Il mondo giudiziario italiano è stato scosso da un caso che mette in luce una complessa sfumatura tra la passione personale e la responsabilità professionale di un magistrato. Si tratta del giudice Ernesto Anastasio, 54 anni, originario di Piano di Sorrento (Napoli), che ha dichiarato davanti alla Sezione disciplinare del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) di non essere “un idiota che si diletta a scrivere poesie e combina solo scelleratezze sul lavoro”, ma di avere affrontato serie difficoltà nell’adempiere ai suoi doveri giudiziari.
Ernesto Anastasio, magistrato dal 1999, ha raccontato di essere stato assegnato al settore Civile, ma avrebbe preferito lavorare in ambito penale. A suo dire, questa assegnazione al Civile, che lui stesso ha descritto come “una sorta di sentina del sistema giudiziario italiano”, avrebbe contribuito a una sorta di “blocco mentale” che ha ostacolato la sua produttività nello scrivere sentenze e provvedimenti. Ha evidenziato che in Italia non è necessario separare le carriere di giudici e procuratori, ma piuttosto quelle tra Civile e Penale.
L’accusa principale contro Anastasio riguarda il cumulo di arretrati: ben 214 sentenze non redatte nei termini. Questo accumulo ha sollevato le proteste degli avvocati e ha portato persino a un’istanza collettiva da parte di un gruppo di detenuti. La Procura Generale della Cassazione ha presentato gravi accuse nei confronti del giudice, suggerendo che avrebbe violato i “doveri di diligenza e laboriosità”. Di conseguenza, si è proposta la sua immediata sospensione dalle funzioni e dallo stipendio.
La situazione di Anastasio è ulteriormente complicata dalla sua passione per la poesia. Tuttavia, il giudice ha cercato di giustificare il suo operato, affermando che nonostante le difficoltà, ama fare il magistrato di sorveglianza e vorrebbe portare a termine il quadriennio. Ha menzionato anche l’ostilità che avrebbe incontrato nel suo ruolo presso il settore Civile di Santa Maria Capua Vetere, dove sarebbe stato assegnato contro la sua volontà.
La perizia psicologica condotta dal dott. Stefano Ferracuti, docente di psicopatologia forense presso l’Università “La Sapienza”, ha gettato luce sullo stato emotivo di Anastasio. Il perito ha identificato un possibile “disturbo di personalità che lo porta a procrastinazione e irresolutezza nell’adempiere determinate mansioni”. Secondo Ferracuti, Anastasio non trova soddisfazione nel suo lavoro di giudice, poiché i suoi interessi sono orientati verso campi letterari e poetici.
Il giudice Anastasio ha riconosciuto le conclusioni del perito, spiegando di aver “condiviso in ogni punto” le conclusioni e di aver “sfogato” il suo disagio interiore durante il colloquio. Il perito ha suggerito che, se fosse possibile in magistratura, un demansionamento potrebbe essere considerato. Questo consentirebbe a Anastasio di svolgere mansioni diverse, più in linea con i suoi interessi personali.
L’esito dell’azione disciplinare davanti al Consiglio Superiore della Magistratura solleva interrogativi sulla complessa interazione tra passione personale e responsabilità professionale. Il caso di Anastasio solleverà dibattiti più ampi sulla gestione delle passioni personali nel contesto lavorativo e sulla possibilità di trovare un equilibrio tra gli interessi personali e la produttività professionale.