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Italia tra i garanti di Kiev, Zelensky ringrazia Draghi

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L’Italia tra gli Stati garanti della sicurezza dell’Ucraina, quelli che dovranno assicurare una reazione militare immediata nel caso di nuove aggressioni da parte della Russia. A chiederlo ufficialmente e’ stato Volodymyr Zelensky, che nelle ultime ore ha avuto anche una conversazione telefonica col premier Mario Draghi. Di fronte alla frenata dell’offensiva di Mosca e alla vigilia dei nuovi colloqui di pace ad Istanbul, il leader ucraino pur di fermare la guerra si e’ detto pronto a trattare sullo status di neutralita’ di Kiev, e anche a discutere per risolvere le questioni della Crimea e del Donbass. Ma e’ tornato a pretendere per il futuro solide garanzie sul fronte della sicurezza, per scongiurare, magari fra qualche anno, un’ulteriore invasione del suo Paese. Ecco allora la proposta, lanciata per la prima volta da Zelensky due settimane fa in collegamento col Congresso americano: quella di una nuova alleanza di Stati in grado, se necessario, di intervenire militarmente nel giro di 24 ore, come ha ricordato a Roma l’ambasciatore ucraino Yaroslav Melnik. “Il nostro presidente ha lanciato l’iniziativa U24, United for Peace, per creare questo gruppo di Paesi. E secondo lui – ha spiegato – di questo gruppo dovrebbero far parte i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu, piu’ la Germania, il Canada, la Turchia e anche l’Italia. Sono contento di vedere l’Italia in questo elenco”. Dopo la telefonata con Palazzo Chigi, Zelensky su Twitter ha ringraziato il nostro Paese per l’aiuto e la “disponibilita’ a unirsi alla creazione di un sistema di garanzie di sicurezza a sostegno dell’Ucraina”. Draghi dal canto suo ha ribadito “il fermo sostegno del governo italiano alle autorita’ e al popolo ucraini e la piena disponibilita’ dell’Italia a contribuire all’azione internazionale per porre fine alla guerra e promuovere una soluzione durevole della crisi”. Quello prospettato da Kiev, dunque, e’ uno scenario che presuppone la nascita di un nuovo meccanismo di difesa al di fuori dalla Nato e che nulla ha a che fare con le Nazioni Unite. Un’alleanza che eventualmente dovra’ essere ratificata con un’intesa ad hoc da raggiungere parallelamente all’auspicato accordo di pace. Cosa non semplice, osservano alcuni esperti che non nascondono come la strada di questo percorso parta in salita e sia irta di ostacoli. Intanto, se non ancora la strada per la pace, a Istanbul in queste ore si spera possa passare quella per il cessate il fuoco in Ucraina. I negoziatori di Kiev e di Mosca – sotto l’ala di Erdogan nel palazzo presidenziale di Dolmabahce – tornano a guardarsi negli occhi per la prima volta dopo il burrascoso faccia a faccia del 10 marzo scorso ad Antalya tra le due delegazioni guidate dai ministri degli Esteri Sergei Lavrov e Dmytro Kuleba. Ma oggi la situazione sul terreno sembra essere cambiata, con l’offensiva russa in netta frenata e ormai concentrata soprattutto sulla regione del Donbass. Zelensky sembra non dare troppo credito al presunto cambio di strategia di Mosca, appoggiandosi anche alle valutazioni che arrivano dagli Usa secondo cui non c’e’ alcuna prova che Vladimir Putin si sia convinto a limitar le sue mire alla regione filo-russa. Cosi’ il presidente ucraino insiste nel chiedere rinforzi sul fronte degli armamenti e delle soluzioni militari, lodando il premier britannico Boris Johnson definito “il miglior amico dell’Ucraina” per il suo sostegno: “Parigi ha paura della Russia, Londra no”, la sua frecciata a Emmanuel Macron. Ma le aperture di Zelensky sono arrivate in un nuovo videomessaggio e in un’intervista rilasciata ai media russi, con il presidente ucraino che mette sul piatto una qualche forma di neutralita’ del suo Paese, gia’ evocato peraltro nei giorni scorsi. Status da sottoporre comunque a un referendum tra i cittadini ucraini dopo il ritiro delle forze di occupazione. Le linee rosse di Kiev, invece, restano quelle della sovranita’ e dell’integrita’ territoriale dell’Ucraina. Da parte sua il capo della diplomazia russa Sergei Lavrov per il momento frena su un possibile vertice Putin-Zelensky, che si sono incontrati solo una volta a Parigi nel 2019: “Troppo presto – spiega Lavrov – sarebbe solo uno scambio delle posizioni reciproche mentre qui servono risultati tangibili”.

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‘Da banche Occidente in Russia 800 mln euro in tasse a Cremlino’

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Le maggiori banche occidentali che sono rimaste in Russia hanno pagato lo scorso anno più di 800 milioni di euro in tasse al Cremlino, una cifra quattro volte superiore ai livelli pre-guerra. Lo riporta il Financial Times sottolineando che le imposte pagate, pari allo 0,4% delle entrate russe non legate all’energia per il 2024, sono un esempio di come le aziende straniere che restano nel Paese aiutano il Cremlino a mantenere la stabilità finanziaria nonostante le sanzioni. Secondo quanto riportato dal quotidiano, “le maggiori sette banche europee per asset in Russia – Raiffeisen Bank International, Unicredit, Ing, Commerzbank, Deutsche Bank, OTP e Intesa Sanpaolo – hanno riportato profitti totali per oltre tre miliardi di euro nel 2023. Questi profitti sono stati tre volte maggiori rispetto al 2021 e in parte generati dai fondi che le banche non possono ritirare dal Paese”.

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Sindaco Istanbul Ekrem Imamoglu contro Erdogan: Hamas è un gruppo terroristico

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Il sindaco di Istanbul Ekrem Imamoglu, il principale rivale del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, definisce Hamas “un gruppo terroristico” e afferma che la Turchia è stata “profondamente rattristata” dal massacro del 7 ottobre. Intervistato dalla Cnn, il primo cittadino della metropoli turca spiega che “qualsiasi struttura organizzata che compie atti terroristici e uccide persone in massa è da noi considerata un’organizzazione terroristica”, aggiungendo però che crimini simili stanno colpendo i palestinesi e invita Israele a porre fine alla sua guerra contro Hamas.

Il governo turco di Erdogan sostiene apertamente Hamas, ha duramente criticato l’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. Il leader turco ha paragonato le tattiche del primo ministro Benyamin Netanyahu a quelle di Adolf Hitler e ha definito Israele uno “stato terrorista” a causa della sua offensiva contro Hamas a Gaza.

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Usa: sondaggio “Cnn”, Trump in vantaggio su Biden di 6 punti a livello nazionale

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A poco meno di sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump gode del sostegno del 49 per cento degli elettori, in vantaggio di sei punti percentuali sul suo successore Joe Biden, fermo al 43 per cento. Lo indica l’ultimo sondaggio pubblicato dall’emittente “Cnn” ed effettuato dall’istituto Ssrs. Rispetto alla precedente rilevazione condotta lo scorso gennaio, il candidato repubblicano e’ rimasto stabile, mentre l’attuale presidente ha perso il due per cento del proprio consenso. Soprattutto, e’ in miglioramento l’idea che gli elettori hanno degli anni della presidenza Trump. Ora il 55 per cento degli statunitensi considera “un successo” la sua amministrazione, contro il 44 per cento che la definisce “un fallimento”.

Nel gennaio del 2021, pochi giorni dopo l’insediamento di Biden, era il 55 per cento a considerare un fallimento la presidenza di Trump. Al contrario, il 61 per cento ritiene che la presidenza Biden sia stata un fallimento, mentre il 39 per cento la definisce “un successo”. Il sondaggio mostra anche come i repubblicani siano piu’ convinti dell’idea che la presidenza Trump sia stata un successo (92 per cento) rispetto a quanto gli elettori democratici abbiano la stessa opinione della presidenza Biden (solo il 73 per cento). Tra gli indipendenti, l’amministrazione Trump e’ guardata con favore dal 51 per cento, contro il 37 per cento che ha opinione positiva dell’attuale presidenza. Poi vi e’ un 14 per cento che considera un fallimento entrambe le esperienze, e un 8 per cento che invece ritiene un successo sia la presidenza di Donald Trump che quella di Joe Biden.

Il sondaggio rileva anche come il 60 per cento degli elettori disapprovi l’operato dell’attuale presidente e come il tasso di approvazione, attualmente al 40 per cento, sia al di sotto del 50 per cento anche su materie quali le politiche sanitarie (45 per cento) e la gestione del debito studentesco (44 per cento). A pesare sull’opinione che i cittadini Usa hanno di Biden e’ soprattutto la gestione della crisi a Gaza (il 71 per cento disapprova), in particolare nel caso degli under 35 (tra questi e’ l’81 per cento a esprimere valutazione negativa). Non molto meglio il giudizio degli elettori sull’operato della Casa Bianca in economia (solo il 34 per cento approva), tema che il 65 per cento degli intervistati considera “estremamente importante” per il voto di novembre.

Tra questi ultimi, il 62 per cento ha intenzione di votare Trump, il 30 per cento Biden. In generale, il 70 per cento degli elettori si lamenta delle attuali condizioni economiche del Paese, e il 53 per cento si dice insoddisfatto della propria situazione finanziaria. Tale insoddisfazione sale soprattutto tra gli elettori a basso reddito, tra le persone di colore e tra i piu’ giovani. L’impressione per entrambi i candidati resta per lo piu’ negativa (il 58 per cento ha opinione negativa di Biden, il 55 per cento di Trump) e il 53 per cento e’ insoddisfatto delle opzioni a disposizione sulla scheda elettorale il prossimo novembre.

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