Da un lato, si sostiene che l’inchiesta sulla presunta loggia ‘Ungheria’ sia stata insabbiata, dall’altro si dice che si e’ voluto procedere con piu’ prudenza e quindi iscrivere i primi indagati quasi sei mesi dopo le rivelazioni sull’organizzazione che avrebbe condizionato nomine in magistratura e negli incarichi pubblici. Ci sono due modi diversi di condurre le indagini sul caso che sta creando un nuovo terremoto tra le fila della magistratura, da quella di Milano fino al Csm. Una divergenza che ha alimentato lo scontro tra il pm milanese Paolo Storari e l’ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura in pensione da ottobre, Piercamillo Davigo, da una parte, e il procuratore Francesco Greco, con gli aggiunti Laura Pedio e Fabio De Pasquale, dall’altra. La vicenda riguarda una non ben definita loggia segreta descritta negli interrogatori tra dicembre 2019 e gennaio 2020 dall’avvocato Piero Amara condannato definitivamente a 3 anni e 8 mesi per il ‘sistema Siracusa’ e le decisioni pilotate al Consiglio di Stato e indagato nell’inchiesta milanese sul cosiddetto ‘falso complotto Eni’. Interrogatori che si sono svolti davanti ai pm Pedio e Storari, che allora coordinavano in tandem l’indagine sull’ipotizzato depistaggio nel procedimento con al centro l’accusa di corruzione internazionale in Nigeria per la quale il 17 marzo il Tribunale ha assolto tutti gli imputati. Data la gravita’ delle dichiarazioni di Amara, Storari chiese subito di fare iscrizioni nel registro degli indagati. A testimoniarlo almeno una decina di mail inviate al procuratore Greco per spiegare che bisognava chiarire la veridicita’ o meno di quelle affermazioni e, qualora fossero state false, procedere per calunnia nei confronti del legale, ex consulente esterno di Eni e che la Procura ha cercato di valorizzare con la richiesta, non accolta dai giudici, di convocarlo come teste nel processo sul blocco petrolifero nigeriano. Poiche’, a detta di Storari, nessuna risposta avrebbe mai ricevuto, il pm – che ha in mano altre carte che dimostrerebbero la volonta’ di voler ‘proteggere’ il processo sulla Nigeria – in aprile decise di consegnare i verbali secretati a Davigo, senza pero’ una lettera formale, affinche’ riferisse al comitato di presidenza del Csm, quindi a David Ermini e anche al pg della Cassazione Giovanni Salvi. Un atto di cui Storari ha informato Greco solo qualche settimana fa, dopo che la segretaria di Davigo, Marcella Contrafatto, e’ stata accusata di calunnia dai pm di Roma per aver recapitato quegli stessi verbali ad alcuni quotidiani accompagnati da una lettera in cui si tacciava di inerzia il capo della Procura milanese. In serata, fonti del Csm hanno precisato che il Consiglio “opera soltanto sulla base di atti formali e secondo procedure codificate, essendo qualsiasi suo intervento inibito a fronte di atti non identificabili come la sommaria comunicazione verbale da parte dell’allora consigliere Piercamillo Davigo in merito a indagini della procura di Milano”. E dunque, “in presenza di notizie in se’ irricevibili perche’ estranee ai canali formali e istituzionali, ogni iniziativa del Csm sarebbe stata scorretta e avrebbe potuto amplificare voci non riscontrabili”. Tra i vertici del quarto piano del Palazzo di Giustizia, mentre il procuratore Greco e’ al lavoro su una relazione per riscostruire i passaggi sulla gestione del fascicolo, la versione che circola parla di indagini e accertamenti svolti, ma con prudenza: il 9 maggio 2020, Amara, col suo collaboratore Alessandro Ferraro e l’ex socio Giuseppe Calafiore, sono stati indagati per associazione segreta. In Procura, pero’, c’e’ qualcuno che sospetta che le iscrizioni siano piu’ o meno contemporanee al periodo in cui Salvi, avvisato da Davigo, parlo’ con Greco. Si racconta, poi, che Storari avrebbe voluto iscrivere 6 persone, mentre Greco e Pedio, prima di procedere, avrebbero ritenuto opportuno fare accertamenti. E poi, era la domanda ai piani alti, perche’ solo 6 e non tutte le decine di persone che, secondo Amara, avrebbero fatto parte dell’associazione segreta? In piu’, i vertici parlano di indagini svolte nei mesi in cui Storari invece lamento’ l’immobilita’ e della richiesta (andata a vuoto) da parte di Greco di una consulenza tecnica su alcuni pc degli inquirenti per verificare come l’ex dirigente Eni Vincenzo Armanna si fosse procurato quelle due pagine dei verbali di Amara sventolate in un interrogatorio del febbraio 2020. Dopo le tre iscrizioni, Greco ha coinvolto anche l’aggiunto Maurizio Romanelli e gli ha girato le carte per potenziare il pool dedicato al caso. Infine, la decisione di inviare lo scorso dicembre gli atti per competenza a Perugia. Nel frattempo, il procuratore di Brescia Francesco Prete e’ pronto ad aprire un fascicolo conoscitivo sul nuovo scontro in Procura.