Un palcoscenico eduardiano si apre presso il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM), con un protagonista d’eccezione: il giudice napoletano Ernesto Anastasio. Un magistrato dal 1999, Anastasio si trova al centro di una controversia inusuale e delicata: non scrive le sentenze. Questo comportamento ha suscitato l’indignazione degli avvocati e ha portato la Procura generale della Cassazione a contestargli “la violazione dei doveri di diligenza e laboriosità”. La richiesta è stata chiara: la sospensione urgente da funzioni e stipendio.
La vicenda di Anastasio è caratterizzata da una serie di episodi che lo ritraggono in una luce poco lusinghiera. Nel 2021, è stato sanzionato con una censura per “gravi ritardi” nelle sentenze come giudice civile a Santa Maria Capua Vetere. Pochi mesi dopo, la Procura ha rilevato una nuova situazione critica: ben 214 sentenze non scritte nei termini, con 252 provvedimenti in sospeso.
Il problema di Anastasio non si è limitato a una sola sede giudiziaria. Trasferito a Perugia come giudice di sorveglianza, ha continuato a collezionare ritardi. In un anno, non ha depositato 848 provvedimenti, alcuni dei quali sono stati depositati addirittura 11 mesi dopo la scadenza prevista. Questo ha scatenato una protesta collettiva dei detenuti, suscitando ulteriori preoccupazioni sulla sua professionalità.
La risposta di Anastasio è stata presentare un certificato medico e richiedere una perizia psicologica. Il CSM ha incaricato il professor Stefano Ferracuti, docente di psicopatologia forense presso la Sapienza di Roma, di esaminare la sua situazione. Dopo due visite e una serie di test mentali, Ferracuti ha emesso una valutazione.
Secondo il professor Ferracuti, Anastasio non soffre di patologie che possano compromettere la sua capacità di intendere e volere. Tuttavia, il giudice è affetto da un disturbo di personalità associato a difficoltà esistenziali e personali. Questo disturbo lo porta a procrastinare e a manifestare incertezza nell’adempiere i suoi doveri professionali. In altre parole, Anastasio è consapevole dei suoi problemi ma non riesce a opporsi alle sue tendenze interne.
Il perito ha anche scoperto una radice più profonda nel disagio di Anastasio. Il giudice aveva aspirazioni poetiche e desiderava diventare un poeta, ma il “complesso rapporto” con suo padre, un noto avvocato, lo ha portato alla giurisprudenza. Questo ha generato un conflitto interno in Anastasio, che vive un lavoro che non gli offre alcuna soddisfazione personale o esistenziale. Ferracuti ha suggerito che il giudice potrebbe essere “inidoneo al lavoro di magistrato”, suggerendo come alternativa la carriera di bibliotecario.
Anastasio ha riconosciuto l’accuratezza delle valutazioni del perito, ammettendo che vive una situazione di conflitto interiore. Ha escluso l’ipotesi di morire come magistrato, ma ha ribadito la sua conoscenza del mestiere e la sua volontà di continuare a svolgerlo, soprattutto nel ruolo di giudice di sorveglianza.
La decisione finale spetta al CSM, che si pronuncerà a settembre. Il caso del giudice Anastasio mette in luce un conflitto tra il desiderio personale e la professione, offrendo una visione insolita della realtà giudiziaria.