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La Cassazione mette a”rischio” i processi di mafia? La Meloni annuncia un decreto legge urgente

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Sos del governo sui processi di mafia. L’interpretazione di una sentenza della Cassazione del 2022 potrebbe metterli al rischio, lasciando impuniti delitti gravi di cui non emerge nettamente il collegamento con la criminalità organizzata. Lo afferma Giorgia Meloni annunciando, d0’accordo con il ministro Nordio, un decreto legge interpretativo che faccia chiarezza al più presto. Parole che si aggiungono alle polemiche, mai sopite, sulla riforma della giustizia voluta proprio dal Guardasigilli e che sta per approdare al Senato, tra le tensioni con le toghe. Oltre alle fibrillazioni nella maggioranza, nonostante i toni bassi degli ultimi giorni e le iniziative della presidente del Consiglio per placare le acque. Da qui l’apertura mostrata oggi dal suo partito – dal capogruppo alla Camera, Tommaso Foti – per un dialogo con i magistrati definito “indispensabile” alla riforma. Un’apertura tutta da definire e applicare, tenendo conto del freddo silenzio di Forza Italia e della Lega sul tema. Ancor di più oggi che il partito di Silvio Berlusconi si stringe, compatto, attorno a Marina Berlusconi che in una lettera al Giornale denuncia la persecuzione giudiziaria a suo padre, anche da morto.

“L’obiettivo è la damnatio memoriae”, attacca. Insomma, la giustizia resta un nodo delicatissimo e spinoso per l’esecutivo Meloni. E la conferma politica della lotta alla mafia rappresenta un tassello importante nella partita che si sta giocando tra governo, maggioranza e opposizioni sulla riforma della giustizia. E il rischio di un colpo di spugna o un’attenuazione di reati gravissimi compiuti con modalità mafiose o per agevolare la ‘mala’, dettato dalla sentenza 34895 di un anno fa, fa scattare la reazione del governo. A monte c’è l’interpretazione del concetto di criminalità organizzata, meno netta. Ed è la premier a spiegarlo ai suoi, citazione dei giudici alla mano: “La Cassazione ha affermato che possono farsi rientrare ‘nella nozione di delitti di criminalità organizzata solo fattispecie criminose associative, comuni e non” – riferisce. E per essere ancor più efficace, fa un esempio: “Un omicidio commesso avvalendosi di modalità mafiose, o commesso al fine di agevolare un’associazione criminale, non sarebbe un delitto di criminalità organizzata, secondo la Cassazione”.

Resterebbe così fuori dal trattamento e dalle pene previste dall’articolo 416 bis cioè quello sull’associazione mafiosa, introdotta in Italia nel 1982. E anche se la sentenza riguarda il regime delle intercettazioni ambientali, introduce di fatto principi generali che – denuncia la leader – “si prestano a provocare ricadute molto pesanti per la pubblica sicurezza”, oltre a “effetti dirompenti su processi in corso per reati gravissimi”. Il rischio – è il ragionamento – è di delitti impuniti “per un supposto vizio procedurale” e Meloni aggiunge che “manifestazioni d’allarme iniziano già a pervenire da alcuni tribunali”. Da qui la necessità di un intervento correttivo con una norma che chiarisca una volta per tutte cosa debba intendersi per reati di criminalità organizzata. Un allarme che è emerso anche nel colloquio che la presidente del Consiglio ha avuto giovedì scorso con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, al Quirinale, dopo la riunione del Consiglio supremo di difesa. Un faccia a faccia nel corso del quale, si sottolinea in ambienti parlamentari, si sarebbe anche ragionato sulla possibilità di un dialogo con la magistratura sul tema della riforma Nordio per capire se esistano dei margini, nel corso dell’esame parlamentare del disegno di legge, per alcune modifiche al testo.

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Stop braccio di ferro, Emiliano il 10/5 in Antimafia

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Il braccio di ferro tra Emiliano e l’Antimafia si è concluso: il presidente della Puglia sarà ascoltato in commissione parlamentare il prossimo 10 maggio, dunque nel primo giorno in cui il governatore si era reso disponibile. “È una data che avevo indicato, nella quale sono disponibile rispetto agli impegni istituzionali. Mi auguro che l’audizione possa contribuire a rasserenare gli animi. Ho sempre dato la mia disponibilità”, spiega il presidente pugliese. Ora, anche se la polemica sulla sua convocazione sembra essere chiusa, si annuncia un dibattito che riguarderà proprio il contenuto dell’audizione di Emiliano, mentre per l’8 maggio è invece convocato il procuratore generale di Bari, Roberto Rossi. Sulla convocazione dell’ex magistrato e numero uno della Regione c’è molta attesa, soprattutto da parte dei membri del centrodestra (e non solo).

I temi dei quesiti da porgli sono stati già in parte anticipati da alcuni parlamentari durante le scintille dei giorni scorsi con la commissione: solo alcuni giorni fa erano circolate indiscrezioni, mai confermate, su una possibile connessione tra la richiesta di dimissioni dell’ex commissario straordinario dell’agenzia regionale della Puglia, Alfonso Pisicchio, ora ai domiciliari, e l’inchiesta ancora segreta che lo riguardava. Nelle settimane precedenti avevano invece sollevato perplessità le dichiarazioni del governatore, il quale aveva detto di avere accompagnato anni fa l’attuale sindaco di Bari Antonio Decaro – allora assessore dell’ex giunta comunale di Emiliano – a casa della sorella di un boss di Bari per respingere una minaccia ricevuta. L’episodio era stato poi smentito dallo stesso Decaro. Dura era stata però la reazione della presidente della commissione Chiara Colosimo: “Le parole di Emiliano, vere, false o fraintese sono profondamente sbagliate.

Tutte le volte che uno subisce una minaccia, chiunque questi sia, deve denunciare”. Un confronto serrato, seppure a distanza, che si è rinnovato in questi giorni, quando ad accendere i contrasti è stata la scelta della data dell’audizione del presidente pugliese in Antimafia, preavvisato dalla commissione. La richiesta di convocazione riguarda appunto vicende e recenti inchieste sui rischi di infiltrazioni mafiose nel territorio pugliese e in particolare a Bari, gli stessi finiti anche al centro del dibattito politico in queste settimane anche dopo una serie di indagini e arresti. In una lettera già indirizzata agli uffici della stessa commissione parlamentare lo scorso 24 aprile, Emiliano ne aveva chiesto lo slittamento, affinché quella data non coincidesse con i giorni legati alle votazioni della mozione di sfiducia nei suoi confronti in consiglio regionale, tra il 7 e il 9 maggio. Una richiesta che aveva scatenato le ire di alcuni parlamentari: “Emiliano non può esimersi dal venire in audizione”, avevano sottolineato alcuni membri della commissione, che aveva poi deciso di anticipare la data al 2 maggio

. Pronta la replica di Emiliano in una lettera indirizzata a Colosimo in cui comunicava la sua “indisponibilità” per quella data, dicendosi pronto ad essere ascoltato “in ogni momento dal 10 al 30 maggio”, dunque dopo la conclusione del dibattito sulla fiducia. E sottolineando che il 2 maggio avrebbe dovuto partecipare alla Conferenza delle Regioni. In seguito, martedì scorso e sempre in una lettera, la presidente Colosimo aveva sottolineato: “Entrambi conosciamo le liturgie politiche e sappiamo che alla Conferenza dei presidenti delle Regioni si può mandare un delegato in propria vece. Lei non è, in realtà, disponibile ad essere audito”. In tutta risposta Emiliano aveva rivendicato il suo “diritto alla partecipazione alla Conferenza delle Regioni che non è una ‘liturgia politica’ ma a un dovere istituzionale”.

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Mattarella, salvaguardare la libertà d’espressione

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La libertà d’espressione va garantita sempre. Anche a chi “non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente” da noi. E’ l’appello che il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, lancia dai saloni del Quirinale durante la presentazione dei candidati al David di Donatello. “Grande attenzione va rivolta in particolare all’espressione dei giovani artisti, che devono poter provare, sperimentare, dunque formarsi e crescere. L’ingresso di nuove generazioni produce nuova ricchezza. Esprime libertà, quella libertà da assicurare anche a chi non condivide i nostri gusti, a chi la pensa diversamente”. Un intervento che cade per una pura coincidenza nella ‘Giornata mondiale della Libertà di stampa’.

Una data importante nella quale fa sentire la sua voce anche Papa Francesco che, in un post sui social, spiega come la “libertà di stampa” sia “fondamentale per sviluppare un assennato senso critico e per imparare a distinguere la verità dalla menzogna e a lavorare in maniera non ideologica per la giustizia, la pace e il rispetto del creato”. Anche il mondo della politica, colpito dalla notizia che l’Italia, secondo il ‘World Press Freedom Index’ di Reporters sans frontieres, abbia perso 5 punti rispetto all’anno scorso nella classifica dei Paesi che tutelano la libertà di stampa, parla di “valore da difendere”.

Ma poi si divide sulle responsabilità dell’attuale governo. “Con la destra al governo si riduce la libertà di stampa”, osserva la vicepresidente della Camera Dem, Anna Ascani, che sottolinea come l’Italia si “stia avvicinando a Paesi come l’Ungheria di Orban dove la democrazia è sotto attacco e i media sempre più nel controllo dell’Esecutivo”. Puntando il dito soprattutto sull’acquisizione “dell’Agenzia Agi da parte di un parlamentare della destra” definito, tra l’altro, un “grave colpo alla reputazione del nostro Paese”. La perdita di 5 punti nella classifica della libertà di stampa “non è un bel modo di festeggiare questa Giornata”, dichiara il leader M5S, Giuseppe Conte che, dopo aver parlato di “diritto all’informazione libera sempre più compromesso”, di “leggi bavaglio” e di “tentativo di forzare le regole della par condicio” da parte del centrodestra, propone, tra l’altro, “una riforma condivisa della Rai”.

Il Parlamento lavora al rafforzamento della “libertà di stampa” è, invece, il commento del deputato di FI Paolo Emilio Russo che ricorda come sia all’esame della Camera la proposta di legge per istituire il 3 maggio la “Giornata nazionale in memoria dei giornalisti uccisi a causa dello svolgimento della loro professione”. Rende, invece, “omaggio ai giornalisti di tutto mondo che, con coraggio e dedizione, difendono la libertà di espressione e la libera informazione” che sono “diritti fondamentali di ogni cittadino”, il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga (Lega). E mentre il presidente della FNSI, Vittorio Di Trapani, parla di “deriva ungherese dell’Italia”, di “una libertà di stampa che arretra” in un Paese come il nostro dove “la democrazia è meno solida”, il sottosegretario all’Informazione e all’Editoria, Alberto Barachini, dichiara che “l’informazione è un bene fragile, da tutelare” ed è una cosa da fare “giorno per giorno”.

Chiama alla “mobilitazione” la senatrice Dem, Enza Rando, contro “la mano della politica” nelle redazioni “della Rai” e contro “l’ acquisizione del gruppo Agi da parte del leghista Angelucci”. “In un decennio in cui si assiste ad un indebolimento delle democrazie”, commenta la Dem Beatrice Lorenzin, le istituzioni devono vigilare sulla libertà di stampa e su quello che sta avvenendo in Italia. Va difeso ad ogni costo l’articolo 21 della Costituzione, è il monito della viceprsidente del Senato Maria Domenica Castellone (M5S). “Oggi, più che mai, dobbiamo proteggere giornalisti e media da intimidazioni e violenze”, afferma la deputata di Azione, Valentina Grippo, che è anche relatrice generale per la libertà di stampa del Consiglio d’Europa e che invita a “pensare ai 137 giornalisti detenuti in Europa e ai 32 cronisti uccisi, i cui omicidi sono rimasti impuniti”. Per non parlare di quelli che sono morti raccontando le guerre come quella di Gaza.

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La nuova giustizia, due Csm e l’ipotesi di un’Alta Corte

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Carriere separate per i magistrati, due Csm e l’ipotesi di un’Alta Corte, ovvero un organismo che giudicherà ‘requirenti’ e ‘giudicanti’. La nuova riforma costituzionale della Giustizia prende corpo ed ha già alcuni punti fermi. La prima sintesi sul provvedimento costituzionale, che sarà presentato prima delle elezioni europee di inizio giugno, è emersa da un vertice allargato a Palazzo Chigi a cui hanno partecipato la premier Meloni, il Guardasigilli Nordio e il suo vice Sisto, il sottosegretario Mantovano, i sottosegretari di Via Arenula, i presidenti delle Commissioni di Camera e Senato e i responsabili Giustizia dei partiti di maggioranza.

Dal tavolo emerge la chiusura definitiva dell’accordo sulla separazione delle carriere dei magistrati (distinti tra giudicanti e requirenti e dunque con distinti concorsi di accesso) e l’istituzione di due Csm, ma sarebbe ancora in corso un dibattito sul metodo di elezione dei togati, per stabilire se sarà a sorteggio ‘secco’ o ‘mediato’. In quest’ultimo caso, per la componente togata, i magistrati candidabili al Consiglio superiore della magistratura che saranno sorteggiati sarebbero poi sottoposti a successiva selezione. Si esclude invece l’ipotesi della nomina di metà dei componenti del Csm da parte del governo. Sempre secondo le valutazioni in campo, vi è l’aumento del numero dei membri laici dei Consigli, almeno un quarto nominati dal Parlamento.

E resta ancora aperto il dibattito sulla presidenza dei due Csm: anche se è prevalente l’ipotesi che resti il presidente della Repubblica a presiederli, non si può ancora escludere l’eventualità che la scelta ricada sul primo presidente della Corte di Cassazione e sul procuratore generale presso la Corte, entrambi rispettivamente per i due distinti Consigli. In queste ore sta emergendo però con più insistenza l’ipotesi dell’istituzione di un’Alta Corte che possa giudicare tutti i magistrati. Questa proposta verrebbe ripresa dalla cosiddetta ‘bozza Boato’, che mise a punto l’allora deputato Marco Boato durante la Bicamerale per le riforme di Massimo D’Alema. Secondo la bozza, “la Corte di giustizia della magistratura” si sarebbe dovuta occupare dei “provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del Pubblico ministero”.

“La Corte – si leggeva ancora nella bozza – è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa”. La “Corte è formata da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa”. Non si esclude che nei prossimi giorni un’ulteriore riflessione potrebbe essere dedicata all’esercizio dell’azione penale e alla sua discrezionalità. Il proposito potrebbe essere quello di riformare l’articolo 112 della Costituzione, in cui è attualmente prevista l’ obbligatorietà dell’azione penale, introducendone invece la discrezionalità, la quale in questo senso attuerebbe pienamente il sistema accusatorio.

E le priorità di questo esercizio potrebbero ad esempio essere stabilite per legge. Sulla futura riforma della Giustizia è ancora intervenuta l’Associazione nazionale dei magistrati per chiedere “un confronto con Nordio per un contributo tecnico al provvedimento, almeno prima che diventi legge”. Un incontro dove l’Anm intende esprimere anche i suoi timori per “il totale stravolgimento dell’assetto costituzionale” perché “viste nell’insieme le riforme preoccupano”. Una bocciatura sui provvedimenti annunciati arriva intanto anche dall’Associazione europea dei giudici, la quale ritiene che le ipotesi di riforma del governo italiano costituiscano “un grave attacco all’indipendenza della magistratura”, poiché andranno a minare “l’attuale equilibrio di poteri esistente in Italia”, in contrasto “con gli standard europei”.

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