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La talpa rischia 15 anni, accedeva ai pc del Pentagono

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Accusato di aver violato la legge sullo spionaggio, rischia sino a 15 anni di carcere Jack Teixeira, l’aviere della Guardia nazionale del Massachusetts con accesso al network informatico della difesa americana sospettato di essere la talpa dei leak del Pentagono: un caso che ha imbarazzato l’amministrazione Biden nel mondo, gettato dubbi sulla controffensiva ucraina e messo sotto accusa la vulnerabilità della sicurezza americana. All’indomani dell’arresto show nella casa dove vive con i genitori, a North Dighton, il 21enne è comparso in uniforme da detenuto davanti al tribunale di Boston, dove è stato formalmente incriminato per aver violato l’Espionage Act, in particolare per la detenzione e trasmissione non autorizzate di informazioni di difesa nazionale, nonché per la rimozione non autorizzata di informazioni classificate e materiali di difesa. Due capi di imputazione che comportano rispettivamente sino ad un massimo di 10 e 5 anni, anche se risulterà – come pare finora – che Teixeira non era una spia e non aveva intenzione di danneggiare gli interessi Usa.

Il giudice David Hennessy ha disposto che resti in carcere sino alla prossima udienza di mercoledì. L’amministrazione Biden vuole una pena esemplare, anche a scopo di deterrenza. Il ministro della Giustizia Merrick Garland ha annunciato che saranno richieste “pene molto pesanti”: “Le persone che firmano impegni per ricevere documenti classificati riconoscono l’importanza per la sicurezza nazionale di non divulgare questi documenti. E intendiamo inviare un messaggio per mostrare quanto questo sia importante per la nostra sicurezza nazionale”, ha spiegato. Il commander in chief intanto ha ordinato una stretta “per proteggere e limitare la distribuzione di informazioni sensibili”, mentre anche al Congresso si invocano nuovi protocolli di sicurezza e di selezione del personale, soprattutto nella generazione (più social) Z. Del resto si calcola che più di un milione di dipendenti e contractor del governo degli Stati Uniti abbiano accesso a informazioni top secret.

E al Pentagono non si usa la macchina della verità per l’assunzione e il controllo periodico dei dipendenti, a differenza di Cia e Fbi. L’Espionage Act, una legge del 1917 più volte emendata, è stato ampiamente applicato agli americani scoperti a spiare per conto di Paesi stranieri, come Julius ed Ethel Rosenberg, che furono giustiziati nel 1953 dopo essere stati giudicati colpevoli di aver passato segreti nucleari all’Unione Sovietica. Vi si è fatto ricorso anche contro talpe che hanno fatto trapelare informazioni sensibili, tra cui la fonte di WikiLeaks Chelsea Manning (condannata a 35 anni, pena poi commutata da Obama), l’ex contractor della Cia Edward Snowden fuggito in Russia (in Usa rischia sino a 30 anni) ed Henry Kyle Frese, un dipendente della Defense Intelligence Agency condannato a 30 mesi per aver divulgato informazioni riservate a due giornalisti nel 2018 e 2019. Nel 1973 invece l’attivista Daniel Ellsberg, il leaker dei Pentagon Papers sul Vietnam, rischiò 115 anni di prigione ma ottenne l’archiviazione per le illegalità commesse dagli investigatori.

Intanto dall’udienza sono emersi i primi dettagli delle indagini dell’Fbi, che ha identificato la talpa anche grazie a dati di fatturazione della piattaforma per amanti dei videogiochi Discord, dove ha postato inizialmente i documenti classificati, e all’interrogatorio di un membro della chat, che ha legato il suo username online all’aviere. Teixeira dapprima ricopiò i documenti classificati in suo possesso, poi cominciò a portarli a casa per fotografarli perché temeva di venire scoperto mentre trascriveva le carte sul posto di lavoro. Una circostanza che contrasta con quanto riferito ai media da membri della sua chat, secondo cui l’aviere – indicato col nome in codice O.G. – aveva iniziato a pubblicare foto dei documenti perché era seccato che gli altri utenti (in tutto 24, compresi alcuni russi e ucraini) non lo prendessero sul serio.

Dopo le prime rivelazioni di stampa, inoltre, il giovane cercò la parola ‘leak’ in un sistema classificato, nel tentativo – secondo l’Fbi – di trovare informazioni sull’indagine in corso. Dai media esce il profilo di un giovane patriottico, devoto cattolico, razzista e antisemita, fanatico delle armi, dubbioso del futuro dell’America e anti ‘deep state’, che forse per egocentrismo e vanità voleva solo dare “un assaggio di guerra vera” ai suoi compagni di war games online. Arruolatosi nel 2019, lavorava come specialista informatico e delle comunicazioni nella base di Cap Code e dal 2021 aveva il nullaosta per accedere alla rete informatica interna del Pentagono per informazioni top secret, denominata Joint Worldwide Intelligence Communications System (Jwics).

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Nuove voci su Kate: operata da un’equipe italiana

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Congetture senza fine, ombre cupe impossibili da verificare e rivelazioni di anonime gole profonde (non confermate, ma neppure smentite o smentibili) continuano ad addensarsi sulla famiglia reale britannica: in primis sul decorso del cancro, di natura imprecisata, diagnosticato nei mesi scorsi in rapida successione sia al 75enne re Carlo III, sia alla principessa di Galles, Catherine, 42 anni, consorte dell’erede al trono William. Le ultime indiscrezioni non rimbalzano per una volta dai tabloid della stampa popolare dell’isola o dal sensazionalismo a tinte noir dei siti del gossip Usa, ma arrivano dall’Italia.

Dal settimanale Gente in edicola domani, in particolare, secondo un cui scoop – anticipato con titoli di richiamo oggi – le condizioni del sovrano sarebbero decisamente più allarmanti rispetto ai comunicati o alle stesse immagini ufficiali. Mentre quelle di Catherine, familiarmente Kate per l’opinione pubblica di tutto il mondo, restano avvolte nella nebbia: dietro una spessa coltre di riserbo giustificata da ragioni di “privacy”, a quasi 4 mesi dal misterioso intervento all’addome subito dalla principessa in un reparto della prestigiosa London Clinic, ospedale privato dell’élite londinese. Operazione a cui avrebbe partecipato in prima fila, scrive il magazine italiano, un’équipe di medici connazionali inviati dal Policlinico Gemelli di Roma.

Fedele alla ferrea regola del ‘never complain, never explain’ (‘mai lamentarsi, mai spiegare’), ereditata dal lungo regno di Elisabetta II, sebbene con un tocco di trasparenza in più a partire del recente annuncio della malattia di Carlo, Buckingham Palace non ha ovviamente commentato in alcun modo queste voci. Ignorate per ora anche da giornali e tv mainstream d’oltre Manica, fra le cui righe, peraltro, negli ultimi tempi, non sono mancati interrogativi e cautele sulla situazione clinica del monarca regnante e della futura regina.

Gente in ogni caso tira dritto e attribuisce le sue informazioni a fonti reputate degne di fede. Riguardo all’intervento chirurgico di Kate, il settimanale afferma d’aver appreso che sia stato “effettuato da un’équipe di medici italiani del Policlinico Gemelli di Roma”. Cosa che né l’ospedale romano né la London Clinic possono certificare (o negare) pubblicamente per evidenti obblighi di tutela dei pazienti, trincerandosi dietro l’inevitabile “no comment”.

E che mai è emersa dai comunicati di palazzo, come dal tam tam dei media britannici, al di là della ben nota presenza di specialisti italiani in tante strutture sanitarie del Regno o del costante interscambio fra istituzioni mediche o scientifiche dell’isola e della penisola. Quanto poi alle condizioni di re Carlo, Gente sostiene di aver raccolto confidenze di “fonti vicine” alla Royal Family in contrasto con “le rassicurazioni del comunicato di Buckingham Palace che la settimana passata aveva annunciato il ritorno agli impegni pubblici” del sovrano.

Ritorno poi in effetti realizzatosi martedì con una prima visita a un ospedale e a un centro oncologico di Londra, fatta simbolicamente da Carlo in compagnia della regina Camilla, durante la quale il monarca si è mostrato sorridente. E in forma apparentemente discreta.

Un’immagine frutto di progressi terapeutici accreditati dai medici di corte come “molto incoraggianti” sul fronte di cure che comunque proseguono, a differenza del segreto che continua a dominare sull’andamento della chemioterapia in corso da due mesi per Kate, del tutto assente dai riflettori fin dal Natale del 2023. Ma che secondo il settimanale celerebbe dietro le quinte una realtà molto più inquietante pure per Carlo: segnata in privato dal calvario di un re “fiaccato da dolori alle ossa” che non gli lascerebbero tregua.

E addirittura “gravissimo”, secondo lo strillo che sollecita la lettura dell’articolo di domani. Timori e incubi che solo i mesi prossimi, fitti d’impegni da confermare volta per volta, potranno diradare o concretizzare più o meno drammaticamente.

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Non si placa la protesta in Georgia, scontri e feriti

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Non si placa l’ondata di proteste in Georgia per la legge contro le influenze straniere voluta dal partito di governo Sogno Georgiano, che ha già superato due delle tre votazioni in Parlamento necessarie per entrare in vigore. L’assemblea ha cancellato la sessione di oggi denunciando un tentativo di irruzione da parte di un gruppo tra i manifestanti che ieri sera sono tornati a scendere in piazza nei pressi dell’edificio.

Mentre la Ue e gli Usa mantengono il loro sostegno alla protesta. La normativa, conosciuta anche come legge sugli agenti stranieri, è già stata ribattezzata ‘legge russa’ dagli oppositori, che vi vedono un tentativo della maggioranza di ridurre al silenzio le voci critiche come fatto da Mosca con una disposizione analoga.

Sogno Georgiano è anche accusato volere fare riavvicinare alla Russia questo Paese del Caucaso, che nel dicembre scorso ha ottenuto lo status di candidato ad entrare nella Ue. Decine di migliaia di persone sono tornate a manifestare ieri sera dopo che, il giorno prima, la polizia era intervenuta per disperdere i dimostranti con l’impiego di gas lacrimogeni e proiettili di gomma e fermando oltre 60 persone. Il ministero dell’Interno aveva detto che sei agenti erano rimasti feriti.

“Seguo la situazione in Georgia con grande preoccupazione e condanno la violenza nelle strade di Tbilisi”, ha affermato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, secondo la quale “la Georgia è a un bivio e dovrebbe mantenere la rotta verso l’Europa”.

Il governo italiano condanna “l’uso della violenza durante le manifestazioni” a Tbilisi e “sostiene l’ingresso della Georgia nell’Unione Europea”, ha scritto da parte sua su X il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. Mentre il portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale Usa, John Kirby, ha affermato che Washington è “profondamente preoccupata” per il progetto di legge che, a suo avviso, potrebbe portare a un “soffocamento del dissenso e della liberà di espressione”. Accuse respinte dai promotori, secondo i quali il disegno di legge si ispira, più che a quella russa, a un’analoga normativa in vigore negli Usa fin dagli anni ’30 del secolo scorso.

Ma anche il responsabile dell’Onu per i diritti umani, Volker Turk, ha invitato il governo a ritirare la legge. Ieri il Parlamento ha approvato in seconda lettura la legge con 83 voti favorevoli e 23 contrari. Il testo prevede che le organizzazioni non governative e i media che ricevono oltre il 20% dei loro finanziamenti dall’estero si registrino amministrativamente come “organizzazioni che difendono gli interessi stranieri”.

Manifestazioni contro l’iniziativa si susseguono dal 9 aprile, da quando cioè Sogno Georgiano ha deciso di ripresentare la legge, che un anno fa aveva ritirato sotto la pressione di un’analoga ondata di proteste. Ieri sera, come avvenuto nei giorni precedenti e anche un anno fa, i manifestanti hanno sventolato bandiere dell’Unione europea insieme a quelle nazionali. C’è stato qualche limitato incidente e il ministero della Sanità ha segnalato otto feriti lievi, ma nulla di paragonabile agli scontri della notte precedente.

Lo scontro di questi giorni sembra comunque assumere una valenza che va oltre il destino della legge, tra chi vuole cercare di recuperare i rapporti con la Russia e chi spinge invece per una precisa scelta occidentale.

Due poli rappresentati dal partito di governo da un lato e, dall’altro, dalla presidente franco-georgiana Salome Zourabishvili, ex ambasciatrice francese in Georgia, che si è schierata contro la normativa.

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Lukashenko sta costruendo una mega residenza in Russia

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Una società privata legata al presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, sta costruendo un’enorme residenza con un hotel, ristoranti e chalet sulle montagne vicino a Sochi, in Russia: lo riporta The Insider, che cita un’inchiesta congiunta dei giornalisti dell’emittente polacca Belsat e dell’associazione delle ex forze di sicurezza bielorusse Belpol. Secondo quest’ultima, il nuovo complesso – che sorgerà su un terreno di oltre 97.248 metri nel villaggio di Krasnaya Polyana – è destinato al leader bielorusso. Dall’inchiesta è emerso infatti che il progetto coinvolge i suoi più stretti collaboratori e viene finanziato con fondi riconducibili a Lukashenko.

Secondo i giornalisti di Belsat il presidente bielorusso si trasferirà in questa proprietà dopo aver lasciato l’incarico: Lukashenko avrebbe deciso di costruire una residenza fuori dalla Bielorussia dopo le elezioni e le successive proteste del 2020. Nel villaggio di Krasnaya Polyana ci sono alcune tra le più esclusive ed eleganti stazioni sciistiche del Paese, tra cui quella di Roza Khutor, che ha ospitato alcune gare delle Olimpiadi invernali 2014. E la nuova residenza promette di non essere da meno, con piscine, una “sicurezza armata” e maniglie delle porte placcate in oro. Il progetto prevede la costruzione di 12 immobili – tra cui un hotel e diversi chalet – con una superficie totale di 7.374 metri quadrati. L'”edificio principale”, destinato al proprietario, dovrebbe occupare un terzo della superficie edificabile totale.

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