è scritto “MAI” perché sono gravati decine di ergastoli.

 

Bonafede, il ministro, in buonafede immaginiamo, e non c’è ironia, ha fatto fuori il suo amico Basentini e al suo posto ci ha messo Bernardo Petralia (un anziano signore magistrato lambito da intercettazioni telefoniche nell’ambito dell’inchiesta di Perugia su Palamara e sui veleni al Csm) e un magistrato come vice capo, Roberto Tartaglia. In questo caso parliamo di un giovane magistrato che ai tempi del governo giallorosso è candidato a tutto: dall’Anac al Dap. Finalmente si è accasato e speriamo faccia il lavoro per cui è stato scelto. Dice: Tartaglia è bravo. Sì, tocca ora sostituirlo alla Commissione Antimafia. Il primo banco di prova di Tartaglia è bloccare l’emorragia di detenuti mafiosi dal carcere! Ce la farà ad esaminare i fascicoli degli scarcerati uno per uno? Sarà capace (parliamo di tempi, non di capacità professionali) a  monitorare tutto, bloccare le scarcerazioni, chiedere in tempo pareri alla Dna, trasmetterli ai giudici di sorveglianza? Intanto Tartaglia una cosa l’ha fatta subito. Ed è la cosa che due mesi fa il pm antimafia Catello Maresca aveva chiesto di fare a Basentini:ritirare quella circolare del 21 marzo che aveva aperto una falla enorme nel sistema carcerario. Una breccia dalla quale uscivano i mafiosi.

Cafiero de Raho. Procuratore nazionale antimafia

Tartaglia ha diramato una nuova circolare con cui chiede ai direttori dei penitenziari di comunicare al Dipartimento le istanze, tutte le istanze, presentate dai mafiosi al 41 bis e quelle dei detenuti del circuito della cosiddetta Alta sicurezza. Quella lista ora è nelle mani della Commissione antimafia. Speriamo sia arrivata anche sul tavolo del ministro Bonafede. E soprattutto sul tavolo di Federico Cafiero de Raho. Almeno così al Dap avranno il NO della Dna a queste scarcerazioni. Perchè che Bonafede lo sappia o meno, i mafiosi riescono a mandare ordini per i picciotti fuori dal 41 bis, figurarsi che cosa sono capace di fare stando nel salotto di casa.

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Nuovo stop alla Funicolare Centrale, va sostituita di nuovo la fune: disagi per utenti e turisti

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Settembre 2022: Anm sostituisce la fune di trazione della funicolare Centrale, operazione che richiese la chiusura dell’impianto per un solo giorno. Il cavo, in acciaio, lungo 1,5 chilometri e del peso di 13 tonnellate, era stato installato nell’ambito della manutenzione straordinaria ventennale eseguita da Leitner. Tutto regolare, con un intervento rapido che sembrava garantire sicurezza e durata.

Un nuovo problema dopo due anni e mezzo

Sono passati poco più di due anni e mezzo e la funicolare ha nuovamente chiuso per motivi tecnici. Alle 7 del mattino, gli utenti hanno trovato le porte delle stazioni chiuse con un cartello che parlava di «verifiche tecniche inderogabili fino a cessate esigenze». Nessuna spiegazione precisa, né tempistiche sul ripristino. Chi si trovava all’Augusteo ha dovuto ripiegare sulla metropolitana, mentre altri hanno usato la funicolare di Chiaia o affrontato a piedi i 500 scalini del Petraio.

Il silenzio di Anm e la reazione della politica

Per ore, nessuna comunicazione ufficiale da Anm. Solo nel pomeriggio, intorno alle 16, è arrivata una nota: «Durante le operazioni di manutenzione ordinaria si è rilevata la necessità di approfondire alcuni aspetti tecnici dell’impianto». Non un cenno alla fune, elemento invece al centro del confronto con Ansfisa, l’agenzia del ministero dei Trasporti per la sicurezza degli impianti a fune.

La fune da sostituire: spunta un’anomalia

Secondo quanto trapelato da fonti sindacali, durante gli esami strumentali sono emerse possibili criticità nella fune installata nel 2022. Nessun rischio imminente, ma la decisione è stata quella di sostituirla per precauzione, forse anche sull’onda emotiva della recente tragedia della funivia del Faito. L’origine del deterioramento così rapido non è ancora chiara.

Riapertura prevista il 30 aprile

La funicolare resterà chiusa fino a mercoledì 30 aprile. Tempi lunghi, probabilmente legati all’arrivo del nuovo cavo da fuori Italia. Intanto, per alleviare i disagi, la funicolare di Montesanto prolungherà gli orari di esercizio: venerdì e sabato fino alle 2, domenica fino a mezzanotte e trenta.

Anche la Linea 6 in tilt

Nella stessa giornata, disagi anche sulla linea 6 della metropolitana, chiusa per oltre un’ora a causa di una verifica urgente al software di gestione.

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La rivoluzione di Eugenia Carfora, la preside che ha trasformato Caivano

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Nessun ragazzo è perduto. Il cambiamento è sempre possibile. Vietato arrendersi. Sono le tre regole non scritte che guidano da anni il lavoro instancabile di Eugenia Carfora (foto Imagoeconomica in evidenza), dirigente dell’Istituto superiore “Francesco Morano” di Caivano, nel cuore del Parco Verde, una delle realtà più difficili della provincia di Napoli. Da quando è arrivata, nel 2007, ha fatto della scuola un presidio di legalità, bellezza e speranza.

La sfida iniziata dai banchi

All’arrivo della preside, il “Morano” era una scuola dimenticata, con uscite di sicurezza ostruite, aule fatiscenti e strutture abbandonate. Eugenia Carfora ha ripulito muri e coscienze, ha coinvolto genitori, professori e studenti in una grande operazione di rigenerazione. Oggi l’istituto è un modello: ha una palestra funzionale, un orto per l’indirizzo agrario, laboratori moderni per informatica e meccatronica, una cucina per l’alberghiero. E soprattutto ha ritrovato la dignità.

Una serie tv per raccontare la sua storia

La sua vicenda sarà al centro di una serie tv Rai1 intitolata “La preside”, diretta da Luca Miniero e interpretata da Luisa Ranieri, che ha conosciuto personalmente la dirigente. «Non pensavo di dovermi esporre così per salvare un ragazzo o dire che la scuola è bella», ha commentato Carfora, commossa ma determinata. La fiction punta a raccontare la forza della scuola pubblica e il valore della cultura in territori difficili.

Una vocazione totale

Instancabile, sempre presente, la preside Carfora vive la scuola come una missione assoluta. «Sono malata di scuola», ammette. Anche a scapito della famiglia: «Ho un marito meraviglioso che è una mia vittima. Non sono stata una buona madre, ma i miei figli oggi sono come me». Non si è mai fermata davanti alle difficoltà: ha affrontato i pregiudizi, è andata a cercare i ragazzi casa per casa, ha sognato l’impossibile.

“Mi voglio spegnere tra i miei ragazzi”

«Mi offende sentir dire “poveri ragazzi” — spiega — perché in quell’espressione c’è già la resa. Io credo che ognuno di loro possa farcela». E quando pensa alla fine, confessa: «Non vorrei morire nel mio letto, ma fra i ragazzi, qui a scuola».

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Traghettopoli, tra i beneficiari dei biglietti omaggio Tirrenia anche Beppe Grillo e il figlio

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Il comico non è indagato, ma il suo nome compare nelle carte dell’inchiesta genovese. Tra i beneficiari dei biglietti gratuiti concessi dalla compagnia di navigazione Tirrenia, emergono anche Beppe Grillo, suo figlio Ciro e i coetanei coinvolti con lui nella vicenda giudiziaria per il presunto stupro di una studentessa italo-norvegese nella villa sarda del fondatore del Movimento 5 Stelle. Il loro nome compare nelle carte di “Traghettopoli”, la maxi inchiesta della Procura di Genova coordinata dal pm Walter Cotugno, che indaga su un presunto sistema di favori e biglietti omaggio nel mondo dei trasporti marittimi.

Nessun indagato, ma l’ombra del privilegio

Grillo e gli altri non sono indagati, ma la loro presenza nella lista dei beneficiari rappresenta un elemento significativo dal punto di vista politico e simbolico. A far rumore è il coinvolgimento di chi, come Grillo, si è sempre presentato come il paladino della legalità e della lotta ai privilegi della casta. Il momento è delicato per l’ex comico, già ai margini del suo stesso movimento dopo la rivoluzione voluta da Giuseppe Conte, che ha preso le redini del partito.

34mila biglietti omaggio in sei anni

Secondo gli investigatori, in sei anni le compagnie del gruppo Onorato avrebbero distribuito quasi 34mila biglietti gratuiti. Un dato che, secondo la Procura, dimostrerebbe l’esistenza di un “meccanismo corruttivo impressionante”, con coinvolgimenti in diversi settori delle forze dell’ordine, delle capitanerie di porto, di almeno due magistrati e funzionari pubblici. I beneficiari ricevevano i biglietti in cambio di presunti trattamenti di favore.

Achille Onorato si avvale della facoltà di non rispondere

Nell’inchiesta è indagato anche Achille Onorato, figlio dell’armatore Vincenzo Onorato. Il giovane imprenditore si è avvalso della facoltà di non rispondere durante l’interrogatorio, senza che sia stata richiesta alcuna misura cautelare nei suoi confronti. Il suo nome compare accanto a quelli di dirigenti e referenti del gruppo Onorato che avrebbero avuto ruoli centrali nella gestione del sistema dei biglietti.

Il precedente: il caso archiviato a Milano

Nei mesi scorsi il tribunale di Milano ha archiviato un’altra indagine che vedeva coinvolti Beppe Grillo e Vincenzo Onorato per presunto traffico di influenze illecite. L’accusa sosteneva che Grillo, tra il 2018 e il 2019, avesse girato a tre parlamentari del Movimento richieste di aiuto da parte di Onorato, in cambio di contratti pubblicitari per promuovere la compagnia Moby sul suo blog. La Procura ha infine stabilito che non c’erano elementi sufficienti per procedere.

 

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