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L’irresistibile discesa del Capitáno, da capo dei sovranisti al governo a leader dell’opposizione

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Allora, ricapitoliamo il mese di agosto di Matteo Salvini.

  • Da capo dei sovranisti italiani si fa votare a inizio agosto il decreto sicurezza bis;
  • Porta in Parlamento una mozione sulla Tav e se la fa votare anche dal Pd sapendo che il M5S é contrario;
  • Telefona a Zingaretti e gli chiede se é vero che il Pd mai avrebbe fatto un Governo con il M5S e ovviamente ottiene risposta affermativa;
  • Leva la fiducia al premier Giuseppe Conte, único non leghista del Governo ad essere pubblicamente favorevole alla Tav,  perché con la mozione sulla Tav dice di aver capito che non poteva più far parte di un Governo dei NO;
  • Chiede con una serie di interviste a giornali e telegiornali e logorroiche dirette su Facebook le elezioni immediate al Quirinale.

Che cosa ne ricava Salvini da questo frenetico attivismo?

1 Salvini è costretto al Senato ad ascoltare le comunicazioni del premier Giuseppe Conte che lo definisce incolto e ignorante dal punto di vista politico ed istituzionale, sleale, bugiardo e capace solo di guardare ai suoi interessi personali e di partito piuttosto che a quelli del Paese;

2 La mozione di sfiducia a Conte non viene votata perché non sarebbe mai passata in quanto il Pd non l’avrebbe votata e in ogni caso era da manicomio chiedere di votare una mozione di sfiducia al premier che dopo averlo ridotto come un pugile suonato si sarebbe recato immediatamente al Quirinale a consegnare le dimissioni nelle mani del Capo dello Stato;

3 Salvini telefona per la seconda volta a Nicola Zingaretti per chiedergli ancora una volta se é vero che il Pd mai avrebbe fatto accordi con il M5S per fare un nuovo governo ottenendo sempre la stessa risposta : MAI.

E invece che cosa succede?

a) Zingaretti fa sapere al Quirinale che in Parlamento può esserci un’altra maggioranza  che può dare vita ad un governo di legislatura. La base di questo nuovo governo, spiega sempre Zingaretti al capo dello Stato, può essere costruita con pazienza dai Dem e dal M5S;

b) Al primo giro di consultazioni al Quirinale emerge che l’unico a chiedere le elezioni subito è Salvini spalleggiato dalla Meloni (coerente sempre in questa legislatura) e in parte da Forza Italia che però non dá alcuna copertura politica al leader leghista che nel frattempo ha arruolato l’ex forzista e segretario di Confalonieri, Giovanni Toti, incaricandolo di fare un partitino nuovo per usarlo come porta girevole per quelli di Fi che vogliono lasciare il Cavaliere;

c) Quando Salvini capisce che il suo tentativo di far fuori Di Maio, mettere all’angolo il M5S, umiliare Conte è miseramente fallito e che rischia di ritrovarsi all’opposizione, torna sui suoi passi e pietisce incontri al capo dei pentastellati per cercare di rifare il Governo che aveva smontato in fretta. Di Maio non gli risponde mai. Anzi dice che non parlerà mai più di politica con Salvini ribadendo un concetto già espresso da Conte in Parlamento circa la slealtà e la mancanza di cultura istituzionale del leader della Lega.

Come finirà l’agosto di Salvini?

d) Il Pd sta per chiudere un accordo di legislatura con il M5S;

e) Sta per nascere un Governo M5S – Pd con Giuseppe Conte che succede a se stesso;

f) Salvini e tutti gli altri leghisti ministri tra pochi giorni dovranno lasciare le loro poltrone, non senza aver fatto la solita deplorevole infornata di nomine prima di finire nel dimenticatoio;

g) Di Maio potrebbe restare vice premier e forse prendersi il dicastero del Viminale che è stato di Salvini;

Ma se non bastasse tutto ciò, c’è per Salvini un supplemento di amarezza: lo spread é sceso sotto i 180 punti (non accadeva da oltre un decennio) e Donald Trump, il capo dei sovranisti mondiali che a Salvini non ha mai voluto concedere udienza manco per farsi una foto con lui, si prende la briga di andare su Twitter e scrivere 400 parole di amore per Giuseppe Conte, definendolo un eccellente premier, molto capace, augurándosi che resti lui il primo ministro italiano.
Insomma, da qualunque punto lo si voglia guardare e qualunque sia il nostro giudizio su Salvini, su una cosa possiamo convenire: é stato un agosto pesssimo. L’unica possibilità che gli si può concedere è  che il nascituro governo sia più o meno un aborto. In quel caso, come ha spiegato benissimo Giancarlo Giorgetti, il governo giallorosso sarà un investimento per il futuro della Lega e di chi la guiderà in futuro. Magra consolazione per Matteo.

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Politica

Schlein e il dibattito Dem: ok contributi costruttivi

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Guarda al dibattito interno e sul centro con una certa di dose di pragmatismo, la segretaria Dem Elly Schlein. I contributi di questi giorni dal mondo cattolico a Milano e da quello riformista a Orvieto sono, di fatto, un segno di vitalità. Quella del Pd, a differenza dei partiti della maggioranza, avrebbe ragionato con i suoi, è una comunità che discute. Certo, la richiesta di avere più voce in capitolo dell’area riformista con un big come Paolo Gentiloni a tracciare la linea non sono passati inosservati. Ma, d’altra parte, c’è stato anche il riconoscimento chiaro – viene fatto notare al Nazareno – di un partito che ha ripreso quota con la sua segreteria passando in due anni e mezzo dal 14 al 24%.

L’impegno, in questo momento, è comunque concentrato sull’opposizione al governo di Giorgia Meloni, per i dibattiti sulle alleanze – ragiona qualcuno dalla segreteria – ci sarà tempo. In ogni caso, il weekend segnato dai due appuntamenti di Milano e Orvieto ha riportato nel dibattito interno una serie di questioni. Quelle poste da un lato dal fronte cattolico con la prima uscita pubblica di Ernesto Maria Ruffini e quello dell’area riformista con l’appuntamento di Libertà Eguale di Enrico Morando a Orvieto che ha visto la presa di posizione chiara (forse anche oltre quanto si aspettasse qualcuno al convegno) di Paolo Gentiloni.

L’idea dell’ex premier del fare qualcosa in più per “delineare l’alternativa” è la linea indicata anche da Morando nel suo intervento nel quale ha evidenziato la necessità di “lavorare per organizzare una scossa riformista”. Insomma, la richiesta venuta da Orvieto appare ancora una volta quella di evitare un eccessivo schiacciamento a sinistra del partito. Intanto anche l’area cattolica si è fatta sentire. Un mondo al quale continua a guardare con interesse anche il leader Iv, Matteo Renzi, che non manca di rimarcarlo. “Mai come in questo momento – dice ricordando l’anniversario dell’Appello ai liberi e forti di don Luigi Sturzo – c’è bisogno di un contenitore che recuperi quei valori se vogliamo che le prossime elezioni politiche siano davvero aperte e contendibili”. Insomma, da un lato e dall’altro, in questo weekend gli input alla segretaria non sono mancati.

Lei, per il momento, tira dritto sulla strada, appunto, della concretezza, assicurano i suoi. Certo, la discussione può, di sicuro essere segno di vivacità interna ma il punto ora sarà trovare una sintesi anche a fronte di una serie di questioni che rischiano di essere divisive. Tra le altre, certamente, quella del terzo mandato con le prese di posizione del sindaco di Milano Beppe Sala e del presidente del Copasir Lorenzo Guerini. E ancora quella del lavoro soprattutto se la Consulta dovesse dare il via libera ai referendum, in particolare a quello che riguarda il job act. Un tema sul quale non c’è completa assonanza di vedute tra tutte le anime del partito. Intanto domani è prevista la riunione del consiglio nazionale M5s.

Ed è di oggi l’annuncio del capogruppo alla Camera uscente Francesco Silvestri che non si ricandiderà per quel ruolo per dare il proprio contributo per la costruzione del partito. “Dopo due anni e mezzo, e soprattutto dopo le traiettorie delineate dall’assemblea costituente – ha spiegato – ho deciso di dedicare tutto me stesso alla costruzione del partito. E per questo di non ricandidarmi per il ruolo di capogruppo alla Camera. Ora a cambiare sarà il contesto, ma il mio impegno e la mia determinazione per la crescita del Movimento saranno sempre le stesse”.

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Di Pietro: lo sciopero dei magistrati è inappropriato, le carriere devono essere separate

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“Fino a prova contraria, la separazione delle carriere dei magistrati – per come prospettata finora dal Parlamento – non modifica in alcun modo l’articolo 104 della Costituzione, a norma del quale la magistratura – sia quella giudicante che inquirente sono e restano un ordine indipendente da qualsiasi altro Potere dello Stato, e, quindi, demonizzare la riforma a priori (solo perché lo aveva detto anche Berlusconi) mi pare una forzatura ideologica non corrispondente alla realtà dei fatti”. A dichiararlo è Antonio Di Pietro (foto Imagoeconomica in evidenza), Pubblico ministero all’epoca di Mani Pulite, a proposito della riforma costituzionale della giustizia per la separazione delle carriere.

“Con riferimento alla prospettata separazione delle carriere – aggiunge – rispetto chi la pensa diversamente da me, ma io ritengo che – così come in una partita di calcio l’arbitro e il giocatore non possano far parte della stessa squadra – anche nel nostro sistema processuale penale – specie dopo la riforma del processo da inquisitorio ad accusatorio – i giudici ed i Pubblici ministeri non dovrebbero percorrere la medesima carriera”.

“Anche i magistrati – prosegue Di Pietro – come tutti i cittadini hanno il diritto di esprimere le proprie opinioni e lo sciopero è certamente un atto lecito, ma io trovo inappropriato che un potere dello Stato (tale è di fatto l’ordine giudiziario) scioperi contro un altro potere dello Stato. Ritengo più corretto che i poteri dello Stato si confrontino (e si scontrino se necessario) fra loro nelle sedi istituzionali loro proprie”.

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Politica

Stand-by su Santanchè, ma già è partito il totonomi

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Per ora niente si muove. Ma in attesa che si definisca il destino di Daniela Santanchè già è scattato tra i partiti il totonomi per una sua eventuale sostituzione, se Giorgia Meloni, che ancora non si è pronunciata, dovesse chiederle un passo indietro. Richiesta che di ora in ora viene dato dai rumors sempre più imminente. Questione più di giorni che di settimane, scommettono i più. Anche per evitare di sottoporre governo e maggioranza al nuovo stillicidio che accompagnerebbe il passaggio parlamentare di una mozione di sfiducia, già preannunciata dalle opposizioni. Per il momento la premier è concentrata sulla missione a Washington, che la porterà lunedì all’inauguration day di Trump. Ma dal suo rientro in poi c’è chi nella maggioranza scommette che ogni giorno potrebbe essere buono. Quantomeno perché il quadro si faccia un poco più chiaro.

Nel frattempo ci si interroga sull’eventuale nuovo cambio nella squadra: uno dei papabili citati nel tam tam parlamentare potrebbe essere Gianluca Caramanna, deputato e responsabile del dipartimento turismo di FdI, che attualmente è consigliere per i rapporti istituzionali proprio di Santanchè. Ma è anche un parlamentare alla prima legislatura. E non risponderebbe appieno all’identikit, anche perché una uscita della ministra potrebbe richiedere un riequilibrio di genere, e quindi un’altra donna da innestare nella squadra. Peraltro c’è chi non esclude che, se si dovrà procedere con il ricambio, la premier non giochi anche la carta di un non parlamentare, una sorta di figura “tecnica”, come nel caso di Alessandro Giuli, entrato al posto di Gennaro Sangiuliano. La scelta di un esterno di area, uno dei ragionamenti ricorrenti, eviterebbe peraltro di dover poi procedere a ulteriori rimpiazzi, mentre ancora resta vacante la casella che occupava al Mit per FdI Galeazzo Bignami.

La nomina del suo sostituto come viceministro di Matteo Salvini potrebbe arrivare a breve, in concomitanza con il rinnovo delle commissioni parlamentari che sarebbe prevista ogni due anni ma di prassi avviene attorno alla metà della legislatura. Il puzzle dei presidenti di commissione si potrebbe comporre tra l’inizio e la fine di febbraio per Senato e Camera. Qualche cambiamento è nell’aria da mesi – si è parlato della commissione Bilancio della Camera (dove anziché un passaggio a FdI ci potrebbe essere una staffetta interna a FI), ma anche di Difesa, Giustizia e Cultura. Anche se ora c’è chi non esclude che alla fine almeno quelli di FdI possano essere tutti riconfermati. In questo quadro non si muoverebbe dalla guida della commissione Trasporti di Montecitorio, Salvatore Deidda, tra i più quotati nelle scorse settimane per succedere a Bignami. Le ipotesi più accreditate volevano in questo caso l’ingresso di un esponente del Sud visto l’addio del pugliese Raffaele Fitto, sostituito dal lombardo Tommaso Foti. Ma c’è chi fa notare che sono tre in tutti i posti liberi nel sottogoverno e che non è detto che sia al Mit che sarà destinato un esponente del Mezzogiorno. Così come sembrerebbe quasi certo che, escluso il Ministero dei Trasporti, gli altri posti non saranno riassegnati ai ministeri della Cultura e dell’Università.

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